L’https://www… rubato e riassegnato 

Secondo quanto riporta l’ANSA nel 2022, in Italia le vendite B2c tramite eCommerce supereranno i 45 miliardi di euro (+14%). Forse complice la pandemia da Covid 19, forse complice la Generazione Z, certo è che il trend delle vendite on line non sembra destinato ad arrestarsi e, come è noto, riguarda anche il settore dei cosmetici. 


Insomma per le aziende, anche per quelle medio piccole, servirsi delle vendite on line è pressoché imprescindibile. Ovviamente il primo passo per strutturare un eCommerce è quello di possedere un domain name, ossia l’indirizzo di un sito internet, che può essere .it, .eu, .com, .net, ecc. 


Normalmente il sito attraverso il quale avviene la vendita on line coincide o contiene il nome della società produttrice dei prodotti che vengono venduti o il suo marchio principale. Il nome a dominio ha quindi una grande importanza e, anche da un punto di vista legislativo, esso è considerato un vero e proprio segno distintivo dell’impresa e un asset aziendale. 


Tuttavia, non è raro che, sfruttando qualche falla, soggetti non autorizzati utilizzino per il proprio profitto domain names uguali/simili o, comunque, confondibili con i nomi a dominio o i marchi altrui in modo, ad esempio, da trarre in inganno il consumatore e deviare sul proprio sito l’utente offrendogli – ovviamente a basso costo - un prodotto non originale o un prodotto originale ma deteriorato/scaduto, con grave lesione, anche dell’immagine, del titolare del marchio. Oppure capita che la registrazione di un domain names uguale/simile al marchio altrui venga effettuata con il preciso scopo di tentare di venderlo, a prezzo di molto maggiorato rispetto al suo costo, al titolare del relativo marchio. 


Questo fenomeno di occupazione abusiva di uno spazio digitale è conosciuto come cybersquatting o, quando esso si basa su errori di battitura di chi naviga che consentono di dirottare l'utente verso un sito differente da quello che egli intendeva raggiungere, di typosquatting. 

Questo comportamento è sicuramente illecito e può essere represso tramite il ricorso all’autorità giudiziaria competente, con i tempi e i costi che una causa comporta, e che ovviamente aumentano quando la controversia deve essere radicata all’estero (ad es. in Cina o in USA). 


Allo scopo di rendere più facile la repressione di tali fenomeni gli enti che si occupano di attribuire i nomi a dominio hanno adottato alcune procedure di carattere amministrativo, sostanzialmente uniformi, attivabili dai legittimi titolari dei marchi per ottenere la riassegnazione o la cancellazione del nome a dominio abusivamente registrato: sono appunto le c.d. Procedure di riassegnazione condotte dai Prestatori del Servizio di Risoluzione delle Dispute (PSRD). 


Per i domain names generici quali ad es. .aero, .asia, .biz, .cat, .com, .coop, .info, .jobs, .mobi, .museum, .name, .net, .org, .pro, .tel and travel sarà necessario seguire le regole create dall’ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) con l’ausilio dell'OMPI (Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale) o WIPO in inglese (World Intellectual Property Orgnitation).  


Regole simili sono state istituite nei diversi Paesi per i domini con estensione territoriale (es. .es, .fr). Per l’estensione geografica .it la procedura dovrà seguire le regole istituite da Registro.it, ossia dall’organismo responsabile dell'assegnazione e della gestione dei domini .it


Tutte le procedure per la riassegnazione dei domini sono piuttosto semplici (si svolgono interamente on line) e veloci. Il costo varia a seconda che la decisione venga presa da un solo membro o da un collegio di tre membri ma esso è comunque decisamente inferiore rispetto ad un procedimento giudiziario. 


Con la procedura in questione, il titolare del marchio può ottenere la riassegnazione del dominio registrato da un terzo al verificarsi cumulativo delle tre condizioni sotto riportate: 

  1. il domain name altrui sia identico/simile al marchio, o altro segno distintivo, del titolare 

  2. il registrante il nome a dominio di cui si chiede la riassegnazione non ha diritti sul domain name oggetto della procedura 

  3. il nome a dominio è stato registrato e utilizzato in malafede. 

Terminata con successo la procedura viene disposta la riassegnazione del nome a dominio al richiedente (per un caso di riassegnazione nel settore cosmetico si veda questo esempio). 


E’ anche utile sottolineare che con un unico procedimento è possibile chiedere la riassegnazione di più domini (si veda ad esempio il caso Amazon che con unica decisione ha ottenuto la riassegnazione dei seguenti 21 domini AMAZOBN.IT, AMAZONH.IT, AKMAZON.IT, AMAZOHN.IT, AMAZOLN.IT, AXMAZON.IT, AMAWZON.IT, AMAZOPN.IT,  AMAZ9ON.IT,  AMAZXON.IT,  AZMAZON.IT,  AMAZ0ON.IT,  AMJAZON.IT,  AMXZON.IT,  AMAZOJN.IT,  XAMAZON.IT,  AMAZSON.IT,  AMAZLON.IT,  QAMAZON.IT, AMAZONJ.IT,  SAMAZON.IT (la decisione si può leggere qui


In sostanza dunque per ottenere il domain name corrispondente al proprio marchio l’azienda ha diverse possibilità: 

  • trattare con il cybersquatter per comprare il nome a dominio (ma spesso le cifre richieste sono molto alte e comunque potrebbero indurre il cybersquatter a ripetere il comportamento illecito) 

  • agire con una procedura di riassegnazione o 

  • adire il giudice ordinario. 

Ovviamente valutare quale strada intraprendere è una scelta che è opportuno effettuare di volta in volta, con l’ausilio di un professionista, e che non potrà prescindere dal reale obiettivo dell’impresa posto che vi sono alcune misure (ad es. risarcimento del danno) che possono essere disposte da un giudice ma non dall’autorità che emette le decisioni di riassegnazione dei domini. 


Ove, tuttavia, l’interesse principale sia quello di interrompere in tempi rapidi l’illecito, la procedura di cui si è detto è una valida alternativa all’intervento dell’autorità giudiziaria che vale la pena di valutare.