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I nanocarriers sono fra i più promettenti risultati generati dalle nanotecnologie, un settore in piena e florida crescita da diversi decenni. 

Questa tecnologia è stata applicata con successo allo sviluppo di sistemi di drug delivery allo scopo di superare i limiti legati alle formulazioni tradizionali. Nel settore farmaceutico, i nanocarriers sono protagonisti di numerosi progetti finalizzati al perfezionamento della targhettizzazione, in particolare in campo oncologico (1. 2. 3. 4). 

  


    INTRODUZIONE

    In aggiunta ai numerosi sistemi messi a punto in ambito farmaceutico, alcune caratteristiche espresse dai nanocarriers nel corso dei vari trial per lo sviluppo di farmaci li hanno resi interessanti anche nell’ottica della produzione di cosmetici innovativi.  

    Fra queste, la capacità di potenziare il superamento dello strato corneo della barriera cutanea e il prolungamento dell’intervallo di ritenzione delle sostanze bioattive nei cosmetici funzionali, rispetto ai sistemi convenzionali. La possibilità di trasportare con successo i componenti attivi alle cellule bersaglio e l’opportunità di realizzare, all’occorrenza, sistemi a rilascio controllato o a lungo termine aprono a prospettive interessanti per la skin care (1. 5. 6). 

    L’industria cosmetica se ne è accorta molti anni fa. Risale al 1986 il lancio della prima linea di cosmetici realizzati sfruttando questa tecnologia, Capture di Christian Dior. L’evento ha segnato l’avvio di un percorso di sviluppo ed espansione, che ha portato ad importanti applicazioni (1. 5).  

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    MONICA TORRIANI

    Consulente scientifica | Italia

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    Un secondo aspetto vantaggioso insito nell’impiego di questi vettori è rappresentato dal fatto che i nanocarrier si sono mostrati capaci di migliorare significativamente la gestione dei parametri chimici e fisici in fase di formulazione. 

    Il loro uso permette di aumentare la dispersibilità dei componenti insolubili, la compatibilità dei diversi ingredienti e la stabilità della formulazione. Inoltre, consente di ridurre la vulnerabilità del prodotto nei confronti della luce e del calore.  

    I sistemi costruiti con queste tecnologie evidenziano un’elevata efficienza di incapsulazione, buona capacità di carico e di rilascio di sostanze bioattive.  

    La presenza dei liposomi potenzia significativamente l’uptake cellulare di tali composti, un fenomeno che legittima l’interesse dei produttori di trattamenti anti-aging (1. 7). 

    Tutto ciò assume un valore particolare se inserito nel contesto attuale, nel quale il concetto di sostenibilità ambientale è centrale e imprescindibile. La tendenza di oggi porta, infatti, all’impiego sempre più vario di attivi di derivazione vegetale. Composti che presentano spesso criticità dal punto di vista della solubilità e della stabilità, bassa permeabilità cutanea e tendenza a generare reazioni di tipo irritativo. Tutti aspetti che ne limitano le applicazioni (1). 

    La disponibilità di strumenti come i nanocarriers, che permettono di risolvere efficacemente questi problemi, rimuove gran parte dei freni all’utilizzo di sostanze bioattive di origine vegetale nella produzione di cosmetici funzionali.  

    Un altro dei problemi che subentrano in fase di formulazione è rappresentato dalla difficoltà di impiegare più composti bioattivi, a causa dell’incompatibilità che spesso si crea fra queste sostanze e della conseguente scarsa assorbibilità cutanea che ne deriva. 

    I nanocarriers possono essere caricati di più composti, caratterizzati da diverse proprietà chimico-fisiche, che garantiscono al cosmetico un’azione multipla e sinergica (1).  

    UNA SOLUZIONE A MOLTI PROBLEMI 

    Le tipologie di nanocarriers utilizzate nell’industria cosmetica sono numerose e la loro varietà permette di raggiungere i diversi obiettivi di formulazione (1). 

    Le microemulsioni sono dispersioni isotropiche termodinamicamente stabili formate da olio, acqua e surfattante. Caratterizzate da una dimensione particellare ancora più esigua, le nanoemulsioni sono invece dispersioni colloidali instabili.  

    La presenza del surfattante all’interno delle microemulsioni e delle nanoemulsioni aumenta la quantità di attivo caricabile nel nanocarrier. Tanto per citare un esempio, l’incorporazione di resveratrolo in microemulsione aumenta di ben 23 volte la solubilità di questo attivo rispetto alla sua forma cristallina. Questi sistemi permettono di ottenere una buona permeabilità e buone caratteristiche di idratazione e diffusione sulla superficie della pelle. Per queste ragioni, micro- e nanoemulsioni sono oggi fra i sistemi di delivery non convenzionale più impiegati (8. 9). 

