EMULSIONI ED EMULSIONANTI:
IL BELLO DELLA SCIENZA COSMETICA
Le emulsioni sono colloidi impiegati in diversi ambiti industriali che vanno dai detersivi, ai lubrificanti, alle vernici, in ambito farmaceutico, nell’alimentare e non da meno nel settore cosmetico.
Rappresentano una delle forme cosmetiche più gradite dal consumatore e dalle aziende, in quanto, per loro natura, sono molto versatili. Infatti, possono essere impiegati in prodotti skin care, body care, hair care, color cosmetics e personal care (1).
L’emulsione è una dispersione, più o meno stabile, di un liquido sottoforma di minutissime goccioline (fase dispersa), in un altro liquido non miscibile (fase continua o disperdente) (Figura 1) (2).
È una struttura complessa capace di far coesistere due fasi distinte tra di loro: la fase acqua, la parte idrofilica polare, e la fase olio, la parte idrofobica apolare. Quando si ha la dispersione di queste due fasi, aventi differenti tensioni superficiali e polarità, si genera un aumento della superficie di contatto all’interfaccia tra le fasi, la quale corrisponde un aumento di energia libera del sistema (3). L’energia necessaria a unire le fasi e formare l’emulsione viene fornita dall’agitazione meccanica e dal calore (3).
Questa energia viene conservata come energia potenziale, il che provoca instabilità come ad esempio, la mantecazione, la sedimentazione, la flocculazione, la coalescenza e la fase d’inversione (4).
Figura 1. Dispersione delle goccioline di olio in acqua.
CONOSCIAMOLI MEGLIO
Esistono vari fattori che influenzano la stabilità delle emulsioni tra cui: la densità tra le fasi, la grandezza delle particelle disperse, la forza dell’intrefaccia, la viscosità della fase esterna e l’equilibrio tra le forze di attrazione e coesione presenti all’interfaccia tra le due fasi.
La chiave per formare un’emulsione omogenea e stabile è quella di distribuire in modo uniforme le goccioline di liquido nella fase continua. Per cui l’inserimento in formula di un emulsionante rappresenta un espediente capace di consolidare la struttura dell’emulsione, tenendo legate tra loro le fasi: diminuisce la tensione interfacciale, aumenta la spinta termodinamica e stabilizza la fase dispersa contro la coalescenza (5).
Gli emulsionanti sono molecole tipicamente anfifiliche che presentano sia gruppi idrofili che idrofobi nella stessa molecola, come ad esempio i fosfolipidi, le proteine, i polisaccaridi e altri polimeri (6).
Sono disponibili nel mercato varietà di emulsionanti, classificati in base alla loro carica elettrica o dal loro comportamento idrofilo/lipofilo. Vengono scelti anche in base alla loro origine vegetale o animale e alla presenza o meno di etossilazione.
W.C. Griffin riuscì a quantificare il peso molecolare della parte idrofila e lipofila, definendo la teoria dell’equilibrio idrofilo-lipofilo (HLB = Hydrophilic/Lipofilic Balance), al fine di fornire ai formulatori uno strumento per poter scegliere l’emulsionante più idoneo (Tabella 1) (7).
I più comunemente utilizzati sono i sistemi anionici per la loro elevata efficacia emulsionante e possono essere etossilati e non etossilati. Presentano dimensioni ridotte con una testa idrofila carica negativamente che si lega all’acqua e una coda lipofila che si lega alle goccioline d’olio.
Ci sono poi i sistemi cationici che hanno un effetto condizionante sulla pelle e sulla cheratina e sono ideali per prodotti hair care. Mentre gli anfoteri sono i meno utilizzati. Infine, si hanno i non ionici etossilati e non etossilati. Essendo meno efficaci degli anionici, vengono utilizzati in maggior percentuale, per ottenere una buona efficacia stabilizzante. Il loro vantaggio è di esser più stabili alle variazioni di pH, grazie al maggior ingombro sterico.
COME STABILIZZARE L’EMULSIONE
Tabella 1. Influenza del valore di HLB sulle performance dell’emulsione (8).
