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dalla scienza
a cura della redazione di
NUTRA HORIZONS
Uno studio pubblicato su Nutrients ha approfondito le proprietà neuroprotettive di un'alga comune chiamata Ecklonia cava e la possibilità che questa alga possa contrastare lo sviluppo del morbo di Parkinson.
Il morbo di Parkinson (PD) è una malattia neurologica degenerativa definita dal deterioramento e dalla perdita...
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I polifenoli di Ecklonia cava hanno un effetto preventivo sul morbo di Parkinson attraverso l'attivazione della via Nrf2-ARE
L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda un'integrazione di calcio (1500-2000 mg/d) durante la gravidanza per le donne delle popolazioni caratterizzate da livelli insufficienti di assunzione con gli alimenti, per ridurre il rischio di pre-eclampsia e delle relative complicazioni con un basso apporto di calcio. I risultati di alcuni studi clinici di intervento suggeriscono che questa...
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Effetti della supplementazione di calcio materno sulla pressione sanguigna e sulla crescita della prole durante l'infanzia e l'adolescenza in una popolazione con basso apporto di calcio
Uso regolare di integratori di olio di pesce e decorso delle malattie cardiovascolari: studio prospettico di coorte
L'olio di pesce, una fonte di acidi grassi omega 3 comunemente utilizzata per ridurre il rischio cardiovascolare, potrebbe in realtà aumentare il rischio di infarto e ictus nelle persone con una buona salute cardiovascolare. Le scoperte sugli effetti degli acidi grassi omega 3 o dell'olio di pesce sul rischio di malattie cardiovascolari sono infatti controverse...
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L'urolitina A contenuto nel melograno migliora la cognizione della malattia di Alzheimer e ripristina la mitofagia e le funzioni lisosomiali
La compromissione dell'autofagia, che comprende l'alterazione della mitofagia e della funzione lisosomiale, svolge un ruolo fondamentale nella malattia di Alzheimer (AD). L'urolitina A (UA), sostanza presente in natura nei melograni, è un metabolita microbico intestinale dell'acido ellagico che stimola la mitofagia. Gli effetti del trattamento a lungo termine...
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Succo di mirtillo rosso, compresse di mirtillo rosso o terapie liquide per le infezioni delle vie urinarie: una revisione sistematica e una meta-analisi
Con oltre il 50% delle donne che soffrono di almeno un episodio di infezione delle vie urinarie (UTI) ogni anno e una crescente prevalenza di resistenza antimicrobica, è necessario identificare chiaramente le evidenze a sostegno di potenziali interventi non farmacologici. Lo studio pubblicato su European Urology Focus...
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Omega-3 per la prevenzione secondaria delle lesioni della sostanza bianca e della rottura dell'integrità neuronale negli anziani
Uno studio clinico condotto presso la Oregon Health & Science University suggerisce che un sottogruppo di adulti anziani con una predisposizione genetica alla malattia di Alzheimer può trarre beneficio dagli integratori di olio di pesce.
Lo studio è stato recentemente pubblicato su JAMA Network Open.
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Impatto della composizione del microbioma intestinale sul processo decisionale sociale
Ci sono sempre più prove che dimostrano il ruolo del microbioma intestinale nella regolazione del comportamento socio-affettivo negli animali e nelle condizioni cliniche. Tuttavia, se e come la composizione del microbioma intestinale possa influenzare il processo decisionale sociale in condizioni di salute rimane tuttora sconosciuto...
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La combinazione del 7,8-diidrossiflavone con la vitamina B6 potrebbe aiutare a preservare la funzione cognitiva
La vitamina B6 è un nutriente importante per una funzione cerebrale ottimale, la sua carenza è collegata a una compromissione della memoria, dell'apprendimento e dell'umore in vari disturbi mentali. Nelle persone anziane, la carenza di vitamina B6 è anche associata al declino della memoria e alla demenza. Sebbene...
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Zschimmer & Schwarz annuncia la vendita di Bregaglio S.r.l. in Italia a 2M Holdings Group (2M)
La vendita avviene sulla base di una chiara strategia per il futuro del Gruppo Zschimmer & Schwarz. L’azienda, attiva a livello globale, fornitore di specialità chimiche e ausiliari, si sta concentrando sempre più nella divisione Personal Care. Martin Haberl, Direttore Generale di Zschimmer & Schwarz, sottolinea: “Siamo lieti di aver trovato una nuova e forte casa per Bregaglio con 2M. In Zschimmer & Schwarz ci stiamo concentrando completamente sulla nostra strategia e su ciò che ha contraddistinto la nostra azienda per oltre 125 anni: lo sviluppo di prodotti di alta qualità e tailor made". Bregaglio fa parte...
