Legge e dintorni
Lorenza Andreis
Partner dello Studio Avvocato Andreis e associati | Italia
L’avv. Lorenza Andreis è partner dello Studio Avvocato Andreis e associati, con sede a Torino e Milano.
È specializzata in diritto alimentare, e in particolare segue le aziende del settore nella progettazione, commercializzazione, presentazione e pubblicità degli alimenti. Partecipa usualmente come relatrice a corsi e convegni per tecnici della materia ed è autrice di articoli su diverse riviste di settore.
Bio...
A ottobre di quest’anno la Corte di Giustizia dell’Unione europea è intervenuta con una interessante sentenza relativa alla classificazione degli alimenti a fini medici speciali, rispetto ai medicinali (1).
In particolare, la questione riguarda la commercializzazione di due prodotti come alimenti a fini medici speciali, promossi uno come utile al “rafforzamento medico-nutrizionale del sistema immunitario” per “rispondere alle esigenze nutrizionali specifiche in caso di deficit immunitario di origine nutrizionale (ad esempio, le infezioni recidive delle vie respiratorie)”, e l’altro per “soddisfare esigenze nutrizionali in caso di degenerazione maculare legata all’età (la DMLE)”.
L’ambito in questione riguarda quindi gli alimenti destinati a gruppi specifici (FSG) disciplinati dal Reg. CE 609/2013 (2), regolamento che ha attuato una revisione e la armonizzazione della disciplina previgente sugli alimenti destinati ad una alimentazione particolare (i c.d. ADAP – “alimenti dietetici”) di cui alla Direttiva 2009/39/CE (3).
La Direttiva 39, infatti, conteneva disposizioni generali sulla composizione ed elaborazione di alimenti specificamente formulati per soddisfare le esigenze nutrizionali particolari delle persone alle quali erano destinati, e ne prevedeva la definizione comune di “prodotti alimentari destinati a un’alimentazione particolare” (i c.d. alimenti dietetici).
Definizione e categorizzazione che negli anni sono state ritenute troppo ampie e suscettibili di interpretazioni diverse a seconda degli Stati membri; il che ha portato alla revisione della normativa comprensiva dell’abolizione del concetto di alimenti destinati ad alimentazione particolare, e della individuazione di categorie specifiche di alimenti.
In questo senso, ricorre l’art. 1 del Regolamento 609 che individua gli alimenti che costituiscono una fonte parziale o l’unica fonte di nutrimento per alcuni gruppi della popolazione, e che sono:
- le formule per lattanti e formula di proseguimento (4);
- gli alimenti a base di cereali e altri alimenti per la prima infanzia (5);
- gli alimenti a fini medici speciali (6);
- i sostituti dell’intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso (7).
Per ogni categoria poi sono stati emanati successivamente dei regolamenti di esecuzione, che ne hanno completato la disciplina.
Per contro, gli alimenti che non rientrano in nessuna di queste categorie sono da considerarsi alimenti ad uso corrente, a cui si applica la disciplina generale.
Premessa questa breve disamina normativa e ritornando al caso in esame, la questione è stata sollevata davanti alla Corte EU da parte dei giudici tedeschi riguarda proprio la classificazione del prodotto utile al “rafforzamento medico-nutrizionale del sistema immunitario” per “rispondere alle esigenze nutrizionali specifiche in caso di deficit immunitario di origine nutrizionale”, e del prodotto utile per “soddisfare esigenze nutrizionali in caso di degenerazione maculare legata all’età (la DMLE)”.
Più specificamente, è stata presentata la seguente questione pregiudiziale:
“1) In quali circostanze ricorrano altre esigenze nutrizionali determinate da condizioni cliniche ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera g), seconda alternativa, del regolamento n. 609/2013,
ossia: se ciò presupponga – oltre alla capacità limitata, disturbata o alterata di assumere, digerire, assorbire, metabolizzare o eliminare alimenti comuni menzionata nella prima alternativa – un aumento delle esigenze nutrizionali, a causa della malattia, che l’alimento deve soddisfare, oppure se sia sufficiente che il paziente tragga generalmente beneficio dal consumo di tale alimento perché sostanze in esso contenute contrastano il disturbo o ne alleviano i sintomi.
2) Nel caso in cui si debba rispondere alla prima questione in quest’ultimo senso: se i “dati scientifici generalmente riconosciuti” di cui all’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento delegato presuppongano in ogni caso uno studio randomizzato, controllato verso placebo e in doppio cieco, che, pur non riguardando il prodotto in questione, fornisca almeno elementi a sostegno degli effetti dichiarati”.
Per rispondere ai quesiti, la Corte ha evidenziato innanzitutto le due caratteristiche che distinguono gli alimenti a fini medici speciali da altre categorie di prodotti:
- sono alimenti destinati a costituire l’alimentazione completa o parziale dei pazienti affetti da una malattia, un disturbo o uno stato patologico determinati.
