Un integratore contro
il logorio della vita moderna?
Tanti fa, ero ragazzino, ad un certo punto mi sono messo a mangiare arance con lo scopo di arricchirmi di Vitamina C. Saputo del mio lodevole intento qualcuno mi disse - non ho mai verificato se la notizia fosse fondata - che per assumere un grammo di vitamina C dovevo mangiare almeno 1 kg di arance. Poiché la cosa diventava complicata e potenzialmente poco salutare per l’acidità del mio apparato digestivo, optai per alcune pastiglie, appunto di Vitamina C che prendevo come fossero caramelle.
Erano gli anni ’70 e sinceramente non ricordo che fossero etichettate come “integratori nutrizionali”: questa dicitura non era ancora, correggetemi se sbaglio, entrata nel lessico comune. Allora si prendevano i famosi “ricostituenti”, termine dal suono vagamente casalingo, in varie forme. Erano anni in cui la televisione non dava spazio a queste cose. Anche perché in effetti non tutti avevano una televisione. Il massimo dell’health ingredient che ricordo era un aperitivo a base di carciofo prescritto “contro il logorio della vita moderna”, questo il claim, da assumere possibilmente seduti ad un tavolino da bar in (non all’) un incrocio di una affollata zona di Milano, all’ora di punta. Erano gli anni dei ricostituenti, appunto, che andavano dal domestico uovo sbattuto col marsala o, proprio quando eri reduce da qualche malanno stagionale, da alcune fiale di complessi vitaminici prescritti dal medico che avevano un gusto talmente gradevole che ti rimettevi rapidamente per smetterla al più presto col processo di ricostituzione.
Ho avuto anche stagioni in cui, non so perché, subivo cicli di dolorose iniezioni di calcio (ricordo ancora la fialetta col liquido rosa e l’infermiera del “dottore” che bolliva siringhe ed aghi) perché, vox populi, “facevano bene”.
Oggi la vita è decisamente meno complicata. Basta una semplice pillola e risolvi tutte le tue necessità o gran parte.
Il problema è semmai quello della scelta.
Dopo la mia esperienza giovanile nella preistoria dell'integrazione, dovevano trascorrere vari anni prima che le analisi del sangue mi avvertissero del fatto che il mio colesterolo doveva essere frenato nella sua esuberanza. E’ stato lì che oltre ad una dieta meno disinvolta, iniziata la mia carriera di nordic-walker, ho cominciato a guardare con un certo interesse l’angolo degli integratori anti-colesterolo al supermercato, solitamente accanto agli yogurt. Un angolo piccolo a dire il vero. Ma tant’è, motivato da una pubblicità convincente, li ho provati e, lo devo dire, con buoni risultati.
Ma il mio impatto definitivo con gli integratori a livello di massa lo avrei avuto anni dopo in un supermercato del New Jersey. Anche questo evento merita una citazione storica.
Durante le mie prime trasferte giovanili negli USA tornavo dai miei viaggi con la valigia piena di dischi introvabili da noi, occhiali Ray-Ban e scarpe Timberland ordinati dagli amici perchè modelli particolari. Una forma di importazione certamente poco ortodossa, lo ammetto, ma quasi sempre benevolmente tollerata dalle autorità competenti.
Trascorsi un po' di anni mi sono trovato a tornare dai miei viaggi americani con la valigia piena di barattoli di integratori. Il tempo aveva impietosamente cambiato il target di consumo mio e dei miei amici.
Ricordo ancora quando, la prima volta in cui mi avventuravo in questi acquisti, indirizzato dagli addetti, mi sono recato non allo scaffale, ma ai lunghi corridoi dedicati a questi prodotti. Scaffali strapieni di ogni dimensione per ogni necessità di ogni parte del corpo per ogni ora del giorno e della notte. Il paradiso per il soggetto caratterizzato da ipercolesterolemia, o altre forme di qualcosa che fosse iper o ipo.
Nel frattempo l’Europa ed il resto del mondo non sono rimasti a guardare. Sorte le prime fiere di settore degli health ingredients, le abbiamo viste crescere di anno in anno in dimensioni traducendosi in una crescente offerta di health products nel mass-market.
