I METALLI PESANTI NEI PRODOTTI COSMETICI

L’abitudine di decorare con colori la pelle del viso, i capelli, le unghie, gli occhi, le labbra è antica quasi quanto la storia dell’uomo: esistono testimonianze in tal senso risalenti all’epoca degli Egizi e prima ancora dei Sumeri, ma è probabile che sin dal paleolitico uomini e donne utilizzassero minerali per colorare viso e corpo, per ragioni estetiche, di culto o di distinzione sociale [1,2]. 


Nel corso dei secoli l’arte della cosmetica si è evoluta di pari passo con la storia umana, riflettendone i cambiamenti sociali e, non di rado, divenendo manifesto di un pensiero o della necessità di un cambiamento. 

Basti pensare al rossetto che, dopo fortune alterne nel corso della storia (da simbolo di fascino e seduzione a strumento immorale, segno di facili costumi), divenne nel Novecento un simbolo della lotta per l’emancipazione femminile: negli Stati Uniti, per esempio, le suffragette utilizzavano la tonalità di rosso “Montezuma red”, creata da Elizabeth Arden, durante comizi e manifestazioni per ottenere il diritto di voto, facendolo diventare così uno dei simboli di protesta distintivi del movimento femminista di inizio secolo.   

Ancora oggi il rossetto è utilizzato come veicolo per manifestare il diritto alla parità di genere. 


Insomma, il colore come mezzo di comunicazione, più efficace di qualsiasi discorso, più diretto di qualsiasi parola. 


All’evoluzione dal punto di vista sociale si è affiancata – e in modo sempre più marcato da metà Novecento in poi – un’evoluzione dal punto di vista formulativo e soprattutto di qualità degli ingredienti: a partire dagli anni ‘60 del secolo scorso, infatti, si è rivolta una crescente attenzione ai potenziali effetti avversi delle sostanze cosmetiche in generale e dei coloranti in particolare – effetti spesso attribuibili non tanto alla sostanza di per sé, quanto agli eventuali contaminanti in essa presenti. 


    IL COLORE IN COSMETICA: STATUS SOCIALE, RITO E STRUMENTO DI COMUNICAZIONE  

    Risultato del crescente inquinamento ambientale, i metalli pesanti sono ormai onnipresenti nell’ambiente in cui viviamo: li troviamo nella filiera alimentare (nel cibo e nell’acqua), nell’aria che respiriamo, nei vestiti che indossiamo (molti coloranti per tessuti possono contenere metalli pesanti) e, non meno importante, nei prodotti cosmetici [3]. 


    Il motivo della crescente preoccupazione per la presenza di queste sostanze nell’ambiente risiede nel fatto che, qualora assorbite, non possono essere eliminate dal corpo: una volta accumulatisi in organi e tessuti potrebbero, nel lungo periodo, divenire fonte di rischi seri per la salute (problemi renali o epatici, problemi circolatori, danni neurologici, fino allo sviluppo di alcune forme tumorali) [12]. 


    Dal punto di vista strettamente cosmetico, i metalli più frequentemente rilevati a seguito delle analisi di prodotti in commercio (tra cui shampoo, creme, prodotti per il make up) sono mercurio, piombo, cadmio, arsenico e nichel: essi possono generare irritazione e reazioni allergiche a livello locale, per contatto con la pelle, oppure, nel caso peggiore, penetrare per via transcutanea, diffondersi nell’organismo tramite il torrente circolatorio e divenire fonte di tossicità sistemica [4,5,6].   


    La presenza di metalli pesanti all’interno dei prodotti cosmetici non è un fatto recente, legato all’inquinamento ambientale. Quando ancora non se ne conoscevano gli effetti dannosi, molti dei metalli oggi vietati venivano addizionati ai prodotti cosmetici per scopi ben precisi: già presso gli antichi Egizi era conosciuto e utilizzato il solfuro di piombo, per ottenere la colorazione scura per il contorno occhi; nel XVIII secolo si diffuse l’utilizzo del mercurio per schiarire la pelle; a partire dalla seconda metà del XIX secolo lo stesso mercurio veniva utilizzato come base per i rossetti – tanto per citare alcuni esempi.  

    Ciò che è relativamente recente, invece, è la conoscenza dei potenziali rischi avversi per la salute a seguito dell’accumulo di metalli pesanti e dunque la necessità di limitarne il più possibile le fonti di contatto. 