- sono alimenti elaborati espressamente o formulati per soddisfare le esigenze nutrizionali particolari derivanti da tale malattia, disturbo o stato patologico.
Si tratta quindi di alimenti, e come tali sono destinati ad essere ingeriti e usati nella alimentazione umana, ma non ordinari, in quanto sono espressamente processati per andare incontro alle esigenze nutrizionali dei pazienti e devono essere utilizzati sotto controllo medico.
Considerando inoltre le finalità di questi alimenti, la Corte ha distinto tra:
- alimenti per pazienti con disturbi nel processo di assunzione o di assimilazione o nel metabolismo (“con capacità limitata, disturbata o alterata di assumere, digerire, assorbire, metabolizzare o eliminare alimenti comuni o determinate sostanze nutrienti in essi contenute o metaboliti”);
- alimenti per pazienti con particolari condizioni fisiologiche e che, di conseguenza, hanno esigenze specifiche in relazione alla composizione, consistenza o forma degli alimenti (“con altre esigenze nutrizionali determinate da condizioni cliniche e la cui gestione dietetica non può essere effettuata esclusivamente con la modifica della normale dieta”).
Ora, l’adeguatezza, che viene richiesta a questi alimenti nella composizione, nella forma/consistenza per rispondere alle esigenze nutrizionali derivanti da una malattia, rappresenta una manifestazione, a parere della Corte, della specificità della funzione nutrizionale di tali alimenti; di conseguenza, un prodotto, che sia invece privo di questa funzione nutrizionale, non può essere qualificato come alimento a fini medici speciali.
La Corte richiamando poi la distinzione, dettata da regimi giuridici differenti, tra alimenti a fini medici speciali e medicinali (8), ha evidenziato come i primi non abbiano le finalità curative dei secondi, ma “solo” lo scopo di soddisfare bisogni nutrizionali dei pazienti.
Quindi, quando un paziente trae un beneficio generale dal consumo di un prodotto, che, grazie alla sua composizione, ha una finalità curativa, allora tale prodotto non ha solo scopo di nutrire il soggetto, ma anche quello di curarlo e di conseguenza è al di fuori della categoria degli alimenti a fini medici speciali.
Un ulteriore elemento messo in evidenza dai giudici europei e da considerare per la corretta individuazione di questi alimenti è la necessità che questi rispondano a esigenze nutrizionali definite da una malattia, da un disturbo o da uno stato patologico.
Questo elemento trova conferma anche nel Regolamento di esecuzione 2016/128 (9) dove si richiede
- che le formulazioni delle sostanze nutritive siano adattate ad una specifica malattia o a uno specifico disturbo o stato patologico, alle esigenze nutrizionali delle persone a cui essi sono destinati,
- che siano fornite diciture sulla gestione dietetica e sulla malattia, sul disturbo o sullo stato patologico per cui il prodotto è indicato, e una descrizione delle proprietà e/o caratteristiche del prodotto che lo rendono utile in relazione alla malattia, al disturbo o allo stato patologico per la cui gestione dietetica esso è previsto (vedi art. art. 5, par. 2, lett. e) e g).
In sostanza, “lanecessità di tali indicazioni attesta inequivocabilmente che un alimento destinato a fini medici speciali deve rispondere a esigenze nutrizionali definite da una malattia, un disturbo o uno stato patologico particolari e che un prodotto che procuri un beneficio generale al paziente nonha, in linea di principio, siffatte proprietà e caratteristiche in quanto non ha la funzione di soddisfare tali esigenze nutrizionali particolari. Ne consegue che un siffatto prodotto non può, per tale motivo, essere qualificato come alimento a fini medici speciali” (10).
Mettendo in evidenza la specificità di questa categoria di alimenti come elemento da tenere in stretta considerazione per la loro classificazione (l’alimento deve essere in grado di soddisfare le esigenze nutrizionali particolari causate dalla malattia e non è sufficiente che comporti un beneficio generale), la Corte si è infine espressa per entrambi i quesiti ritenendo che, ai sensi della normativa esaminata, “un prodotto costituisce un alimento a fini medici speciali se la malattia comporta esigenze nutrizionali più elevate o specifiche che il prodotto alimentare è inteso a soddisfare, di modo che non è sufficiente, ai fini di una tale qualificazione, che il paziente tragga un beneficio generale dal consumo di tale prodotto alimentare per il fatto che le sostanze in esso contenute combattono il disturbo o ne alleviano i sintomi” (11).
Questa ultima sentenza si inserisce, come evidente, in un contesto preciso della legislazione alimentare nel quale, però, i confini con altri ambiti, come quello dei medicinali, non è sempre di così immediata individuazione.
Possiamo dunque ritenere certamente utile la sentenza della Corte di Giustizia nel suo intento chiarificatore per gli operatori che studiano alimenti in grado di andare incontro alle esigenze e alle aspettative di un numero di consumatori sempre maggiore.