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Uno studio pubblicato su Nutrients ha approfondito le proprietà neuroprotettive di un'alga comune chiamata Ecklonia cava e la possibilità che questa alga possa contrastare lo sviluppo del morbo di Parkinson.
Il morbo di Parkinson (PD) è una malattia neurologica degenerativa definita dal deterioramento e dalla perdita dei neuroni produttori di dopamina nella substantia nigra, che porta a una serie di limitazioni motorie e sintomi non motori. Il meccanismo alla base di questa neurodegenerazione rimane poco chiaro.
Questo studio, condotto da Akiko Kojima-Yuasa, professore associato presso la Osaka Metropolitan University, ha esaminato le proprietà neuroprotettive dei polifenoli di Ecklonia cava (ECP) nel mitigare i danni neuronali indotti dal rotenone attraverso l'attivazione del fattore nucleare eritroide 2-correlato 2 (Nrf2), elemento di risposta antiossidante (ARE). I ricercatori, utilizzando cellule di neuroblastoma umano SH-SY5Y, hanno dimostrato che gli ECP, ricchi del polifenolo antiossidante florotannino, attivano l'enzima AMPK (proteina chinasi attivata dall'adenosina monofosfato), un sensore energetico intracellulare, e inibiscono la produzione di specie reattive dell'ossigeno che causano la morte delle cellule neuronali. Gli ECP hanno anche indotto la traslocazione nucleare di Nrf2 e aumentato l'espressione di p62, suggerendo che p62 contribuisce a sostenere l'attivazione di Nrf2 attraverso un ciclo di feedback positivo.
Nei topi modello di PD, a cui sono stati somministrati il rotenone e gli antiossidanti per via orale ogni giorno per una settimana, gli ECP hanno migliorato le funzioni motorie valutate mediante due tipi di test di funzionalità e hanno ripristinato la funzione motoria intestinale e la morfologia del tessuto del colon. Inoltre, gli ECP hanno aumentato l'espressione della tirosina idrossilasi nella substantia nigra, indicando un effetto protettivo sui neuroni dopaminergici. Questi risultati suggeriscono che gli ECP hanno un effetto preventivo sul PD.
Foto di PixelAnarchy da Pixabay
L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda un'integrazione di calcio (1500-2000 mg/d) durante la gravidanza per le donne delle popolazioni caratterizzate da livelli insufficienti di assunzione con gli alimenti, per ridurre il rischio di pre-eclampsia e delle relative complicazioni con un basso apporto di calcio. I risultati di alcuni studi clinici di intervento suggeriscono che questa supplementazione possa comportare anche benefici a lungo termine per la salute dei nascituri.
Lo scopo dello studio pubblicato recentemente su The American Journal of Clinical Nutrition è stato quello di verificare se l'integrazione di calcio in gravidanza influisca sulla pressione sanguigna e sulla crescita della prolein Gambia, un’area nella quale l’alimentazione è caratterizzata da un basso apporto di calcio (300–400 mg al giorno in media).
La ricerca è stata condotta all’interno di un follow-up della prole nata durante uno studio randomizzato e controllato sull’integrazione di calcio in gravidanza in cui le madri avevano assunto 1500 mg di Ca/d (Ca) o a un placebo (P) dalla 20a settimana di gravidanza fino al parto. La prole (491 bambini) è stata arruolata all'età di 3 anni e sottoposta a valutazioni cliniche ripetute dall’età di 3 an ni fino ai 18,4 anni, in particolare sono state misurate la pressione sanguigna e l'antropometria in condizioni standardizzate a intervalli di circa 2 anni.
