PROTEZIONE SOLARE:

LE SFIDE

Abbiamo recentemente pubblicato su HPC today un'interessante tavola rotonda sulla protezione solare. Vari esperti sono stati invitati a discutere le tendenze e gli aspetti più rilevanti della cura della pelle quando esposta al sole. 

Alcuni argomenti sono stati evidenziati e commentati da Uli Osterwalder: li riportiamo per intero nei paragrafi a seguire. I singoli interventi sono invece disponilili a questo link.



    Gli esperti coinvolti sono:

    ULRICH ISSBERNER Director Market Development Suncare Europe, BASF Personal Care Europe

    ENZO BERARDESCA Professor, University of Miami

    PATRICIA MOREIRA Skin Care Product Manager, Chemyunion

    WILMA MCDANIEL Commercial Director, Cutitronics

    FABIENNE BIZERAY Global Strategic Marketing Leader for Skin and Sun, Dow Home and Personal Care

    JÜRGEN VOLLHARDT Head of Science & Promotion Photoprotection, R&D Personal Care, DSM Nutrional Products Ltd., Switzerland

    ENDER SUVACI Professor, Founder & CTIO, Entekno Materials

    JODY JOURDEN Head of Technical Sales & Marketing, NA, EverCare

    TIFFANY QUINN Director of Clinical Services, Floratech

    EILEEN ZHANG Product Manager, Sun Care Solutions, Hallstar Beauty

    SÉBASTIEN MIKSA General Manager, HelioScreen

    TONY GOUGH Technical Service Director, Innospec Ltd

    JODY JOURDEN Head of Technical Sales & Marketing, NA, EverCare

    OLGA DUEVA-KOGANOV Vice-President, Intellebio LLC

    SERGIO STARECZEK R&D, i Product Innovation Technical Manager,  Laboratorios Andrómaco SAICI

    ROMINA ALLEVATO R&D, i Head of Efficacy Test Center, Laboratorios Andrómaco SAICI

    ANDREA MITAROTONDA Consultant

    RAKESH RATNAM Director-Technical  Marketing, Salicylates & Chemical

    RAVIRAJ PILLAI Vice President (R&D), SALICYLATES & CHEMICALS

    CHRISTIAN SURBER Department of Dermatology, University Clinics, Basel and Zurich, Switzerland

    MARIA BARBERO Clinical Trials Manager at Zurko Research

    Nell'ambito della tavola rotonda sono state poste loro le seguenti domande:  

    • I consumatori comprendono i claim riportati sui prodotti solari? L’SPF (fattore di protezione solare) è l’unico parametro (o il più importante) nella valutazione di un prodotto solare? 

    • I filtri solari sono assorbiti dalla pelle? Se si, questo pone un rischio per la salute? 

    • I filtri solari costituiscono una minaccia per l’ambiente? 

    • Esiste il prodotto solare ideale? Qual è il prodotto ideale? E’ sensato proteggersi dalla luce blu, dalla luce visibile o dalle radiazioni infrarosse? L’applicazione topica della protezione solare compromette la produzione di vitamina D? 

    • Conformità: l’importanza delle proprietà sensoriali dei prodotti per la protezione solare. Quali sono i timori dei consumatori rispetto ai prodotti solari? 

    GLI ESPERTI E LE DOMANDE

    ULI OSTERWALDER         

    Sun Protection Facilitator GmbH | Svizzera

    Bio...

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    La procedura di test dell’SPF è globalmente standardizzata dalla norma ISO 24444:2019 e dalla procedura descritta dalla monografia FDA statunitense. La complessità dei test relativi al l’SPF ed alcune differenze intrinseche che derivano da fattori quali la diversità dei soggetti umani, l’applicazione della protezione solare, e dati derivanti dagli stessi soggetti umani, comportano una certa variabilità del metodo, soprattutto fra i laboratori che svolgono tali test. Sebbene i metodi SPF in vitro siano in circolazione da oltre 30 anni, ad oggi, nessun metodo in vitro è stato ritenuto abbastanza accurato da essere considerato come un valido sostituto. Negli ultimi vent’anni, metodi alternativi come il calcolo in silico e test in vivo non invasisi mediante spettroscopia di riflettanza (nota anche come HDRS) si sono fatti strada e potrebbero rappresentare una interessante alternativa. Un metodo di test SPF alternativo dovrebbe rispecchiare le attuali procedure SPF in vivo in termini di accuratezza, intesa come veridicità e precisione (ripetibilità e riproducibilità), dovrebbe essere di facile applicazione per i laboratori ed efficiente dal punto di vista dei costi. “ALT-SPF Consortium” (www.alt-spf.com) è una iniziativa nata da molteplici portatori di interessi con l’obiettivo di valutare e caratterizzare l’SPF rispetto alla norma ISO 24444:2019 per una potenziale sostituzione per quanto concerne la fondatezza dei claim. La notevole variabilità dei metodi in vivo, così come il desiderio di comprendere l’intesa e il comportamento di previsione di metodi alternativi, richiede strumenti statistici molto complessi per analizzare e soprattutto caratterizzarli per l’uso da parte del pubblico. Il loro obiettivo è quello di fornire caratteristiche chiave che consentano una valutazione dell’intesa e la misurazione della riproducibilità, del livello degli errori sistemici con diversi tipi di filtri solari, come emulsioni e prodotti mono-fase e ad altro contenuto solido.