    Ad oggi, il principale pericolo di contatto con i metalli pesanti è rappresentato in cosmetica dai prodotti per le labbra (rossetto, balsamo labbra) e da quelli per gli occhi (mascara, eyeliner, kohl), per via della presenza di tali metalli nei minerali da cui vengono estratti i pigmenti colorati: nel primo caso i contaminanti possono facilmente entrare in circolo per ingestione più o meno involontaria (pensiamo all’abitudine di inumidirsi le labbra), nel secondo caso a seguito del contatto con il liquido lacrimale o per penetrazione transcutanea attraverso la cute estremamente sottile della zona perioculare [4, 15]. 


    Dal punto di vista legislativo, in Europa è in vigore il Regolamento 1223/2009 sui prodotti cosmetici, che ad oggi rappresenta a tutti gli effetti la normativa di riferimento per la sicurezza dei prodotti cosmetici presenti sul mercato dell’Unione Europea.  

    Secondo quanto riportato nel suddetto Regolamento, i metalli pesanti potenzialmente dannosi per la salute umana (Pb, As, Hg, Cd, Ni) sono proibiti nei prodotti cosmetici commercializzabili all’interno dell’Unione Europea (Allegato II).  

    Altri metalli, come lo zinco, l’argento e lo stronzio, sono ammessi ma con particolari restrizioni e per usi ben definiti (per es. come filtri solari), così come i complessi di alluminio presenti nei prodotti antitraspiranti (Allegati III-VI). [7

    A livello internazionale l’Europa adotta i criteri più restrittivi, in un’ottica di maggior tutela della salute del consumatore.  


    A parte Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone e pochi altri Paesi, tuttavia, non esiste a livello mondiale una regolamentazione precisa sui limiti del contenuto di metalli pesanti nel prodotto cosmetico finale - e anche tra i suddetti Paesi le regole non sono uniformi: a titolo esemplificativo, il piombo nei coloranti per capelli è proibito in Europa, mentre negli Stati Uniti lo sarà solo a partire dal 2023 [13]. 


    Inoltre, anche laddove sia proibito l’uso dei metalli pesanti, ne è comunque ammessa la presenza entro certi limiti (comunque nell’ordine dei ppm), quando tecnicamente inevitabile, poiché dovuta all’inquinamento ambientale delle stesse materie prime utilizzate per la formulazione del cosmetico [11]. 

    In altre parole, il divieto di utilizzo di metalli pesanti non ne comporta di per sé l’assenza assoluta nel prodotto finale.  


    A titolo esemplificativo, e a sostegno di quanto appena evidenziato, riportiamo i risultati di una ricerca condotta e pubblicata nel 2011 dall’ente canadese “Environmental Defence” [8], che si occupa di tutela ambientale, su 49 prodotti per il make up, da cui è emersa una presenza tutt’altro che trascurabile di metalli pesanti: nel 20% dei prodotti analizzati sono state rilevate tracce di arsenico, nel 96% di piombo, nel 100% di nichel (vedi Tabella 1). 


    Questi metalli, pur essendo presenti in tracce, possono essere fonte di tossicità cumulativa, se pensiamo all’esposizione che deriva dall’utilizzo contemporaneo di diversi prodotti cosmetici e a quella altrettanto inevitabile che deriva dal cibo che consumiamo. 


    Risultati analoghi sono stati ottenuti in uno studio iraniano pubblicato nel 2019 [10], che ha analizzato il contenuto di piombo, cadmio, arsenico e mercurio in 72 prodotti cosmetici per il make up (18 rossetti, 18 mascara, 18 ombretti e 18 matite per occhi) - metà dei quali autorizzati con certificato FDA, metà invece di contrabbando, provenienti da mercati non regolamentati. Al di là delle differenze nei livelli di concentrazione, che comunque nella maggior parte dei casi risultavano inferiori al limite di legge, tutti e quattro i metalli sono stati rilevati nei prodotti oggetto dello studio. 

    I METALLI PESANTI NEI COLORANTI COSMETICI: DOVE SONO, QUALI SONO I RISCHI E COSA DICE LA LEGGE 

    Tabella 1. % di prodotti con tracce rilevabili di metalli pesanti  

    Fonte: Environmental Defence, test condotto su 49 prodotti cosmetici per il viso [8]

    SONJA BELLOMI

    Fondazione ITS Biotecnologie e Nuove Scienze della Vita Piemonte | Italia

    Bio...

    L’interesse per i prodotti naturali e biologici è enormemente cresciuto negli ultimi anni – sia per un’aumentata attenzione nei confronti dell’ambiente sia per maggiore consapevolezza di ciò che si utilizza nelle pratiche di igiene quotidiana [9].  