    Di ampio e collaudato utilizzo anche i liposomi, vescicole sferiche autosigillanti con composizione e struttura simile a quella dello strato corneo, capaci di rilasciare le sostanze bioattive in corrispondenza del target site attraverso un meccanismo di scambio lipidico e fusione che ne facilita la penetrazione. I liposomi sono formati da una miscela di lipidi (il componente chiave è la fosfatidilcolina) che, a contatto con la superficie cutanea, forma una pellicola che blocca l’evaporazione dell’acqua. Il potenziamento dell’idratazione dello strato corneo agisce da fattore di promozione per la penetrazione dell’attivo.  

    Per le loro caratteristiche, i liposomi sono il veicolo ideale per incapsulare vitamine (in particolare A, E e K) e antiossidanti (carotenoidi, licopene e Coenzima Q10) e vengono pertanto impiegati per la formulazione di trattamenti anti-aging, idratanti intensivi, filtri solari e trattamenti anti-caduta dei capelli (4. 5. 10).  


    Una frontiera più avanzata delle nanotecnologie è rappresentata dalle nanoparticelle lipidiche, dispersioni colloidali preparate a partire da lipidi solidi (nanoparticelle solide lipidiche, NSL) o cocktail di lipidi solidi e liquidi. Anche in questo caso, il film idrofobico applicato sulla pelle esercita un’azione temporaneamente occlusiva, ostacolando la disidratazione e favorendo la penetrazione degli attivi. Le nanoparticelle lipidiche rappresentano una soluzione molto promettente per diversi ambiti dell’industria cosmetica (11).  

    I cristalli liquidi lipidici possono aumentare la stabilità dell’emulsione e veicolare sia sostanze bioattive idrofiliche che idrofobiche, garantendone un rilascio potenziato e controllato. La struttura esterna delle vescicole presenta micropori idrofilici attraverso cui le sostanze acquose possono fluire per raggiungere il target site. Queste soluzioni consentono la realizzazione di prodotti con spiccata capacità di idratazione e ottima azione schermante per i raggi ultravioletti (12).  


    Un altro esempio di sistemi ad elevata capacità di carico è quello dei nanocristalli, dispersioni colloidali di nanoparticelle con dimensione controllata che permettono di aumentare la solubilità e la velocità di dissoluzione di componenti insolubili. I nanocristalli formano un gradiente di concentrazione spinto sulla superficie cutanea, che facilita la diffusione dell’attivo nella pelle. Possiedono inoltre buone capacità adesive, un aspetto che prolunga il tempo di ritenzione sulla superficie cutanea. 

    I nanocarrier possono essere anche di tipo polimerico, messi a punto impiegando materiali polimerici biocompatibili che penetrano la barriera cutanea passando attraverso i suoi annessi. È l’affinità fra la sostanza bioattiva e il materiale idrofobico contenuto nel nucleo a determinare la capacità dei nanocarrier polimerici di rilasciarla in profondità e la capacità di carico della particella. Questo aspetto impone una progettazione del sistema che sappia individuare l’equilibrio in corrispondenza del quale la capacità di rilascio è ottimale. Fu L’Oréal nel 1995 a lanciare nel mercato il primo esempio di cosmetico a base di nanocarriers polimerici (5). 


    I nanocarriers inorganici sono formati da nanomateriali insolubili o biopersistenti caratterizzati da ampia varietà di composizione, struttura e proprietà. Questa grande categoria comprende le nanoparticelle di biossido di titanio, di oro e di argento, ma anche nanomateriali innovativi come il grafene, tutti caratterizzati da ampie aree superficiali specifiche e buona biocompatibilità (13. 14). 

    Tale tipologia di nanovettori può raggiungere gli strati profondi dell’epidermide e lì accumularsi e trova applicazioni nella produzione di schermi solari, trattamenti anti-aging e altri cosmetici funzionali. 

    UN NANOCARRIER PER OGNI ESIGENZA 

    Il carattere saliente dei nanocarriers è rappresentato dalla dimensione delle particelle, un parametro che influenza profondamente le proprietà chimico-fisiche, la farmacocinetica e la farmacodinamica del prodotto finale.  

    Le diverse metodologie di inserimento dei composti bioattivi nei nanocarriers (dissoluzione, dispersione, incapsulazione, adsorbimento) permettono di ottenere particelle dotate di differenti proprietà chimico-fisiche (solubilità, velocità di dissoluzione, tipologia di cella cristallina, idrofilia/ idrofobia e stabilità) e biologiche (affinità molecolare specifica, biodegradabilità). 

    Ciò influenza, a cascata, i processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed escrezione dei componenti, modifica la modalità con cui l’attivo permea la barriera cutanea, le sue proprietà di targeting, la modalità di rilascio e l’azione cosmetica. 


    PICCOLI TRASPORTATORI, GRANDI ATTITUDINI   

    Sono sostanzialmente 3 i meccanismi con cui i nanocarriers promuovono l’assorbimento delle sostanze bioattive. 