I risultati hanno rivelato che le femmine nate da madri che avevano assunto integratori di calcio durante la gestazione avevano una pressione sistolica inferiore di circa 2 mmHg da bambine e da adolescenti rispetto alle coetanee le cui madri avevano ricevuto il placebo. L’analisi dei parametri antropometrici raccolti nel corso dello studio ha mostrato una crescita più lenta ma più protratta nel tempo tra le bambine e ragazze nate da donne che erano state supplementate rispetto al gruppo di controllo. Tra i maschi invece non si è osservata nessuna associazione tra l’assunzione di calcio da parte delle madri durante la gravidanza e i diversi parametri misurati (pressione, parametri antropometrici, curve di crescita).
In generale, comunque, questo studio ha dimostrato, nella prole femminile, che l'integrazione di calcio in gravidanza può ridurre la pressione arteriosa sistolica e rallentare la crescita lineare nell'infanzia e nell'adolescenza, rafforzando l’ipotesi che interventi prenatali possano avere benefici duraturi, sebbene il meccanismo esatto non sia ancora stato chiarito e la definizione delle implicazioni a lungo termine richieda ulteriori ricerche, soprattutto per valutare gli effetti intergenerazionali e sullo sviluppo sia dell’apparato scheletrico e sia della pressione sanguigna.
Foto di Supliful - Supplements On Demand su Unsplash
L'olio di pesce, una fonte di acidi grassi omega 3 comunemente utilizzata per ridurre il rischio cardiovascolare, potrebbe in realtà aumentare il rischio di infarto e ictus nelle persone con una buona salute cardiovascolare. Le scoperte sugli effetti degli acidi grassi omega 3 o dell'olio di pesce sul rischio di malattie cardiovascolari sono infatti controverse. La maggior parte degli studi eseguiti si è concentrata sullo stato di salute generale e non ha caratterizzato gli esiti specifici delle malattie cardiovascolari (ad esempio, fibrillazione atriale, infarto del miocardio, ictus, insufficienza cardiaca ed eventi cardiovascolari avversi maggiori).
Non è chiaro, infatti, se l'olio di pesce possa influenzare in modo differenziato il decorso dinamico delle malattie cardiovascolari.
Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista BMJ Medicine, si è proposto di esaminare gli effetti degli integratori di olio di pesce sul decorso clinico delle malattie cardiovascolari, dallo stato di salute alla fibrillazione atriale, agli eventi cardiovascolari avversi maggiori e, successivamente, alla morte.
La ricerca è stata condotta sulla base di dati relativi a 415.737 persone di età compresa tra 40 e 69 anni, arruolate nello studio della Biobanca del Regno Unito, di cui circa un terzo ha assunto integratori di olio di pesce.
Foto di ENES KOÇ da Pixabay
Tra i 415.737 partecipanti privi di malattie cardiovascolari, sono stati identificati 18.367 pazienti con fibrillazione atriale incidente, 22.636 con eventi cardiovascolari avversi maggiori e 22.140 decessi durante il follow-up. Gli individui senza malattie cardiovascolari note che assumevano regolarmente integratori di olio di pesce avevano un rischio del 13% più elevato di sviluppare la fibrillazione atriale e del 5% più elevato di avere un ictus rispetto a coloro che avevano una buona salute cardiaca ma non usavano l'olio di pesce.
Tuttavia, i soggetti affetti da malattie cardiovascolari che utilizzavano gli integratori avevano un rischio inferiore del 15% di passare dalla fibrillazione atriale all'infarto e del 9% di passare dall'insufficienza cardiaca alla morte. Il rischio di passare da un buono stato di salute a un infarto, un ictus o un'insufficienza cardiaca era del 6% più alto tra le donne che assumevano omega 3 e del 6% più alto tra i non fumatori. L'effetto protettivo dell'olio di pesce sul passaggio dalla buona salute alla morte era maggiore negli uomini e nei partecipanti allo studio più anziani.
Nel complesso, i dati hanno dimostrato che l'uso regolare di integratori di olio di pesce potrebbe essere un fattore di rischio per la fibrillazione atriale e l'ictus nella popolazione generale, ma potrebbe essere vantaggioso per la progressione della malattia cardiovascolare dalla fibrillazione atriale agli eventi cardiovascolari avversi maggiori e dalla fibrillazione atriale alla morte. Sono necessari ulteriori studi per determinare i meccanismi precisi per lo sviluppo e la prognosi di episodi di malattia cardiovascolare con l'uso regolare di integratori di olio di pesce.
