GLI INTERFERENTI ENDOCRINI NEI COSMETICI
Il tema degli interferenti endocrini (ED) è da anni oggetto di dibattito sia a livello regolatorio che in seno alla comunità scientifica, in ragione dell’impatto che queste sostanze possono avere sulla salute umana e sull’intero ecosistema.
Secondo quanto riportato dall’Istituto Superiore della Sanità (1), un interferente endocrino è una sostanza esogena, o una miscela di sostanze, in grado di alterare la funzionalità del sistema endocrino, causando effetti avversi sulla salute di un organismo – sia esso umano o animale - oppure della sua progenie.
La definizione fa eco a quella elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e sottoscritta dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, secondo cui, perché una sostanza possa essere considerata interferente endocrino, deve rispondere a tre criteri:
1) la presenza di un effetto avverso
2) la presenza di attività endocrina
3) il rapporto causale tra i due (2)
Non è quindi sufficiente un’azione a livello endocrino, ma ci deve essere il rischio di un potenziale danno. D’altro canto sono numerose le cosiddette “sostanze attive sul sistema endocrino” (EAS) con cui possiamo entrare in contatto nella vita quotidiana: pensiamo agli alimenti a base di soia, che contengono fitoestrogeni in grado di simulare l’azione dei nostri ormoni endogeni, o a farmaci come la pillola anticoncezionale o i sostituiti degli ormoni tiroidei, in grado anch’essi di interferire – in modo voluto – con il sistema endocrino.
E’ importante quindi distinguere correttamente tra EAS ed ED per poter attuare strategie efficaci e identificare i rischi là dove effettivamente siano presenti.
INTRODUZIONE
Il sistema endocrino umano, che comprende tutte le ghiandole a secrezione endogena presenti nel corpo (ipofisi, timo, tiroide e paratiroidi, pancreas, ghiandole surrenali), è essenziale per la regolazione di numerose funzioni fisiologiche, mediate dall’interazione tra gli ormoni prodotti dalle suddette ghiandole e i recettori specifici: queste funzioni riguardano il metabolismo, lo sviluppo, l’immunità, la riproduzione e persino l’umore e il comportamento.
Interferire in modo cronico con questo sistema di comunicazione ghiandole-ormoni-recettori significa, dunque, alterare a diversi livelli l’equilibrio dell’organismo colpito, con il rischio di generare squilibri potenzialmente seri; tali squilibri, oltretutto, possono manifestarsi anche a lunga distanza temporale rispetto all’inizio dell’esposizione con l’interferente, rendendo difficile, se non impossibile, l’individuazione del problema e la rimozione della causa.
La questione degli interferenti endocrini non riguarda ovviamente solo il settore cosmetico: queste sostanze possono essere contenute nelle plastiche (es. alcuni ftalati) o utilizzate in agricoltura come pesticidi; possono trovarsi nelle vernici, nella carta, nei tessuti antimacchia e idrorepellenti, nei giocattoli, nell’abbigliamento, nei contenitori per alimenti e così via (3) .
La loro presenza e pericolosità non costituisce un fatto nuovo: il problema è noto a livello europeo sin dagli anni ‘90 del secolo scorso, come testimonia il workshop organizzato dalla UE nel Dicembre 1996 (European Workshop on the impact of endocrine disrupters on human health and wildlife), cui presero parte rappresentanti del mondo scientifico europeo e internazionale, per definire la problematica emergente e attuare strategie condivise per contenerla. La definizione di interferente endocrino attualmente in uso fu elaborata proprio a seguito di quel workshop (4).
In realtà, già in alcune pubblicazioni degli anni ‘40-‘50 del secolo scorso, quando ancora non era stato definito il concetto di interferente endocrino, si osservavano i primi effetti dell’esposizione a questo tipo di sostanze da parte della fauna selvatica e non (l’utilizzo degli steroidi negli allevamenti per accelerare la crescita del bestiame risale proprio a quel periodo) (5).
