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Echinacea
UTILIZZO A TAVOLA
“Elk Root”, ossia zampa d’alce: leggenda vuole che questo nome fu attribuito ad Echinacea dai pellerossa nordamericani che, osservando gli alci malati o deperiti che se ne cibavano, impararono ad apprezzarne le proprietà curative, per le quali venne considerata una pianta sacra. Il nome del genere deriva dal greco echinos, ossia riccio, per via del capolino che sembra avere delle “spine” di colore rosso scuro. Dal punto di vista etnobotanico sono emerse documentazioni secondo le quali più di una decina di tribù di pellerossa, utilizzavano la radice di echinacea (in particolare E. angustifolia) come antidoto per i morsi di serpente, per l’idrofobia, per le ferite in putrefazione. I Sioux (Dakota) erano molto legati a questa specie e utilizzavano sempre la radice per trattare le aree infiammate o masticate per il mal di denti, tonsillite, mal di pancia, dolori intestinali, sete o sudorazione.
La tribù degli Omaha, riconosceva nel “nuga” il fiore maschile, più grande, e in “miga” quello femminile: questi utilizzavano il macerato della radice come anestetico oculare o, sempre posto nell’occhio, facevano a gara a non battere ciglio per dimostrare la loro virilità e la loro capacità di compiere imprese soprannaturali. Anche i Kiowa e i Cheyenne ne utilizzavano le parti ipogee non macinate per alleviare la tosse: queste venivano masticate per stimolare il flusso di saliva che, poi ingoiata, andava a lenire la gola infiammata; inoltre, questo stesso metodo di utilizzo veniva impiegato anche durante le rituali danze della pioggia. Gli utilizzi che ne facevano gli indiani pellerossa erano svariati ed andavano da quelli appena descritti, alla cicatrizzazione delle ferite o per rafforzare il sistema immunitario e, le loro preparazioni e applicazioni, erano generalmente compiute dagli sciamani delle varie tribù. L’arrivo di Echinacea nel vecchio continente e da datarsi soltanto intorno al 1700 per essere poi riconosciuta come pianta officinale solo nel 1916; questo sia per i cattivi rapporti che intercorrevano tra colonizzatori e tribù locali, sia perché i medici europei disponevano già di altre piante medicinali.
Uno dei primi utilizzatori fu il dottor H.C.F. Meyer, medico tedesco che viveva nel Nebraska che nel 1870 la inserì come ingrediente principale del suo preparato “Mayer’s Blood Purifier”, elogiandone proprietà contro qualsiasi cosa, fino ad antidoto contro il veleno dei serpenti, utilizzo che, a detta sua, gli era stato consigliato direttamente dai “pellerossa”. Curiosa e in un qualche modo affascinante è la sua storia: il dottor Meyer, convinto delle “miracolose” proprietà di echinacea, per brevettare il suo prodotto propose a importanti medici americani del tempo di essere cavia di se stesso, facendosi mordere da serpenti a sonagli per poi applicare il suo olio, con il fine ultimo di dimostrare che il suo antidoto funzionava. Sia il Dr. John Uri Lloyd (professore dell’Eclectic Medical Institute di Cincinnati e presidente dell'American Pharmaceutical Association) che il Dr. Jhon King (autore di King's American Dispensatory) furono molto scettici a riguardo; il primo declinò l’offerta reputandolo pazzo. Il secondo, dopo una prima fase di totale perplessità, fu convinto da Meyer della sua buona fede e, seppur opponendosi alla poco ortodossa dimostrazione del morso di crotalo (con probabile fortuna di Meyer), iniziò a testare l’olio per trattare punture di api, lesioni ulcerose e congestioni influenzali, ottenendo inattesi esiti positivi. In questo modo Meyer, avendo ottenuto quello che voleva, iniziò a girare tutto il West americano con un carro, dando degli spettacoli tesi alla vendita del suo prodotto: metteva in piedi veri e propri spettacoli in cui infastidiva dei serpenti a sonagli fino a farsi mordere per poi poter applicare il suo miracoloso prodotto, dimostrando alla folla che non moriva; il pubblico sbalordito, accorreva per comprare il suo prodotto e, in questo modo, il medico tedesco ottenne il successo che voleva. Quello che nessuno sapeva (eccetto Meyer ovviamente) è che i serpenti utilizzati nelle recite erano stati privati del loro veleno. Il successo di Meyer fece in modo che in quegli anni ci furono numerosissimi altri prodotti a base di echinacea che vantavano tali capacità. Successivamente, soprattutto in America e, probabilmente anche a causa della “scoperta” che echinacea non può salvare una persona dal morso velenoso di un serpente, echinacea perse interesse e venne quasi del tutto accantonata, eccezion fatta per le poche tribù indigene sopravvisute al colonialismo e, solo nella seconda metà del ‘900iniziò a riacquistare credibilità (1) (2) (3) (4) (5).