Con oltre il 50% delle donne che soffrono di almeno un episodio di infezione delle vie urinarie (UTI) ogni anno e una crescente prevalenza di resistenza antimicrobica, è necessario identificare chiaramente le evidenze a sostegno di potenziali interventi non farmacologici. Lo studio pubblicato su European Urology Focus si propone di confrontare gli effetti del succo di mirtillo rosso, delle compresse di mirtillo rosso e dell'aumento dei liquidi per la gestione delle UTI.
L' outcome primario dello studio, che ha coinvolto ricercatori dell'Università di Oxford e dell'Università di Helsinki, era il numero di IVU, mentre gli outcome secondari erano i sintomi delle IVU e il consumo di antimicrobici.
Sono stati inclusi 20 studi (3091 partecipanti) da PubMed, Embase e Cochrane CENTRAL: 18 studi hanno evidenziato un tasso di IVU inferiore del 54% con il consumo di succo di mirtillo rispetto a nessun trattamento e del 27% rispetto al placebo liquido. Il succo di mirtillo rosso ha anche determinato un consumo di antibiotici inferiore del 49% rispetto al placebo liquido e del 59% rispetto a nessun trattamento, sulla base di una meta-analisi di sei studi. L'uso di composti di mirtillo rosso ha anche ridotto la prevalenza dei sintomi associati alle IVU.
Con certezza da moderata a bassa, le evidenze supportano l'uso del succo di mirtillo rosso per la prevenzione delle IVU. Sebbene una maggiore quantità di liquidi riduca il tasso di IVU rispetto a nessun trattamento, il mirtillo rosso in forma liquida fornisce risultati clinici ancora migliori in termini di riduzione delle IVU e dell'uso di antibiotici e dovrebbe essere preso in considerazione per la gestione delle IVU.
Foto di Henk van der Steege su Unsplash
La compromissione dell'autofagia, che comprende l'alterazione della mitofagia e della funzione lisosomiale, svolge un ruolo fondamentale nella malattia di Alzheimer (AD). L'urolitina A (UA), sostanza presente in natura nei melograni, è un metabolita microbico intestinale dell'acido ellagico che stimola la mitofagia. Gli effetti del trattamento a lungo termine dell'AD con UA e i meccanismi d'azione sono sconosciuti.
Un nuovo studio pubblicato su Alzheimer's & Dementiaha affrontato queste domande in tre modelli murini di AD con approcci comportamentali, elettrofisiologici, biochimici e bioinformatici.
I ricercatori avevano precedentemente rivelato che una molecola specifica, il nicotinamide riboside (integratore NAD), svolge un ruolo chiave nelle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson, in quanto aiuta attivamente a rimuovere dal cervello i mitocondri danneggiati.
I risultati del nuovo studio dimostrano che l'UA rimuove i mitocondri deboli dal cervello con la stessa efficacia dell'integratore NAD.
Il trattamento a lungo termine con UA ha migliorato significativamente l'apprendimento, la memoria e la funzione olfattiva in diversi topi transgenici AD. L'UA ha inoltre ridotto le patologie da amiloide beta (Aβ) e tau e ha rafforzato il potenziamento a lungo termine. L'UA ha indotto la mitofagia attraverso l'aumento delle funzioni lisosomiali. L'UA ha migliorato la funzione lisosomiale cellulare e ha normalizzato le catepsine lisosomiali, soprattutto la catepsina Z, per ripristinare la funzione lisosomiale nell'AD, indicando il ruolo critico delle catepsine negli effetti terapeutici indotti dall'UA sull'AD.
Il vantaggio di lavorare con una sostanza naturale consiste nella riduzione del rischio di effetti collaterali. Diversi studi hanno finora dimostrato che l'integrazione con il NAD non ha effetti collaterali gravi. Le conoscenze sull'UA sono più limitate, ma gli studi clinici condotti con questa sostanza si sono rivelati efficaci nella malattia muscolare.
Nel complesso, lo studio evidenzia l'importanza della disfunzione lisosomiale nell'eziologia dell'AD e sottolinea l'elevato potenziale traslazionale dell'UA.
Foto di Arjun Kapoor su Unsplash
Uno studio clinico condotto presso la Oregon Health & Science University suggerisce che un sottogruppo di adulti anziani con una predisposizione genetica alla malattia di Alzheimer può trarre beneficio dagli integratori di olio di pesce.
Lo studio è stato recentemente pubblicato su JAMA Network Open.
