ARMI E STRATEGIE
NELLA PREVENZIONE
DEI TUMORI CUTANEI
I tumori della pelle rappresentano una delle neoplasie più frequenti nell’uomo, e costituiscono un grande problema di salute pubblica. Quelli più frequenti sono il melanoma, il carcinoma basocellulare e il carcinoma spinocellulare. Nella popolazione italiana costituisce il secondo tumore più frequente nei maschi sotto i 50 anni e il terzo più frequente nelle donne della stessa fascia d’età. Si tratta di una neoplasia particolarmente aggressiva soprattutto quando diagnosticata in stadi avanzati. Il melanoma è un tumore maligno che origina dai melanociti, colpisce più frequentemente la cute, ma può coinvolgere anche l’occhio e le leptomeningi. Il carcinoma basocellulare e spinocellulare originano invece dai cheratinociti dell’epidermide, e tendono a presentarsi in età più avanzata rispetto al melanoma. Presentano un comportamento biologico variabile, che va da forme superficiali indolenti a forme localmente avanzate e/o metastatiche. Il fattore di rischio più importante è rappresentato dai raggi ultravioletti (UV), in particolare in soggetti con fototipo chiaro, familiarità, storia personale di tumori cutanei, immunosoppressione, malattie genetiche, ustioni in età infantile, numerosi nevi ed esposizione a radiazioni ionizzati o ad altri carcinogeni. I tassi di incidenza e di prevalenza di questi tumori sono in continuo aumento negli ultimi anni, rendendo sempre più importante l’attuazione di misure preventive (1). E’ stato osservato che l’utilizzo regolare di filtri solari è in grado di prevenire o rallentare la comparsa di questi tumori, ed il loro utilizzo abituale è fortemente consigliato (1) (2) (3). Numerosi studi hanno inoltre dimostrato come lo screening dermatologico del melanoma sia in grado di migliorare la diagnosi precoce e ridurre la mortalità per questo tumore (2) (4). Grazie all’avvento di nuove tecnologie è stato possibile incrementare la prevenzione, promuovendo diagnosi sempre più precoci e accurate con lo scopo di migliorare la gestione dei tumori cutanei.
L’esposizione ai raggi ultravioletti (UV), attraverso il sole o i lettini abbronzanti, è considerato il fattore di rischio principale dei tumori della pelle, in quanto in grado di indurre danni a carico del DNA iniziando il processo di cancerogenesi (3) (5). Si stima che causino quasi il 70% dei melanomi e il 90% dei tumori cutanei non melanoma, il che suggerisce che molti di questi tumori possano essere prevenuti con una corretta fotoprotezione (4) (6). Gli UVB (lunghezza d'onda: 280-320 nm) sono considerati molto più genotossici rispetto agli UVA (320-400 nm), sebbene l'esposizione ambientale a questi ultimi è fino a 20-40 volte superiore, ed è maggiore anche attraverso le finestre di vetro o i lettini abbronzanti (7). Un’adeguata fotoprotezione può essere attuata attraverso l’utilizzo di schermi fisici (cappelli, indumenti, ecc..) e di creme solari. Gli antisolari devono essere applicati su tutte le sedi fotoesposte almeno un’ora e mezza prima dell’esposizione al sole, per permettere un’adeguata penetrazione attraverso la cute, ed è consigliabile ripetere l’applicazione ogni 40 minuti. E’ importante scegliere un protettivo solare water proof che schermi sia gli UVB che gli UVA: con un sun protection factor (SPF) non inferiore a 30 e con il fattore di protezione per gli UVA non inferiore a 1/3 dell’SPF. La fotoprotezione deve essere effettuata durante tutto l’anno, e intensificata durante la stagione estiva (8)(9). Attualmente sono disponibili in commercio anche creme solari a basso impatto ambientale, che limitano l’uso di sostanze inquinanti come l’ossibenzone e l’octinoxate: circa il 25% dei componenti del protettivo solare rimane infatti nell’acqua, potendo quindi avere un impatto sulla flora e la fauna marina. Per tutte le persone, specialmente al di sotto dei 35 anni di età, è sconsigliato sottoporsi a fonti artificiali di raggi UV per l’abbronzatura, come i lettini abbronzanti o le lampade solari (2). Grazie alle campagne di prevenzione primaria è stato possibile ridurre l’incidenza di tumori cutanei soprattutto in alcuni Paesi ad alta incidenza come l’Australia (10) (11). Anche nel nostro Paese frequentemente si organizzano campagne di prevenzione gratuita, ma ancora tanto bisognerà fare per sensibilizzare ulteriormente la popolazione sia adulta che pediatrica.
INTRODUZIONE
Attualmente in Italia non esiste un consenso sulle raccomandazioni relative allo screening dei tumori della pelle. In soggetti senza fattori di rischio è consigliabile effettuare una visita dermatologica una volta l’anno, e ogni volta si noti la comparsa di una nuova lesione, o un cambiamento in una lesione già presente (8). Per tale motivo l’auto-ispezione periodica del paziente gioca un ruolo importante nella prevenzione secondaria, infatti, più del 60% dei melanomi vengono diagnosticati dall’alleanza medico-paziente. Il paziente dovrà prestare attenzione durante all’auto-ispezione a cambiamenti di forma, colore e dimensioni nelle lesioni preesistenti o alla recente comparsa di nuove lesioni, e in caso, rivolgersi prontamente ad uno specialista dermatologo che provvederà ad effettuare un’accurata visita (12).