Nei nostri giorni, il genere Echinacea, ed in particolare le sue principali tre specie (E. purpurea, E. angustifolia ed E. pallida), risultano essere tra le piante più utilizzate e studiate al mondo, dove le proprietà, soprattutto a livello immunitario, sono state indagate e confermate, giustificando in qualche modo alcuni degli utilizzi che già diversi secoli addietro ne facevano le tribù indiane d’America.
Il consumo di bevande a base di echinacea sulle nostre tavole, come infusi, decotti e tisane, è sicuramente quello più conosciuto ed utilizzato: queste infatti sono veri e propri procedimenti di estrazione che permettono di rendere disponibili tutti i principi attivi della pianta e di poter trarre i benefici correlati ad esse. In pochi invece sanno che queste preparazioni vengono sfruttate anche per la preparazione di primi o secondi piatti, facendoci ad esempio saltare la pasta, utilizzate come salse per condire in particolare le carni o anche per essere aggiunta in piccola quantità alla zuppa di pollo, un piatto tipico della stagione influenzale (6) (7) (8). Inoltre, in uno studio condotto dall’Università Federico II di Napoli, è stata studiata la capacità di un estratto in fase supercritica con anidride carbonica di E. angustifolia di conservare cibi: da questo è emerso come l’aggiunta di tale estratto alla carne sia in grado di prevenire l’ossidazione dei lipidi e delle proteine, garantendo fino a 10 giorni di conservazione (9).
BOTANICA & FITOCHIMICA
Da sinistra a destra: E. purpurea, E. pallida ed E. angustifolia.
Al genere Echinaceaappartengono 9 specie ma quelle più importanti, per lo meno in campo fitoterapico sono 3: Echinacea purpurea (L.) Moench., Echinacea angustifolia DC. e Echinacea pallida Nutt..
Per tutte e tre queste specie, la droga è rappresenta dalla radice essiccata e, in aggiunta, par E. purpurea si utilizzano anche le parti aeree sia fresche che essiccate. Queste sono piante erbacee perenni che possono raggiungere altezze da 60 a 180 cm, robuste, che presentano fusti i quali possono essere semplici o ramificati. L’infiorescenza, singola e terminale, è composta da fiori del disco fertili che terminano, come già anticipato, in spine (paleae), i quali sono circondati da fiori ligulati sterili, provvisti di 2 o 3 denti all’estremità. La foglia varia da ovale a lanceolata mentre la radice può essere singola e fittonante o fibrosa.
Chimicamente parlando, le tre specie del genere Echinacea presentano un profilo fitochimico molto variegato in termini di costituenti. I principali costituenti della radice delle tre specie e della parte aerea di E. purpurea sono stati identificati e valutati nella loro attività biologica nel corso degli anni (10) (11).
Quattro sono le principali classi chimiche con ovvie variazioni di concentrazione che intercorrono tra le diverse specie:
Quello che riporta la Farmacopea Europea 10 ed. in riferimento alla droga essiccata di E. purpurea, è che le radici non devono contenere meno dello 0.5% della somma di ac. caftarico e cicorico e le parti aeree non meno dello 0.1%, mentre le radici di E. pallida ed E. angustifolia non devono contenere meno dello 0,2% e dello 0,5% di echinacoside rispettivamente. Componenti minoritarie sono invece flavonoidi, oli essenziali, poliacetileni, chetoni ed alcaloidi pirrolizidinici (10) (11) (12).
UTILIZZO IN TERAPIA
La vasta produzione scientifica riguardante le tre specie di Echinacea, che negli ultimi anni risulta essere in costante crescita, ha permesso di evidenziare e confermare le attività attribuite alla pianta, tra cui anche alcune di quelle per cui viene da sempre utilizzata dagli indiani d’America. Tra queste, quelle maggiormente indagate e per cui la pianta è nota ai più, sono quelle che intervengono sul sistema immunitario: antivirali, immunostimolanti, antibatteriche ed antinfiammatorie (13) (14).