    FATTORE DI PROTEZIONE SOLARE – TEST DELL’SPF

    Il più grande problema in termini di sicurezza è legato all’assorbimento percutaneo dei filtri UV. Sebbene la disponibilità sistemica di alcuni filtri UV sia nota da tempo, questa problematica ha destato particolare attenzione a seguito di uno studio condotto dalla FDA e pubblicato agli inizi del 2019. Le problematiche sorte sono: cosa significa disponibilità sistemica? Le opinioni spaziano da “continuare l’uso di filtri solari” o “vietarli completamente”, per lo meno quelli ritrovati nell’organismo. Dato che l’obiettivo dell’applicazione dei filtri solari è prevenire il danno, quest’ultimo non è giustificato nella misura in cui non vi sono prove che questi filtri UV siano nocivi. Ciò malgrado, ulteriori studi sono necessari e richiesti dalla FDA. Nel frattempo, i dati disponibili sui filtri UV possono essere utilizzati per stimare l’assorbimento percutaneo. L’aspetto di sicurezza non è solo una questione di proprietà chimiche (pericolosità) ma anche di esposizione come disse Paracelso 500 anni fa “La dose fa il veleno”. Ma insieme, pericolo ed esposizione, sfociano nell’approccio di gestione del rischio. Non è dunque una soluzione chiamare i filtri UV solo per il loro potenziale pericolo. Vi è un modo per mantenere bassa l’esposizione selezionando i filtri UV. Affinché i filtri UV abbiano un assorbimento percutaneo molto basso, vi sono due parametri importanti: il peso molecolare e la polarità, espressa come coefficiente di partizione olio/acqua. I filtri UV con assorbimento percutaneo intrinsecamente molto basso o del tutto privi di questo, sono filtri UV particolato, siano essi inorganici o organici. Tuttavia, una tale valutazione è solo una indicazione e non sostituisce una valutazione di rischio dettagliata, come definita per esempio nella legislazione europea.

    SICUREZZA

    L’aspetto ecologico dei filtri solari è diventato una questione importante negli ultimi anni, innescata dalla scomparsa di porzioni di barriere coralline del mondo. Sebbene il riscaldamento globale causato dai cambiamenti climatici sia la causa principale della distruzione delle barriere coralline, i filtri solari e soprattutto alcuni filtri UV sono stati posti sotto i riflettori. I cambiamenti climatici e il conseguente aumento della temperatura dell'acqua sono stati ritenuti responsabili del massiccio sbiancamento dei coralli osservato in tutto il mondo. È importante studiare gli effetti dei filtri UV a tale riguardo. La situazione è analoga per quanto concerne la sicurezza umana, ove sarebbe necessario un approccio di valutazione del rischio.


    Un buon esempio è l'attuale etichettatura dei composti inorganici di zinco come ecotossici per l'ambiente acquatico durante il trasporto. Lo zinco è un elemento essenziale necessario per la crescita e lo sviluppo di tutti gli organismi viventi. L'etichettatura per il trasporto si basa sul profilo di rischio intrinseco per i materiali sfusi ed è determinata principalmente dal rilascio e dalla tossicità di Zn2+. La tossicità osservata è determinata dalla concentrazione e dal tempo di esposizione. Mentre è vero che alcuni studi hanno dimostrato che alte concentrazioni di Zn2+ e lunghi tempi di esposizione possono uccidere le alghe coralline, la maggior parte di questi studi sono stati eseguiti in un sistema di test isolato a concentrazioni irrealisticamente elevate non pertinenti alle concentrazioni e alle condizioni ambientali sul campo. In altre parole, le condizioni di prova sono lontane dall'essere vicine a situazioni di vita reale, quindi è necessario considerare scenari di rischio e di esposizione per le valutazioni di impatto.


    Fortunatamente, nel campo molto più ampio dei filtri UV organici, i principali fornitori stanno ora offrendo profili sempre più ecotossicologici delle formulazioni per la protezione solare per valutare gli effetti ambientali. BASF ha sviluppato uno strumento speciale: l'EcoSun Pass. I filtri UV di una data formulazione vengono valutati in modo trasparente rispetto a 8 endpoint tossicologici; ciò significa che sono possibili miglioramenti nelle formulazioni con o senza ingredienti BASF. DSM ha anche sviluppato uno strumento di eco-profilazione e lo ha integrato direttamente nel suo Sunscreen Optimizer. Ciò consente di ottimizzare le formulazioni solari sia dal punto di vista ecologico che economico.