Attualmente, all’interno del regolamento (CE) n.1907/2006 (REACH - Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals), sono già elencate alcune sostanze note come interferenti endocrini e ivi classificate come CMR (Cancerogeni-Mutageni-tossici per la Riproduzione) o PBT (Persistenti, Bioaccumulabili o Tossici): tuttavia, in merito alla corretta individuazione e classificazione dei sospetti interferenti endocrini, non sono purtroppo ancora disponibili criteri univoci e condivisi a livello europeo e internazionale.
IL SISTEMA ENDOCRINO UMANO E GLI INTERFERENTI ENDOCRINI NELL’AMBIENTE
Quando un interferente endocrino si lega al recettore endogeno di un ormone o di un neurotrasmettitore, si possono verificare sostanzialmente tre situazioni (1):
- il legame genera una risposta cellulare eccessiva rispetto a quella fisiologica
- il legame genera una risposta inferiore a quella fisiologica
- il legame blocca il recettore e non si produce alcuna risposta
In tutti e tre i casi si genera una modifica dell’effetto cellulare atteso e, di conseguenza, un’alterazione della funzione regolata da quel particolare asse ghiandola-messaggero-recettore.
(3)
Secondo i più recenti studi epidemiologici, la ricaduta finale delle continue alterazioni ad opera degli interferenti endocrini può colpire
- il sistema riproduttore, generando per esempio irregolarità del ciclo mestruale, diminuzione della fertilità, endometriosi, parto prematuro, alterazione della qualità o della conta spermatica, tumori al testicolo, al seno e alla prostata (6, 7, 8)
- la tiroide e, dunque, il metabolismo generale, ponendo le basi per patologie quali obesità, ipercolesterolemia, diabete e malattie autoimmuni (9,10)
- il sistema immunitario (11) e il microbiota intestinale (12), fortemente interconnessi e responsabili del benessere di tutto l’organismo
- lo sviluppo neuronale e il comportamento (deficit di attenzione, dislessia e persino alcune forme di autismo sono state associate all’esposizione ad interferenti endocrini nella fase di sviluppo (13,14,15)).
EFFETTI DEGLI INTERFERENTI ENDOCRINI SULL’ORGANISMO UMANO
SONJA BELLOMI
Fondazione ITS Biotecnologie e Nuove Scienze della Vita Piemonte | Italia
Bio...
Sonja Bellomi, laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche presso l’Università del Piemonte Orientale; dottore di Ricerca in Scienza delle Sostanze Bioattive.
Ha lavorato per 15 anni come ricercatrice nel settore farmaceutico, in campo analitico e formulativo. Attualmente si occupa di attività di docenza e divulgazione scientifica in ambito farmaceutico, nutraceutico e cosmetico.
In Europa i cosmetici sono disciplinati dal Regolamento CE 1223/2009, che stabilisce una serie di criteri cui deve adeguarsi ogni prodotto cosmetico commercializzato all’interno dell’Unione, al fine ultimo di garantirne la sicurezza d’uso per il consumatore finale.
Secondo la definizione riportata all’interno del Regolamento, il prodotto cosmetico, sia esso destinato al make up o alla cura e all’igiene personale, può e deve agire solo a livello locale, sulla superficie esterna della pelle – eccezion fatta per le mucose della bocca e dei genitali esterni. Di fatto, dunque, il rischio di passaggio in circolo delle sostanze contenute nel cosmetico – interferenti endocrini compresi – dovrebbe essere scongiurato.
In realtà, molto dipende dalle condizioni della pelle, dall’integrità della sua funzione barriera, dal tempo di contatto con il prodotto, dall’età e dalle condizioni del soggetto esposto (i pericoli maggiori riguardano i bambini, in piena fase di sviluppo, e le donne in gravidanza, per il possibile impatto sullo sviluppo del feto, o in allattamento, per l’eventuale passaggio attraverso il latte materno); inoltre, alcuni cosmetici possono essere facilmente inalati (pensiamo ai prodotti spray) o ingeriti (pensiamo a dentifricio, rossetto, burrocacao).
In ogni caso, sebbene le condizioni d’uso del prodotto cosmetico minimizzino il rischio di interferenza endocrina, è doveroso considerare il pericolo legato all’esposizione cumulativa a più fonti, da quelle cosmetiche a quelle alimentari, dagli oggetti di uso quotidiano all’abbigliamento, fino all’inquinamento ambientale - come ricorda un recente rapporto pubblicato sul Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità (16).
