IMPATTO DELLE CREME SOLARI
VITA IN MARE: PROSPETTIVE E SFIDE FUTURE
Gli oceani rappresentano la più grande biosfera del Pianeta. Oltre Il 90% della biosfera del Pianeta si trova sott'acqua, e l’enorme biodiversità di mari e oceani costituisce una fonte inestimabile di beni e servizi che supportano l’intera umanità. Tuttavia, l’intenso sfruttamento delle sue risorse, l’inquinamento e i cambiamenti climatici stanno mettendo a serio rischio la sua integrità. Le Nazioni Unite, le economie internazionali e l’Unione europea considerano oggi la salute degli oceani una priorità di rilevanza globale per lo sviluppo sostenibile del nostro Pianeta. Pertanto, appare sempre più necessario lo sviluppo di un approccio One Health (Una sola salute), dove oceani e mari sani rappresenteranno un prerequisito fondamentale per la salute umana.
Tra i numerosi contaminanti presenti in mare, recenti studi hanno dimostrato che l’effetto dei filtri solari può essere tra i più insidiosi su una grande varietà di organismi acquatici. Conseguentemente, dal 1° gennaio 2021, è entrato in vigore il divieto di commercializzare prodotti solari contenenti octinossano e ossibenzone alle Hawaii, dopo che ne era già stato bandito l’utilizzo nel 2018. Un simile divieto, esteso in alcuni casi ad altri ingredienti cosmetici (e.g., parabeni), è stato adottato anche da località e parchi marini balneari della Florida, del Messico, delle Isole Vergini e della Repubblica di Palau e sono numerosi gli altri paesi al mondo che ne stanno valutando il bando.
INTRODUZIONE
Anche se gli studi sulle scogliere coralline tropicali sono quelli che hanno fatto più clamore, altre indagini hanno dimostrato che le creme solari hanno un impatto negativo su un ampio spettro di organismi acquatici, dal fitoplancton ai pesci, inclusi quelli che troviamo nei fiumi europei e nel nostro Mar Mediterraneo. Ad esempio, prodotti solari contenenti ossibenzone, omosalato e conservanti possono causare alterazioni nello sviluppo del riccio di mare causando anomalie nei suoi embrioni e larve. E c’è dell’altro: non solo octinossano e ossibenzone ma anche altri ingredienti come l’enzacamene e conservanti come i parabeni possono causare il completo sbiancamento dei coralli, anche a bassissime concentrazioni (una frazione di goccia per litro di acqua di mare).
Nella composizione delle creme solari sono presenti anche fragranze, conservanti o altri eccipienti che vanno a finire in mare insieme ai filtri UV, per i quali tuttavia gli effetti restano ancora in gran parte inesplorati. Senza considerare che le conseguenze sulla vita marina sono il risultato dell’interazione tra le varie molecole rilasciate e che la severità dell’impatto può cambiare a seconda dell’organismo considerato e del suo stadio di sviluppo. In sostanza, nonostante la crescente mole di studi scientifici sull’effetto delle creme solari in mare restano ancora molte domande a cui rispondere per poter capire gli effetti della vasta gamma di prodotti solari commercializzati, dei loro tanti ingredienti e di come tutte le differenti forme di vita marina possano rispondere, inclusi i diversi stadi di sviluppo.
CREME SOLARI E VITA MARINA: ANCORA TANTE DOMANDE
Courtesy of Gabriella Luongo
CINZIA CORINALDESI
Top expert mondiale in "Oceans and Seas" | Italia
Bio...
Cinzia Corinaldesi è professore di Biologia Marina presso l'Università Politecnica delle Marche e insegna Applied Marine Ecology al Master internazionale di Marine Biology (IMBRSea). Conduce ricerche riguardanti gli impatti dell'Uomo e dei prodotti per la cura personale sulla biodiversità e sul funzionamento degli ecosistemi marini. Nel 2020, è stata collocata tra i top experts mondiali in "Oceans and Seas" (Expertscape). Ha prodotto oltre 100 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali tra cui Nature, Nature Communications, PNAS, Nature Ecology and Evolution, Science Advances e Nature Communication Biology.