Non ricordo bene come e quando sia iniziato questo processo inarrestabile, validamente sostenuto da ingenti investimenti pubblicitari, un processo in continua evoluzione che oggi vede l’Italia tra i protagonisti per produzione e utilizzo.
Detto questo, possiamo parlare di una “moda” per gli integratori?
La mia personalissima opinione è “ni”. Da una parte c’è una indubbia spinta alla diffusione di questi prodotti alimentata dalla pressione pubblicitaria specialmente nelle fasce serali. Dall’altra parte è anche vero che gli aspetti ambientali anche in epoca pre-covid, aspetti davvero caratterizzati dal “logorio della vita moderna” evocato dall’aperitivo di cui sopra negli anni ’60, hanno portato gli health ingredients a lavorare sempre più come tali. Oggi più che mai. Tuttavia sarebbe poco corretto parlare di un fenomeno di consumo a sé stante.
Rischiando di fare il discorso impegnato che vorrei evitare, dobbiamo sicuramente parlare di un processo di crescita culturale e consapevolezza ambientale che ha progressivamente cambiato le abitudini di vita.
Certamente di strada da fare ne abbiamo ancora tanta. Senza contare che i macro-problemi della alimentazione a livello mondiale sono sempre tanti e irrisolti.
Sempre andando sull’onda dei ricordi, anni fa partecipavo ad un congresso sul pharma in un bellissimo paese africano. Quando a pranzo i miei ospiti hanno saputo che mi occupavo anche di functional food, health ingredients mi hanno chiesto chiarimenti e io mi sono lanciato in una appassionata presentazione dei benefici di questi prodotti. Mi hanno lasciato parlare per un po' e alla fine, comunque sempre gentilissimi e sorridenti come sanno essere quelle popolazioni, hanno commentato: “Mr. Fezzardini, è molto interessante. Il fatto è che il problema che abbiamo noi non sono gli integratori alimentari utili per una certa carenza o malattia, certo, ma gli alimenti che mancano”. Non mi sono sentito molto bene in quel momento.
Ma tornando alla precedente osservazione su una presa di consapevolezza diversa, mi viene da pensare che stia crescendo anche la sensibilità nei confronti dei bisogni primari di tante popolazioni.
Lavoro nella chimica e posso testimoniare l’impegno di tante aziende chimiche che sempre più sviluppano attività di sostegno e sviluppo a favore di realtà locali in una ottica di sviluppo sostenibile ed economia circolare. Fatti, non slogan. E questo è straordinariamente incoraggiante. E vorrei fare un salto pindarico del quale mi prendo ogni responsabilità. Forse tendiamo a vedere gli integratori nutrizionali come elementi di sostegno per la salute a favore di un mondo tecnologicamente ed economicamente avanzato. Ma sono certo che questi prodotti abbiano un grosso futuro anche in altre zone della terra perché, questa è l’evoluzione, come un farmaco ha benefici universali, così lo può avere anche un integratore nutrizionale. Per inciso, pensiamo alle tante materie prime di questi prodotti che arrivano da paesi esotici.
Questo per dire che alla fine, se c’è un vero progresso ne beneficiamo tutti. E questa deve essere la nostra prospettiva.
Lo spot pubblicitario in bianco e nero del liquore a base di carciofi consumato in un tavolino piazzato in un incrocio congestionato, liquore che non posso nominare per ovvii motivi, ha avuto un remake in anni recenti.
Alcuni consumatori di questo prodotto (nella realtà fanno parte di una famosa rock band musicale), si trovano a berlo anche loro seduti al famoso tavolino. Il traffico diventa una presenza insostenibile e i componenti della band fuggono prendendo il volo con la bottiglia che nel frattempo si è trasformata in un'astronave.
Forse un integratore non ci farà spiccare il volo.
Ma sicuramente ci aiuterà a combattere il “logorio della vita moderna”.
Giulio Fezzardini
Redazione NH Italia
TKS Publisher
Italia