Le emulsioni sono sistemi bifasici che offrono molti vantaggi rispetto ai sistemi monofasici. La coesistenza di due fasi nel sistema permette inglobare e di veicolare tipologie diverse di sostanze funzionali e di rilasciarle sulla pelle in maniera controllata e graduale, in base alla loro affinità; in questo modo le sostanze funzionali presenti in ciascuna delle fasi lavorano in sinergia reintegrando la barriera fisiologica della pelle, costituita principalemente dai lipidi cutanei e dal film idrolipidico. Un tipico esempio, sono le sostanze funzionali idratanti, che a seconda della loro natura lipofila o idrofila, sono in grado di compiere un’azione idratante di tipo diretto o indiretto sulla pelle. In base poi alla scelta del tipo emulsione dipenderà il modo e il tempo di rilascio.
Una tecnica fisica utile per definire le proprietà dei sistemi bifasici è la reologia, che studia la relazione tra forza e deformazione, ovvero l’interazione che si ha con il cosmetico, ad esempio, quando viene inserito in uno specifico packaging o quando viene toccato e applicato sulla pelle. È molto utile per capire come ottimizzare la quantità degli ingredienti, la stabilità del cosmetico e per lo scale-up industriale. Inoltre, misure reologiche permettono di definire la sensorialità del prodotto che, a seconda del tipo di regolatori di viscosità e degli emulsionanti, sono in grado di modulare la texure e di dare una percezione tangibile e piacevole una volta applicata sulla pelle. Per cui la gradevolezza del prodotto finale è fondamentale ai fini della scelta e dell’accettabilità da parte dei consumatori (Figura 2).
Figura 2. Applicazione di una crema.
L’AFFINITÀ, LA REOLOGIA E LA SENSORIALITÀ
PAOLINA PASCALICCHIO
Coind s.c. | Italia
Bio...
Paolina Pascalicchio
Cosmetologa,laureata in Chimica e Tecnologie Sostenibili presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e specializzata in Scienze e Tecnologie Cosmetiche (COSMAST) presso l’Università di Ferrara.
Ha condotto vari stage in diverse aziende cosmetiche tra le quali: Cosmetic Service srl in, BeC srl, e Kalis srl nel quale ha svolto la sua tesi sperimentale che riguarda lo studio dell’attività fotocatalitica di diversi ZnO commerciali al fine valutare la loro influenza sull’efficacia dei prodotti per la protezione solare. Ha lavorato presso il Laboratorio R&D di Biofarma Group e attualmente lavora come addetta al reparto R&D presso Coind s.c...
Essendo il campo cosmetico in continua evoluzione, i produttori devono rispondere alle varie esigenze del mercato. Per cui vengono sviluppate continuamente emulsioni per diverse applicazioni funzionali, come ad esempio, il controllo del sebo, lo schiarimento della pelle o la protezione ai raggi UV (9). In commercio è possibile trovare diverse forme di emulsione che vanno da quelle più fluide, come i latti, a quelle più corpose come le creme compatte. La scelta del tipo di forma cosmetica che si vuole ottenere dipende dal rapporto tra i volumi delle fasi, dal tipo di tensioattivo e dalla densità delle fasi (10). Inoltre, la dimensione delle particelle influenza sia l’aspetto che la stabilità dell’emulsione (10).
Le emulsioni vengono essere classificate in base alla natura del liquido che forma la fase continua e alla dimensione delle goccioline (11). La formazione di un’emulsione O/A avviene quando le molecole di emulsionante sono più idrofile e si dispongono all’interfaccia acqua/olio con un orientamento di tipo sferico, chiamato micella. In questo modo, i gruppi polari rimangono a contatto con la fase acquosa all’esterno della sfera e i gruppi apolari si dispongono all’interno della micella, costituendo la fase oleosa.
Viceversa in un’emulsione A/O l’olio è il mezzo di dispersione e l’acqua è la fase dispersa. In questo caso l’emulsionante possiede delle code lipofile più sviluppate che si dispongono fuori dalla micella. Esistono anche altri tipi di emulsioni come le emulsioni multiple A/O/A o O/A/O in cui le sostanze oleose vengono disperse nella fase acquosa di un’emulsione O/A o A/O (12) (Figura 3).