L’elevata capacità immunostimolante attribuibile alla radice di echinacea, deriva da più di 350 studi scientifici che sono stati effettuati negli ultimi 50-60 anni. Tutte e tre le specie appartenenti al genere Echinacea sono usate nella prevenzione del raffreddore e nella cura delle sindromi influenzali. E. purpurea, in particolare, viene riportata nelle monografie EMA, con riferimento ad un uso consolidato delle parti aeree, nella profilassi e nel trattamento a breve termine del raffreddore comune e delle altre infezioni correlate, ma anche ad un uso tradizionale delle radici nel trattamento delle stesse. I numerosi studi condotti hanno permesso di evidenziare un importante incremento dell’attività delle cellule fagocitarie e delle linfochine che consegue alla sua somministrazione (11) (14) (15).
E. purpurea sembrerebbe essere utile anche in caso di lievi infezioni delle vie urinarie, grazie ai suoi componenti attivi (15) (16). È stata infatti riscontrata una certa attività antibatterica, soprattutto nelle infezioni delle basse vie urinarie, e per questo motivo, spesso, l’echinacea si ritrova in combinazione con altri prodotti utilizzati nel trattamento di candidosi e cistiti. Questa attività sull’apparato urinario sembra essere attribuibile ai polifenoli che si ritrovano nelle radici, soprattutto di E. pallida, la quale risulta la specie più utilizzata a tal proposito. L’attività viene esplicata in maniera particolarmente concreta contro Staphylococcus aureus (compreso il meticillino-resistente) ma ha effetto anche contro Escherichia Coli e la Pseudomosa aeruginosa, seppur in maniera inferiore. Alcuni studi segnalano che l’estratto alcolico si rivela efficace nei confronti sia di Trichonomas vaginalis, sia di Streptococcus pyogenes sia di Hemophilus influenzae (17).
Alcuni studi si stanno focalizzando anche sull’utilizzo di echinacea per far fronte all’innalzamento della glicemia e al conseguente diabete. L’echinacea si è dimostrata efficace nell’inibire 2 enzimi, α -amilasi e α-glicosidasi, responsabili dell’idrolisi di amido e maltosio a zuccheri semplici, riducendo lo zucchero a livello ematico. Inoltre, altri studi hanno mostrato come gli estratti di echinacea siano in grado di interagire con il recettore PPAR-γ, fortemente implicato nel mantenimento della glicemia fisiologica, senza modificare la produzione di insulina e inducendo una riduzione del glucosio sierico (18).
Bisogna però prestare attenzione ad alcune possibili interazioni che si instaurano con la somministrazione di altri farmaci, in quanto Echinacea e sue preparazioni ad uso interno, possono causare l’inibizione di alcuni citocromi. Le possibili interazioni riguardano:
- Immunosoppressori (come, ad esempio, sirolimus, tacrolimus, ciclosporina e basiliximab)
- Corticosteroidi, la pianta, infatti, può ridurre l'efficacia
- Farmaci antitumorali
- Antivirali impiegati nel trattamento dell'HIV
- Midazolam, perché l'echinacea ne inibisce il metabolismo
- Paracetamolo, poiché può verificarsi un aumento del rischio di insorgenza di tossicità epatica
- Econazolo, in quanto l'echinacea ha dimostrato di essere in grado di potenziare l'effetto delleeconazolo in crema contro le candidosi vaginali, con conseguente potenziale rischio di tossicità
- Caffeina, poiché l'echinacea può diminuire il metabolismo (11) (13) (14).
Anche se i prodotti contenenti echinacea sembrano essere ben tollerati dalla maggior parte delle persone, non si può escludere del tutto la comparsa di effetti indesiderati, come ad esempio disturbi a carico del tratto gastrointestinale o la comparsa di reazioni allergiche in individui predisposti (11) (12) (14).
Inoltre, a causa della sua attività stimolante sul sistema immunitario, l'utilizzo di questa pianta non dovrebbe essere effettuato in pazienti con un sistema immunitario compromesso, ossia nei pazienti affetti da patologie autoimmuni (come, ad esempio, HIV, leucemie, sclerosi multipla, ecc.). Infine, a scopo precauzionale, si sconsiglia l'utilizzo di echinacea in gravidanza e durante l'allattamento (13) (14) (15) (16).