CHRISTO DAGOROV
E’ importante all’inizio della valutazione dermatologica effettuare una corretta anamnesi familiare e personale, per poi procedere con l’ispezione ad occhio nudo di tutta la superficie cutanea, comprese unghie e cuoio capelluto. In questa prima fase il dermatologo farà affidamento su quelli che sono i criteri macroscopici: la regola ABCD (Asimmetria, bordi irregolari, colore disomogeneo, dimensioni maggiori di 6 mm) e il segno del brutto anatroccolo, ovvero quel nevo con caratteristiche diverse rispetto agli altri nevi dello stesso paziente. La sola valutazione macroscopica- ad occhio nudo- raggiunge però un’accuratezza diagnostica del 60% nella diagnosi dei tumori cutanei, ed è pertanto essenziale implementarla con la dermoscopia, grazie alla quale si raggiunge un’accuratezza del 80-90% (13). Le lesioni sospette riscontrate in corso di visita mediante dermoscopia dovranno essere asportate chirurgicamente, ove possibile e preferibilmente in maniera completa (2, 4). Attualmente in campo dermatologico sono disponibili nuovi strumenti che permettono di migliorare l’accuratezza diagnostica (4). La Dermatoscopia digitale sequenziale (SDD), permette l’acquisizione e l’archiviazione digitale dermatoscopica delle lesioni cutanee consentendo di monitorarle nel tempo mediante follow-up (14). La total body photography consente l’acquisizione di fotografie di tutto il corpo e di mappare le lesioni, e gli ultimi macchinari più avanzati permettono di sviluppare immagini in 3D. Molti di questi apparecchi però sono automatizzati e sviluppano immagini in 2D, e quindi non consentono uno studio preciso delle singole lesioni. La Microscopia confocale a riflettanza e la Tomografia a coerenza ottica (OCT) sono ulteriori presidi estremamente utili nella diagnostica non invasiva dei tumori cutanei. La microscopia confocale è una tecnica non invasiva all’avanguardia in grado di fornire un’immagine microscopica in tempo reale senza dover asportare chirurgicamente la lesione, e può essere utilizzata come supporto alla diagnosi dermoscopica. La Tomografia a coerenza ottica (OCT) sfrutta il principio fisico dell’interferometria, ed è particolarmente utile nello studio di lesioni che si estendono in profondità, in particolare nella diagnosi dei tumori cutanei diversi dal melanoma (4).
I tumori cutanei sono da sempre esistiti, con frequenze diverse, ed hanno interessato numerose popolazioni anche in tempi antichi. Questa loro presenza storica è stata ben documentata in ambito artistico e archeologico, in particolare quello numismatico.
I Parti erano un popolo nomade originario dell'Asia centrale che si trasferì nella regione della Persia (Iran) nel III secolo a.C. dove fondarono un regno orientale dal 247 a.C. al 224 d.C. Questa popolazione è diventata famosa in ambito numismatico per le monete che hanno coniato nel corso dei secoli: sulle monete venivano raffigurati vari re della stirpe, la maggior parte dei quali presentavano una lesione nodulare a livello del volto. Questa lesione nodulare, che ha destato nei secoli la curiosità di molti studiosi in quanto non determinata da un errore di conio, è stata oggetto di varie ipotesi circa la sua reale natura (15). A. De Longpérier (1853) fu tra i primi a fare riferimento a queste lesioni con il termine di “verruca”(16). Hart (1966) più tardi ha ipotizzato potesse trattarsi di un tricoepitelioma (17), mentre, più recentemente, Liddel (2006) ha suggerito che potesse essere un carcinoma basocellulare (18). Attualmente non è possibile avere la certezza sull’origine di questa neoformazione, ma non appare così improbabile possa effettivamente trattarsi di un tumore cutaneo: i Parti, infatti, erano un popolo nomade che passava molto tempo all’aria aperta e quindi alla luce solare. L’insorgenza di questi sospetti “tumori” non era affrontata in ottica “negativa” da questo popolo bensì come un vanto: alcuni re che, per loro fortuna, non presentavano realmente a livello cutaneo la lesione, chiedevano comunque di essere raffigurati con la stessa, come se la presenza del nodulo potesse in qualche modo legittimare al potere (15). Quest’ultimo concetto è correlabile alla grande importanza che nell’antichità si dava alle monete e a ciò che vi era raffigurato, un valore che nella società attuale è purtroppo perso.
CONCLUSIONE
(a)
(b)
(c)
(d)
(e)
Figura 1. (a) Orodes I (57-37 B.C.) showing a lesion on the forehead, (b) Prominent nodule near the inner canthus of the left eye of Orodes I, (c) Prominent lesion on the forehead of Phraates IV (37-3/2 B.C.), (d) Left forehead lesion on coin bearing likeness of Vardanes I (A.D. 41-45), (e) Showing both a forehead nodule and a concealing cosmetic look of hair-Volagases II (A.D. 77-147).
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