Gli anziani che presentano una minore assunzione e livelli tissutali più bassi di acidi grassi polinsaturi (PUFA) a catena lunga omega-3, presentano un maggior numero di lesioni della sostanza bianca cerebrale (WML), un'associazione che suggerisce che la malattia ischemica dei piccoli vasi, uno dei principali fattori che contribuiscono allo sviluppo della demenza, compreso il morbo di Alzheimer, potrebbe essere prevenuta attraverso il trattamento con omega-3.
L'obiettivo dello studio era determinare se il trattamento con omega-3 riducesse l'accumulo di WML in adulti anziani senza demenza che presentavano già WML e con uno stato di omega-3 subottimale.
Si tratta di un trial clinico di 3 anni randomizzato, in quadruplo cieco, controllato con placebo, con stratificazione del trattamento in base allo stato di portatore dell'allele ε4 dell'apolipoproteina E (APOE*E4). I partecipanti erano 102 adulti senza demenza di età pari o superiore a 75 anni con WML maggiore o uguale a 5 cm3 e omega-3 PUFA plasmatici inferiori a 5,5 percentuali di peso sul totale.
Il trattamento triennale consisteva in 1,65 g di omega-3 PUFA (975 mg di EPA e 650 mg di DHA) contro un placebo di olio di soia uguale per gusto, odore e aspetto.
L' outcome primario era la progressione annuale della WML misurata con la risonanza magnetica. Gli outcome secondari includevano l'imaging del tensore di diffusione dell'anisotropia frazionale (DTI-FA), che rappresenta la disgregazione dell'integrità neuronale, per valutare l'entità del cambiamento delle lesioni della sostanza bianca. Queste lesioni possono inibire l'apporto di sostanze nutritive al cervello attraverso i vasi sanguigni, aumentando il rischio di sviluppare la demenza più avanti nella vita.
Lo studio non ha rilevato benefici statisticamente significativi per gli anziani in generale. Tuttavia, tra i soggetti arruolati nello studio che erano anche portatori di APOE*E4, un gene associato alla malattia di Alzheimer, è stata riscontrata una riduzione della rottura dell'integrità neuronale delle cellule nervose nel cervello, suggerendo che questo trattamento potrebbe essere utile per questo gruppo specifico.
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Ci sono sempre più prove che dimostrano il ruolo del microbioma intestinale nella regolazione del comportamento socio-affettivo negli animali e nelle condizioni cliniche. Tuttavia, se e come la composizione del microbioma intestinale possa influenzare il processo decisionale sociale in condizioni di salute rimane tuttora sconosciuto.
Per comprendere meglio il ruolo modulatore che il microbioma intestinale può svolgere nella cognizione e nel comportamento sociale, uno studio pubblicato sulla rivista PNAS Nexus ha esaminato se l'assunzione di pro- e pre-biotici possa influenzare i livelli di punizione altruistica.
Per sette settimane, 51 partecipanti hanno assunto integratori simbiotici contenenti i batteri benefici Lactobacillus e Bifidobacterium. Altri 50 partecipanti fungevano da controllo e assumevano dei placebo.
Prima e dopo le sette settimane di assunzione dell'integratore alimentare, ai partecipanti è stato chiesto di giocare al gioco dell'ultimatum, un compito di economia comportamentale storicamente utilizzato per valutare la contrattazione e il comportamento altruistico.
Nel gioco, un giocatore controlla un monte di denaro e può offrire una parte a un secondo giocatore. Il secondo giocatore può accettare l'offerta e prendere il denaro oppure può rifiutarla, nel qual caso nessuno dei due riceve denaro. Il rifiuto di un'offerta ingiusta viene interpretato come una punizione altruistica, in quanto chi rifiuta sacrifica la piccola quota offerta per punire il primo giocatore per essere stato poco generoso.
I giocatori che hanno assunto gli integratori alimentari erano più propensi a rifiutare le offerte. In particolare, i giocatori che hanno assunto gli integratori erano più propensi a rifiutare le suddivisioni del 30%-40%; tutti i giocatori tendevano a rifiutare le suddivisioni molto disuguali.