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Sebbene i filtri organici dominino il mercato dei prodotti solari, l’uso di filtri inorganici come ossido di zinco e biossido di titanio sta aumentando perché rappresentano un’alternativa a quelli chimici e conferiscono un ampio spettro di protezione alla nostra pelle contro i raggi UV. Tuttavia, come rivelato da precedenti studi condotti in Mediterraneo, anche questi composti, una volta rilasciati in acqua, possono generare specie reattive dell’ossigeno, rilasciare ioni di metalli tossici e avere effetti deleteri per gli organismi marini.
Filtri come il biossido di titanio e l’ossido di zinco sono risultati dannosi anche per i coralli e le loro alghe simbionti. Inoltre, le nanoparticelle di biossido di titanio e ossido di zinco sono particolarmente dannose per ricci di mare, crostacei, coralli e microalghe rispetto alle particelle di maggiori dimensioni perché a causa della loro taglia ultramicroscopica, che ne permette il trasporto a organi e tessuti, possono causare danni cellulari e alterazioni citoscheletriche (specialmente nelle forme larvali e giovanili). Anche la forma chimica e le caratteristiche del filtro inorganico possono modulare gli effetti sugli organismi marini. Recenti studi hanno rivelato che specialmente le nanoparticelle di ZnO sono dannose per i coralli, mentre il TiO2 “coated” e metal doping ha un impatto molto più basso.
NON SONO DANNOSI SOLO I FILTRI (CHIMICI) ORGANICI
Le evidenze scientifiche sull’impatto dei filtri UV e delle creme solari sulla vita marina hanno costretto l’industria cosmetica a orientarsi in modo sempre più forte verso la produzione di prodotti eco-friendly o reef safe per soddisfare la richiesta dei consumatori che hanno sempre di più la consapevolezza dell’importanza della protezione dell’ambiente. Tuttavia, in molti casi si tratta di autocertificazioni del tutto infondate poiché basate sull’eliminazione di un solo composto ritenuto dannoso dalla formula oppure sull’uso di contenitori riciclabili o addirittura su test di biodegradabilità del prodotto che non riguardano l’ecocompatibilità. Spesso non vengono effettuati dei test rigorosi volti a testare il prodotto nel suo complesso in condizioni tali da riflettere l’ambiente naturale. Per dimostrare se un prodotto solare è realmente ecocompatibile bisogna testare tutti gli ingredienti di una crema solare (non solo i suoi filtri) e il prodotto nel suo complesso. Un esempio classico di prodotti che riportano “fake claims” è quello dei cosmetici che portano l’etichetta “naturale”, ma dalla lettura dell’INCI appare evidente che pochissimi ingredienti dell’intera formula sono naturali. Inoltre, “naturale” non significa che non provochi effetti biologici negativi o tossici; esistono infatti molti prodotti naturali assolutamente pericolosi. Quindi, se da una parte la sensibilizzazione del consumatore e dell’industria nei confronti dell’ambiente sta portando dei frutti positivi con un maggiore impegno verso la sostenibilità ambientale dei prodotti e un continuo fiorire di prodotti eco-compatibili, organici, biodegradabili e naturali, se questi prodotti non sono adeguatamente testati, si rischia solo di ingannare il consumatore, rendendo vano ogni sforzo per migliore la protezione dell’ambiente marino.
CREME SOLARI REALMENTE ECO-COMPATIBILI?
Per riuscire a superare questi limiti e per raggiungere l’obiettivo di Una Sola Salute, quella umana e quella degli oceani, è urgentemente necessaria una maggior cooperazione tra mondo industriale e ricerca in grado di mettere a disposizione le competenze scientifiche multidisciplinari tra cosmetica, cosmeceutica, dermatologia, biologia cellulare ed ecologia marina. Questa cooperazione consentirebbe di produrre non solo creme che offrono una migliore protezione della nostra pelle ma anche di proteggere la vita acquatica e questo sarebbe il punto di partenza per un’ espansione dell’approccio eco-compatibile a tutti i prodotti personal care, di utilizzo domestico e industriale.
SFIDE FUTURE PER UN OBIETTIVO CONDIVISO: ONE HEALTH
ECO-COMPATIBILITA'