    AMBIENTE

    La fotoprotezione in qualche modo, è vecchia quasi quanto la civiltà, e all'inizio del XX secolo, lo stile di vita, le pubblicità sui media e le tendenze sociali promuovevano l'abbronzatura come segno di salute e ricchezza. I primi filtri solari rispondevano a questa esigenza fornendo agenti protettivi che consentivano l'abbronzatura senza scottature; un concetto fuorviante ancora presente oggi, poiché entrambe le reazioni biologiche indicano un fallimento della protezione solare.


    Molte culture prevengono le scottature solari, il fotoinvecchiamento e il cancro alla pelle evitando il sole e indossando indumenti protettivi. Questi riducono la radiazione solare in modo uniforme senza favorire né gli UVB né gli UVA. Nel 1991, Brian Diffey ha proposto il principio della protezione uniforme in base al quale il prodotto per la protezione solare attenua le radiazioni in modo uniforme attraverso lo spettro UV.


    La riduzione uniforme della radiazione UVB e UVA, nota anche come “omeostasi spettrale”, attenua la quantità dello spettro naturale della luce solare senza alterarne la qualità, in modo simile alla protezione fornita dai filtri a densità neutra come tessuti a trama fitta o schermature interne. Nei filtri solari, questa protezione dall'omeostasi spettrale è diventata possibile solo negli ultimi due decenni con i nuovi filtri UVA e UV a banda larga. Allo stesso tempo, una protezione uniforme aiuta a produrre più vitamina D rispetto alla protezione contro i raggi UVB.


    Prima della raccomandazione UE del 2006 sulla protezione dai raggi UVA, i filtri solari a base di UVB bloccavano fino a tre volte più sintesi di vitamina D rispetto ai filtri solari con protezione uniforme. Qual è lo step successivo: saranno incluse anche la luce blu, la luce visibile o la radiazione infrarossa (IRA)? Finora c'è solo un caso per la luce blu, come estensione della gamma UV fino a circa 500 nm, specialmente per i tipi di pelle più scuri che sono più suscettibili a pigmentazione indesiderata e al melasma, mentre l'IRA potrebbe effettivamente essere benefica piuttosto che dannosa, basti pensare ai benefici della terapia di fotobiomodulazione. Ecco dunque che abbiamo bisogno di un approccio di gestione del rischio per capire cosa è necessario fare. Inutile dire che una "crema solare ideale" deve anche essere efficiente e sicura e fornire una piacevole esperienza quando applicata.

    IL SOLARE IDEALE

    Il tasso di incidenza del cancro della pelle è ancora in aumento in tutto il mondo e vi è un chiaro legame con un'eccessiva esposizione ai raggi UV. Siamo tutti consci di questo, dunque perché non c'è una giusta attenzione alla protezione solare? La protezione solare è molto più complessa rispetto, ad esempio, all'igiene orale, dove l’aderenza alle buone pratiche è molto soddisfacente in tutto il mondo. L'intensità dei raggi UV varia in base al luogo, alla stagione e al corso della giornata, e cambia anche in base alle condizioni meteorologiche e all'angolazione con cui il sole colpisce la pelle. Studi sul campo effettuati con dosimetri UV hanno dimostrato che la dose che riceviamo, anche durante una vacanza all'aria aperta a Tenerife con un alto indice UV, è di circa 4 dosi minime eritematogene (MED) per una persona di fototipo cutaneo 2. Questo è sufficiente a causare una grave scottatura laddove sprovvisti di protezione. Tuttavia, ci si può facilmente proteggere utilizzando una formula SPF-15 che fornisce solo una dose suberitemica senza arrossamenti evidenti.


    Una formula SPF 50 ridurrebbe l’ irradiazione eritemica ottenuta a meno del 10% per ogni giorno di esposizione. Purtroppo, come dimostrano molti studi sul grado di applicazione, solo il 20% della quantità di crema solare consigliata viene effettivamente utilizzata, risultando in circa un quinto della protezione nominale. Il comportamento personale ha anche un background culturale, come mostra uno studio; in Francia ad esempio, paese che riporta il maggior numero di persone che non usano protezione solare, c'è il desiderio di essere abbronzati e la convinzione che i prodotti per la protezione solare contrastino l'abbronzatura.

    All’altro estremo invece, in Corea, dove il trend sancisce di rimanere pallidi, si registra un tasso di compliance molto alto, dell'88%. Gli intervistati hanno anche affermato che i prodotti per la protezione solare hanno alcune proprietà sgradevoli, come appiccicosità e untuosità quando vengono applicati. Oltre all'educazione, c'è quindi la necessità di sviluppare formulazioni che siano piacevoli da usare, con una sensazione asciutta e proprietà non untuose. A tale riguardo vi sono tecnologie appropriate, come ad esempio i modificatori sensoriali per un tocco asciutto, formulazioni dal design in silico con gestione del carico d'olio, filtri UV pigmentati e filtri UV siliconati, ad esempio polysilicone-15.

    COMPLIANCE

    TAVOLA ROTONDA