    Il risultato di questa maggior sensibilità si è tradotto nella credenza comune e condivisa che naturale equivalga a sicuro, mentre chimico (o di sintesi) equivalga a pericoloso. In realtà, non tutti i prodotti che contengono erbe o minerali possono essere definiti naturali: molto spesso, infatti, il contenuto della frazione naturale risulta esiguo, a fronte dell’aggiunta di sostanze di sintesi a scopo formulativo o di conservazione, colorazione, profumazione ecc.  Inoltre – e come già evidenziato nel paragarafo precedente - anche laddove gli ingredienti naturali o biologici risultino preponderanti, ciò non mette comunque al riparo dalla possibile contaminazione di alcuni di essi con inquinanti e metalli pesanti presenti nell’ambiente.  


    I dati presenti in letteratura scientifica riguardo l’entità della contaminazione delle materie prime cosmetiche sono purtroppo ancora molto carenti. Se però si estrapolano i risultati riguardanti le medesime sostanze utilizzate in ambito farmaceutico o alimentare (pensiamo ad olio di oliva, olio di argan, miele o ancora ad erbe quali equiseto, achillea, ortica) la conclusione non cambia: è pressoché impossibile affermare che un qualsiasi prodotto, indipendentemente dalla destinazione d’uso, sia completamente privo di metalli pesanti. E questo per due ragioni [3]: 

    • la natura ubiquitaria dei suddetti metalli 

    • i limiti di rilevabilità da parte degli strumenti analitici  




    COSMETICI NATURALI: SONO PIÙ SICURI? 

    Nel panorama dei prodotti cosmetici di più recente sviluppo, un cenno particolare va riservato ai nanocosmetici – ossia cosmetici che contengono alcuni ingredienti funzionali in dimensioni nel range dei nanometri – che negli ultimi anni stanno ottenendo crescente popolarità e consenso, per via di una serie di possibili vantaggi: 

    • Migliore protezione dai raggi UV nel caso dei filtri solari (ossido di titanio e ossido di zinco) 

    • Maggiore penetrazione cutanea, per esempio dei prodotti antirughe 

    • Maggiore stabilità della formulazione 

    • Miglior effetto colorante nei prodotti per il make up 

    Tra gli ingredienti funzionali presenti nei nanocosmetici un posto rilevante è occupato proprio dai metalli: l’utilizzo di nanoparticelle di argento (Ag) o di oro (Au) migliora, ad esempio, l’efficacia antibatterica e dunque la conservazione del prodotto, così come le nanoparticelle di rame (Cu) usate in alcuni deodoranti ne migliorano la capacità di neutralizzare gli odori [4]. 


    La maggior penetrazione cutanea dei nanocosmetici, tuttavia, può rappresentare un rischio laddove si traduca in aumentato ingresso anche dei metalli pesanti presenti nel prodotto: nelle zone in cui la cute risulti più assottigliata, quando non addirittura danneggiata (e parliamo non di tagli o escoriazioni ma anche solo di ridotta presenza di barriere difensive, come il film idrolipidico), la penetrazione per via transcutanea ne risulterebbe agevolata – e aumenterebbe di conseguenza il rischio di potenziali effetti avversi. Non solo, esiste la possibilità che questi nanometalli possano essere inalati, a seguito di nebulizzazione di prodotti spray.  


    Purtroppo ad oggi la conoscenza sui possibili effetti avversi dei nanomateriali è ancora insufficiente, sia per problemi di metodo, relativi all’esatta determinazione di presenza e concentrazione, sia perché l’utilizzo recente non consente al momento di avere a disposizione dati sugli effetti dell’esposizione a lungo termine [14]. 

    I NANOCOSMETICI: OPPORTUNITÀ O RISCHIO?  

    La presenza dei metalli pesanti nell’ambiente rappresenta purtroppo una realtà con cui ci interfacciamo quotidianamente e che, sotto alcuni aspetti, risulta ancora sottovalutata. Al di là della sensibilizzazione individuale sulle pratiche per la salvaguardia dell’ambiente – che riguardano tutti senza distinzione – ciò che il consumatore può fare in ambito cosmetico per tutelarsi resta prima di tutto l’acquisto di prodotti certificati, provenienti da mercati in cui esista una regolamentazione efficace e rigorosa sulla qualità sia delle materie prime utilizzate che del prodotto finito.  


    Dal punto di vista della pratica quotidiana, inoltre, senza dover rinunciare al make up, resta buona norma rimuovere accuratamente le tracce di trucco almeno prima di andare a dormire, in modo da ridurre il tempo di contatto col prodotto e dunque il rischio di accumulo di sostanze potenzialmente dannose, che, anche qualora non provochino danni seri, possono comunque essere causa di allergie o irritazioni. 


    Dal punto di vista legislativo, infine, appare sempre più imprescindibile un’armonizzazione della normativa a livello internazionale, a salvaguardia della salute del consumatore, indipendentemente dal luogo di produzione o acquisto del prodotto cosmetico. 

    CONCLUSIONI

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