I giocatori che all'inizio dello studio presentavano un elevato rapporto tra Firmicutes e Bacteroidetes hanno registrato i maggiori cambiamenti sia nella composizione dell'intestino che nei tassi di punizione altruistica. I risultati hanno mostrato che gli integratori aumentavano la disponibilità dei partecipanti a rinunciare a un compenso monetario in caso di trattamento ingiusto. Questo cambiamento nel processo decisionale sociale era correlato a variazioni dei livelli sierici a digiuno del precursore della dopamina, la tirosina, proponendo un potenziale collegamento meccanicistico lungo l'asse intestino-microbiota-cervello-comportamento. Questi risultati migliorano la nostra comprensione del ruolo bidirezionale delle interazioni corpo-cervello nel processo decisionale sociale e del perché gli esseri umani a volte agiscono in modo “irrazionale” secondo la teoria economica standard.
Lo studio ha dimostrato che un intervento dietetico è in grado di modificare la composizione del microbioma intestinale, che a sua volta può cambiare le decisioni delle persone in un classico dilemma sociale: l'equità diventa più importante quando si è deciso di accettare o rifiutare diverse contropartite monetarie. I risultati forniscono prove causali degli effetti della composizione del microbioma intestinale sul processo decisionale sociale e indicano un ruolo della tirosina, precursore della dopamina. Forniscono nuove conoscenze sul ruolo dell'asse microbioma-intestino-cervello per il comportamento sociale e sottolineano l'importanza di una dieta equilibrata con potenziali implicazioni per l'istruzione e la politica.
Lo studio ha utilizzato solo partecipanti di sesso maschile con un indice di massa corporea (IMC) compreso tra 20 e 34 e che non seguivano una dieta speciale, come quella vegana, priva di glutine o legata alle allergie, poiché uno stile di vita di questo tipo avrebbe limitato la generalizzabilità dei risultati. Ulteriori studi potrebbero verificare gli effetti su campioni più eterogenei e su diete diverse.
Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay
La vitamina B6 è un nutriente importante per una funzione cerebrale ottimale, la sua carenza è collegata a una compromissione della memoria, dell'apprendimento e dell'umore in vari disturbi mentali. Nelle persone anziane, la carenza di vitamina B6 è anche associata al declino della memoria e alla demenza. Sebbene questo sia noto da anni, il ruolo preciso della vitamina B6 in questi disturbi e la possibilità di utilizzare integratori per trattarli o prevenirli sono ancora poco chiari.
Il motivo è in parte dovuto al fatto che la vitamina B6 è in realtà un termine generico per un piccolo numero di molecole molto simili e intercambiabili. Solo una di queste è “bioattiva”, cioè ha un ruolo biologico nelle cellule. Tuttavia, mancano strategie terapeutiche mirate ad aumentare solo la forma bioattiva della vitamina B6.
Uno studio eseguito in precedenza ha dimostrato che l’alterazione del gene di un enzima chiamato piridossal fosfatasi, che scompone la vitamina B6, migliora la memoria e l'apprendimento nei topi. Per verificare se questi effetti potessero essere riprodotti da sostanze simili ai farmaci, Brenner, Zink, Witzinger et al. hanno utilizzato diversi approcci biochimici e di biologia strutturale per cercare molecole che si leghino alla piridossal fosfatasi e la inibiscano.
I nuovi esperimenti, pubblicati recentemente su Elife hanno dimostrato che una molecola chiamata 7,8-diidrossiflavone - che in precedenza si era rivelata in grado di migliorare la memoria e l'apprendimento in animali da laboratorio con disturbi cerebrali - si lega alla piridossal fosfatasi e ne inibisce l'attività. Il risultato è stato un aumento dei livelli di vitamina B6 bioattiva nelle cellule cerebrali di topo coinvolte nella memoria e nell'apprendimento.
I risultati del gruppo dell’Università di Würzburg suggeriscono che l'inibizione della piridossal fosfatasi per aumentare i livelli di vitamina B6 nel cervello potrebbe essere utilizzata insieme agli integratori. L'identificazione del 7,8-diidrossiflavone come promettente farmaco candidato è un primo passo verso la scoperta di inibitori della piridossal fosfatasi più efficaci. Questi costituiranno utili strumenti sperimentali per studiare direttamente se l'aumento dei livelli di vitamina B6 bioattiva nel cervello possa aiutare le persone affette da condizioni di salute mentale associate a disturbi della memoria, dell'apprendimento e dell'umore.
Foto di Total Shape da Pixabay
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