NUTRA
In particolare il settore nutraceutico (NUTRA) ma anche quello cosmetico (BEAUTY), hanno saputo trarre vantaggi da questa specie ricca di risorse, tanto che le tre specie principali del genere Echinacea fanno ormai da tempo saldamente parte del mercato fitoterapico.
Gli insegnamenti che abbiamo tratto dalla medicina popolare degli indiani d’America rispetto all’utilizzo di Echinacea per il trattamento di febbre, raffreddore, tosse e di tutta una serie di malanni stagionali, insieme alla conferma di queste attività da parte della comunità scientifica, ha permesso l’espansione di questa pianta nel mercato nutraceutico (19). Estratti di E. purpurea, o loro frazioni, testati ex vivo su diverse popolazioni di cellule immunitarie umane e in vivo su animali, si sono dimostrati in grado di modulare efficacemente la risposta aspecifica, promuovendo la liberazione di citochine come TNF-α, IL-1, IL-6 e interferone beta-2, aumentando la chemotassi (migrazione cellulare) e la capacità ossidativa di neutrofili e macrofagi, attivando le cellule NK e i linfociti T. Nonostante l’esatto meccanismo d’azione delle preparazioni a base di E. purpurea non sia ancora stato chiarito del tutto, è dato abbastanza per assodato che esso si basi sulle interazioni sinergiche tra i diversi costituenti dove, le glicoproteine, le alchilamidi e i polisaccaridi (arabinogalattani ed arabinoxilani) sembrano giocare un ruolo fondamentale nell’attività di stimolazione immunitaria ed antinfiammatoria mentre, l’olio essenziale, molto ricco in terpeni, è il principale responsabile dell’attività antibatterica (13) (14) (15). In uno studio è stata valutata e dimostrata la capacità delle alchilamidi polinsature presenti all'interno di E. angustifolia di esercitare un'azione antiflogistica attraverso un meccanismo che prevede l'inibizione degli enzimi ciclossigenasi e 5-lipossigenasi, ossia gli enzimi responsabili della sintesi dei mediatori chimici dell'infiammazione (14) (15). Questi costituenti sinergizzano il forte effetto anti-infiammatorio dell’echinacoside. A conferma dell’importanza anche dei polisaccaridi, un interessante studio condotto su l’arabinogalattano ha evidenziato come quest’ultimo sia in grado di aumentare la citotossicità macrofagica nei confronti di cellule maligne e di alcuni microrganismi come Leishmania enriettii (15).
Alla stagione invernale, caratterizzata in particolar modo da malattie influenzali e da raffreddamento, è anche associato un calo delle difese immunitarie. Questo potrebbe quindi compromettere la reattività immunitaria, portando ad una più facile penetrazione di virus o altri agenti patogeni come Mixovirus e Rhinovirus. Sia la radice delle tre specie che la parte aerea di E. purpurea, se assunti adeguatamente, possono alzare le difese immunitarie, aiutando l’organismo a combattere i patogeni (20) (21). Gli studi che si sono concentrati sull’azione di Echinacea contro specifici patogeni, hanno evidenziato come essa sia dotata di un forte potere antivirale soprattutto contro Herpes simplex di tipo 1 e contro alcuni virus dell’influenza A, ostacolando la diffusione e lo sviluppo dell’infezione nelle vie aeree e nelle mucose. L’attività antinfiammatoria, preziosa nelle fasi di trattamento dei sintomi da infezioni respiratorie, è stata rilevata sia nell’estratto idroalcolico che nel succo pressato di E. angustifolia e E. pallida sulle diverse tipologie di Herpes (22).
L’echinacea può quindi essere impiegata come succo ottenuto dalla spremitura delle parti aeree fresche di E. purpurea, come estratto secco, per esempio delle radici polverizzate, o in alternativa in capsule, decotto e gocce (23).
Le dosi stabilite come efficaci nell'aiutare l'immunità sono (21):
- Estratto secco in polvere: 300–500 mg di E. purpurea, tre volte al giorno o dosaggi equivalenti a 6-8 mL di succo fresco.
- Tinture o altri estratti liquidi: 2,5 mL tre volte al giorno o fino a 10 ml al giorno.