    Il vettore può penetrare attraverso gli annessi cutanei (follicoli piliferi, ghiandole sebacee e sudoripare) e rilasciare gli attivi nel tessuto circostante (11. 15). 

    In un secondo caso, le interazioni fra il nanocarrier e lo strato corneo della pelle promuovono la permeabilità ai composti bioattivi. Si realizza uno scambio di lipidi fra i vettori e lo strato corneo e vengono promosse la fluidità e la polarità del doppio strato fosfolipidico. Tali interazioni alterano l’architettura dei lipidi dello strato corneo modificandone la composizione e indebolendo l’effetto barriera e facilitando, in tal modo, la penetrazione delle sostanze attive. L’effetto è tuttavia temporaneo e non danneggia la struttura (11). 

    Nel terzo caso, che si verifica quando non vengono usati i trasportatori convenzionali, speciali nanocarriers deformabili penetrano oltre lo strato corneo passando attraverso i suoi spazi intercellulari. È possibile modulare la profondità di penetrazione giocando su parametri come la composizione, la struttura, la dimensione e la carica superficiale dei nanocarriers (11).  


    3 MODI PER ATTRAVERSARE LA BARRIERA CUTANEA

    Poiché molti disturbi dermatologici sono correlati ad una disfunzione della barriera epidermica responsabile della riduzione del grado di idratazione della pelle (e quindi di irritazione, prurito e desquamazione), risulta di notevole interesse avere a disposizione prodotti capaci di trattenere acqua. Si può raggiungere questo obiettivo con l’utilizzo di nanocarriers caricati con componenti che agiscono mediante un meccanismo diretto di idratazione (come l’acido ialuronico) o con sostanze che mediano un processo indiretto di tipo parzialmente occlusivo che riduce la perdita di acqua da parte degli strati superficiali della cute (come gli oli vegetali). 

    Tali sistemi si sono mostrati anche utili nel prevenire l’insorgenza di eczemi e altri disturbi (16). 

    Le sostanze bioattive attualmente presenti nei cosmetici mirati a contrastare e prevenire la formazione delle macchie ipercromiche sono penalizzate da problemi quali basse solubilità, stabilità e capacità di penetrazione, e da un aumentato rischio di irritazione cutanea. Problemi che potrebbero essere in parte risolti con l’uso dei nanovettori. Alcuni studi mostrano come le caratteristiche non proprio entusiasmanti del feniletil resorcinolo, uno degli attivi anti-macchie di recente sviluppo, possano essere significativamente migliorate mediante l’incorporazione in nanocarriers (17). 

    È possibile agire in modo analogo con gli antiossidanti destinati alla formulazione di trattamenti anti-aging (uno su tutti il tocoferolo), notoriamente poco stabili, poco biodisponibili, labili all’esposizione alla luce, al calore e all’ossigeno e scarsamente assorbibili a livello cutaneo (18). 

    Un altro esempio è rappresentato dall’ottilmetossicinnamato, ampiamente usato per la produzione di filtri solari ma penalizzato da aspetti quali la fotoinstabilità e la capacità di permeazione molto spinta. La sua formulazione all’interno di liposomi consente di modularne in maniera più uniforme la distribuzione sulla superficie cutanea, migliorando l’attività schermante (19). 


    ALCUNE (DELLE TANTE) APPLICAZIONI 

    Dai numerosi studi pubblicati sulla materia emerge che le applicazioni della tecnologia nanocarrier nella produzione di cosmetici funzionali permette di raggiungere importanti obiettivi: il miglioramento della stabilità e della solubilità dei composti bioattivi e la maggiore capacità di superamento dello strato corneo, finalizzata a condurre le sostanze là dove servono.  

    Questo approccio moltiplica, tuttavia, le complessità nella realizzazione rispetto ai metodi convenzionali. Inoltre, porta con sé criticità tecniche che devono ancora essere affrontate e risolte perché questa metodologia diventi completamente scalabile. Pensiamo ai fenomeni di aggregazione e coalescenza delle particelle, alle perdite di sostanza attiva, al rischio di degradazione dei liposomi.  

    La necessità di usare eccipienti aggiuntivi aumenta poi le difficoltà nel controllo qualità e può alterare la dimensione delle particelle.  

    Vi sono, inoltre, aspetti di sicurezza non trascurabili, in particolare legati alla capacità di penetrazione (e dunque di potenziale assorbimento) di tali sistemi di delivery. Infine, occorre sottolineare che molti dei materiali polimerici usati nella preparazione di nanocarriers sono immunogenici (5). 

    A queste problematiche bisognerà rispondere, parallelamente allo sviluppo di metodologie innovative, anche con un adeguato sviluppo regolatorio (3). 


    GLI ASPETTI CHE MERITANO ANCORA APPROFONDIMENTI 

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