Gli emulgel sono emulsioni dall’aspetto geloide, con forme intermedie tra gel acquosi ed emulsioni O/A ad opera additivi reologici. Il vantaggio di queste emulsioni è che è possibile formulare a temperatura ambiente e sono privi di untuosità, mentre lo svantaggio è la loro sensibilità agli elettroliti.
In base alla dimensione delle goccioline si possono ottenere microemulsioni, ovvero emulsioni trasparenti, termodinamicamente stabili che si formano spontaneamente mescolando due liquidi non miscibili tra di loro in presenza di un tensioattivo che stabilizza il film interfacciale (10).
A seconda della temperatura si possono formare le emulsioni iperfluide (PIT) attraverso il processo di inversione di fase; presentano un’elevata stabilità dal punto di vista termodinamico.
Una nuova forma di emulsione sono le pickering, vale a dire sistemi stabilizzati sia dagli emulsionanti che dall’assorbimento di piccole particelle solide insolubili alle due fasi (13), le quali agiscono legandosi alle particelle presenti all’interfaccia acqua e olio, impedendo la coalescenza delle goccioline. Sono formate da molecole inorganiche come la silice (14) che si trovano in argille, bentonite ed hectrorite e che sono in grado di assorbire la fase oleosa sulla parte lipofila della molecola e la fase acquosa sulla parte idrofila. Si ottengono mediante processi ad alta energia come l’omogenizzazione ad alta pressione, la sonificazione per una maggiore dispersione delle goccioline, con un rotore-statore, o mediante tecniche più innovative come l’emulsificazione a mebrana o le multifluidiche (15) (Figura 4).
Le emulsioni HIPE (High Internal Face Emulsion), sono emulsioni ad elevato contenuto di fase interna superiore al 75-80%, in cui avviene la deformazione delle goccioline di fase dispersa in forme poliedriche e caratterizzati da una rete interfacciale di goccioline (15). Dal punto di vista cinetico e termodinamico sono sistemi instabili, visto che lo strato interfacciale è poco spesso; per cui è necessario l’utilizzo di proteine che rendano il sistema metastabile e che duri nel tempo (16).
Figura 3. I principali tipi di emulsioni (12).
Figura 4. Emulsioni Pickering (15).
CHE EMULSIONI SI OTTENGONO?
La preparazione convenzionale di un’emulsione prevede l’utilizzo di elevate temperature (circa 70-75°C) per la fusione dei vari componenti e il riscaldamento separato delle varie fasi, per poi miscelarle insieme sotto un’elevata forza di taglio generata dal turboemulsore. Questo processo utilizza un’elevata energia di riscaldamento e raffreddamento i quali rappresentano il 90% del costo totale di energia per la produzione dell’emulsione stessa (17). Inoltre, l’aggiunta di ingredienti sensibili alle temperature o alla forza di taglio può provocare la rottura o la disomogeità dell’emulsione.
Per questo motivo, in questi ultimi anni, si stanno studiando emulsionanti sempre più tecnologici ed efficienti a basse temperature. In un sistema ideale questo includerebbe molti vantaggi tra i quali: la riduzione dei costi energetici e delle attrezzature e dei tempi di produzione. Per di più, gli ingredienti sensibili alla temperatura potrebbero essere inseriti direttamente nelle fasi prima della miscelazione. Questo però comporterebbe delle limitazioni, come il solo utilizzo di materie prime prettamente liquide e facilmente solubili nelle rispettive fasi (18) o di un numero limitato di emulsionanti, come ad esempio, gli esteri del poliglicerolo per le emulsioni o/a oppure gli alcoli alcossilati o composti del fosforo per le emulsioni a/o.
La lavorazione a freddo “eco-friendly” potrebbe essere un valido espediente allo scopo di rendere il sistema più sostenibile sia livello ambientale con minori emissioni di CO2 sia per assistere i vari produttori al fine di ridurre i costi e incrementare i tempi e l’efficienza della produzione (17).
LE EMULSIONI A FREDDO: UN NUOVA FORMA PIÙ SOSTENIBILE
Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici
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