Ad esempio, per trattare il raffreddore, se si utilizza l'estratto liquido di E. pallida 1:5 (utilizzando come solvente di estrazione l'etanolo al 50% v/v), generalmente si consiglia di assumere 25 gocce di prodotto cinque volte/die.
E. angustifolia si usa soprattutto come estratto secco della radice, al dosaggio di 100-300 mg/die; E. pallida estratto secco della radice fino a 600 mg/die.
“OCCHIO ALLE BUFALE”, in quanto non sempre i prodotti a base di Echinacea rispecchiano quanto dichiarato in etichetta: uno studio ha infatti rilevato che il 10% dei campioni di prodotti a base di Echinacea, in realtà, non ne contiene (20).
LO SAPEVI CHE…
- Nel linguaggio dei fiori e delle piante, e per l’utilizzo che ne facevano gli indiani d’America, l’echinacea simboleggia la forza e la salute (2).
- Durante alcuni scavi condotti in siti archeologici del Lakota Sioux sono stati rinvenuti semi di Echinacea del XVII secolo (30).
- Spesso l’echinacea si trova in formulazioni con altre specie, come la tabebuia, la rosa canina e l’uncaria per favorire la sinergia dei diversi principi attivi (31).
BEAUTY
In particolare il settore nutraceutico (NUTRA) ma anche quello cosmetico (BEAUTY), hanno saputo trarre vantaggi da questa specie ricca di risorse, tanto che le tre specie principali del genere Echinacea fanno ormai da tempo saldamente parte del mercato fitoterapico.
In cosmesi, l’utilizzo topico degli estratti di E. purpurea ed E.pallida è prettamente legato alla capacità cicatrizzante, elasticizzante e antinfiammatoria della pianta (24). Il trattamento di ulcere, ferite e lesioni della cute, oltre che agli stati infiammatori connessi alle dermatiti, è dovuto all’attività anti-jaluronidasica; inibendo direttamente l’enzima jaluronidasi, diminuisce la permeabilità cutanea, rendendo più difficile la penetrazione dei patogeni all’interno dell’organismo. Inoltre, è in grado di preservare la corretta struttura del collagene contrastando la degradazione dovuta a radicali liberi dell’ossigeno e altre specie ossidanti (25). L’attività radical scavenger del fitocomplesso è stata dimostrata, attraverso test in vitro (DPPH o ABTS), dall’inibizione della perossidazione lipidica, ovvero una riduzione significativa dello stress ossidativo cellulare, per la quale sembrerebbe ricoprire un ruolo da protagonista l’acido caffeico e i suoi derivati (13) (26) (27).
La preziosa presenza di un riconosciuto componente antiossidante come l’acido caffeico negli estratti idroalcolici di E. pallida, hanno mostrato attività antivirale contro l’Herpes virus umano di tipo 1 e 2, mediante un meccanismo dose-dipendente. Anche il succo ottenuto per spremitura ha azione antivirale, sia a livello del ciclo replicativo all’interno della cellula infettata, ma anche nella fase di adsorbimento del virus sui recettori proteici della cellula, ovvero nella fase immediatamente precedente alla penetrazione virale (23). Sempre per uso esterno, i prodotti a base di echinacea sembrerebbero esibire proprietà dermopurificanti e attività antirughe (13) (14) (15).
Nonostante quanto detto e nonostante i risultati positivi ottenuti, queste ultime applicazioni non sono ancora state approvate, poiché ulteriori studi clinici sono necessari (15).
Dunque, al momento il settore cosmetico risulta essere decisamente indietro rispetto quello nutraceutico ma, grazie alle diverse proprietà di cui abbiamo parlato fin qui, in commercio sono reperibili diversi prodotti a base di Echinacea soprattutto per la cura della pelle, ma non solo:
- Polveri cicatrizzanti per favorire la guarigione dell’ombelico nel neonato.
- Garze sterili per applicazione oftalmologica.
- Pomate che contrastano arrossamento e irritazioni dovute a stress ambientali come le radiazioni solari che, in più, hanno azione rassodante utile in caso di smagliature ed inestetismi cutanei. Queste sono anche disponibili anche in associazione con altre piante officinali quali Matricaria recutita o Calendula officinalis (28).
- Lavande e gel vaginali, da usare come coadiuvanti durante il trattamento farmacologico delle infezioni del tratto urinario, croniche e acute (29).