In riferimento all’ambito cosmetico, inoltre, lo stesso articolo riporta come – all’interno dell’ampia gamma di formulati per la cura del corpo – le quantità di prodotto utilizzate possano variare di molto da un individuo all’altro, così come la frequenza di utilizzo e i siti di applicazione. Tutti questi fattori possono influire, a loro volta, sull’assorbimento di eventuali interferenti endocrini: si pensi alla facilità di penetrazione attraverso una cute sottile come quella del contorno occhi o estremamente vascolarizzata come quella della bocca, se confrontate con la cute spessa delle mani o dei piedi.
Come riportato nella relazione della Commissione Europea sul riesame del Regolamento (CE) n. 1223/2009, pubblicata nel 2018 (24), “il regolamento sui prodotti cosmetici non detta disposizioni specifiche per quanto riguarda gli interferenti endocrini”. Quando una sostanza, considerata come potenziale interferente endocrino, risulta classificata anche come CMR (ossia cancerogena, mutagena o tossica per la riproduzione), ai sensi del Regolamento CE 1272/2008, si applica l’articolo 15 del Regolamento 1223 e la sostanza viene vietata – a meno di deroghe subordinate a condizioni particolari, indicate nello stesso articolo.
Tuttavia, secondo quanto riportato sul sito dell’EFSA (2), tale situazione sarà soggetta a riesame, una volta definiti i criteri, sia a livello europeo che internazionale, per l’individuazione e la caratterizzazione delle sostanze con proprietà di interferenza endocrina.
GLI INTERFERENTI ENDOCRINI NEI PRODOTTI COSMETICI
Si tratta per lo più di conservanti (come alcuni parabeni), coloranti (come il resorcinolo utilizzato nelle tinte per capelli), alcuni filtri UV, deodoranti (triclosan), siliconi (ciclometicone, utilizzato per favorire la stendibilità delle lozioni per pelle e capelli), fragranze e sostanze presenti nei materiali di confezionamento (ftalati).
In molti casi si tratta di sostanze non direttamente correlate alla funzione del cosmetico, ma inserite nel formulato per favorire la penetrazione cutanea di ingredienti funzionali o per stabilizzare e conservare il prodotto (16,17,18).
Per chi volesse approfondire, è attualmente disponibile sul sito EDL (Endocrine Disruptor List) (19) una banca dati degli interferenti endocrini ad oggi conosciuti, nata nel 2020 per volere dalle autorità nazionali di Belgio, Danimarca, Francia, Olanda e Svezia, cui si è aggiunta la Spagna nel 2021. Sul sito sono disponibili e consultabili tre liste, continuamente aggiornate, che raggruppano rispettivamente
- sostanze identificate in modo univoco come interferenti endocrini (Lista I) e dunque soggette a limitazioni d’uso
- sostanze in corso di monitoraggio e valutazione da parte della Commissione Europea sulla possibilità che agiscano da interferenti endocrini (Lista II)
- sostanze identificate come interferenti endocrini da parte delle Autorità Nazionali di uno o più Paesi membri dell’Unione Europea (Lista III), ma non ancora sottoposte a valutazione della Commissione.
Un elenco più conciso è disponibile anche sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (3).
QUALI SONO GLI INTERFERENTI ENDOCRINI PRESENTI NEI COSMETICI?
A partire dal già menzionato workshop del 1996, la Commissione Europea si è attivata per adottare un programma comunitario al fine di ridurre la presenza di interferenti endocrini nell’ambiente: è del 1999 la compilazione della “Strategia comunitaria in materia di sostanze che alterano il sistema endocrino” (20).
Affiancata dal Comitato Scientifico per la Sicurezza dei Consumatori (CSSC, istituito nel 2008), la Commissione si è poi adoperata a più riprese per elaborare una strategia di individuazione di criteri univoci e condivisi, volti a individuare e classificare le sostanze definibili come interferenti endocrini.
Dal canto proprio, l’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, su incarico della stessa Commissione Europea e congiuntamente all’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA), ha pubblicato nel 2018 delle linee guida sulle modalità di individuazione degli interferenti endocrini contenuti in pesticidi e biocidi (2).
Va sottolineato che di per sé l’EFSA non può autorizzare, proibire nè definire le modalità di utilizzo di una determinata sostanza, anche se attiva sul sistema endocrino: essa si limita a fornire consulenza scientifica in merito ad eventuali rischi correlati all’esposizione a tale sostanza. Spetta poi al Parlamento Europeo e agli stati membri dell’Unione decidere di attuare le misure necessarie per proibire o limitare l’utilizzo dei prodotti riconosciuti come interferenti endocrini.
Nel dicembre 2022, la Commissione Europea ha proposto una modifica del regolamento CLP su classificazione, etichettatura e confezionamento dei prodotti chimici (Regulation on classification, labelling and packaging of chemicals), introducendo nuove classi di pericolo per alcune sostanze considerate pericolose per la salute dell’uomo e dell’ambiente, tra cui gli interferenti endocrini (21,22). La proposta è stata approvata dal Parlamento Europeo e il 31 marzo 2023 è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale europea il “Regolamento delegato (UE) 2023/707 della Commissione del 19 dicembre 2022, che modifica il regolamento (CE) n. 1272/2008 per quanto riguarda i criteri e le classi di pericolo per la classificazione, l’etichettatura e l’imballaggio delle sostanze e delle miscele”. Il regolamento è entrato in vigore il 20 aprile 2023 (23).
Le modifiche riguardano gli Allegati I, II, III e IV del precedente regolamento. Di particolare rilevanza le modifiche all’Allegato I, ove è stato aggiunto il punto 3.11 “Interferenza con il sistema endocrino per la salute umana”, che contiene:
- definizioni specifiche su attività e interferenza endocrine, effetto nocivo e nesso biologicamente plausibile
- modifiche alle tabelle di classificazione delle sostanze, con i criteri per la definizione di due categorie di pericolo - categoria 1, con interferenti accertati o presunti, e categoria 2, con interferenti sospetti
- criteri di classificazione delle miscele contenenti interferenti endocrini e limiti di concentrazione ammessi per tali sostanze
- simboli e avvertenze di pericolo da apporre in etichetta
Al punto 4 dello stesso Allegato sono stati aggiunti i punti 4.2, 4.3 e 4.4, che riguardano l’”Interferenza con il sistema endocrino per l’ambiente”, con le definizioni di sostanze persistenti, bioaccumulabili, mobili e tossiche (come tali o in miscela), nonché i criteri per la classificazione e l’etichettatura.
INTERFERENTI ENDOCRINI: SI POSSONO EVITARE? IL PUNTO SULLA LEGISLAZIONE EUROPEA
Sebbene la presenza degli interferenti endocrini sia ormai ampiamente diffusa a livello ambientale, la conoscenza e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui rischi connessi è ancora molto limitata.
D’altro canto, per molte di queste sostanze, il nesso causale tra esposizione e sviluppo della patologia è ancora oggetto di dibattito; per quanto concerne l’ambito cosmetico, inoltre, anche qualora si evidenzi che una determinata sostanza sia in grado di interferire, in certe condizioni, con il sistema endocrino, non è detto che la stessa sia in grado di farlo quando parte di una formulazione cosmetica – in ragione delle modalità di utilizzo di quest’ultima (17).
Alla luce di quanto illustrato, si auspica siano intrapresi provvedimenti opportuni da parte delle autorità regolatorie europee e internazionali, al fine di armonizzare l’ambito normativo e sostenere programmi di ricerca per definire in maniera univoca i criteri di caratterizzazione e i livelli di rischio delle sostanze classificabili come potenziali interferenti endocrini.
IN CONCLUSIONE
Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici
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- ISS – Istituto Superiore della Sanità, Interferenti endocrini – giugno 2019 https://www.issalute.it/index.php/la-salute-dalla-a-alla-z-menu/i/interferenti-endocrini#regolamentazione-degli-interferenti-endocrini
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