Dopo oltre due anni di attesa, il 1° gennaio di quest’anno è entrato in vigore l’obbligo di apporre su ogni imballaggio la c.d. “etichettatura ambientale”.


La normativa di riferimento è stata introdotta in pieno periodo “pandemico” con il D. Lgs. 116 del 2020 che ha modificato l’art. 219, comma 5 del D. Lgs. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente) prevedendo due diverse tipologie di informazioni obbligatorie da comunicare al consumatore finale.


Da una parte, si prevede che venga identificato e classificato ogni singolo materiale utilizzato per la creazione dell’imballaggio, specificandone la natura attraverso la codifica alfanumerica prevista dalla Decisione della Commissione n. 97/129/CE; dall’altra, bisogna informare il consumatore sulla gestione dell’imballaggio quando questo diventa un rifiuto. In altri termini, bisogna fornire al consumatore finale le idonee informazioni per le corrette operazioni di raccolta, riutilizzo, recupero e riciclo dell’imballaggio una volta che questo arriva a fine vita.


Per quanto riguarda la natura dei materiali, la Decisione della Commissione contempla allo stato le seguenti codifiche:

  • Carta e Cartone: PAP 20 (cartone ondulato) 21 (cartone non ondulato) 22 (carta)
  • Plastica: PET 1, HDPE 2, PVC 3, LDPE 4, PP 5, PS 6
  • Vetro: GL 70 (incolore) 71 (colore verde) 72 (colore marrone)
  • Legno: FOR 50
  • Sughero: FOR 51
  • Alluminio: ALU 41
  • Acciaio: FE 40
  • Cotone: TEX 60
  • Juta: TEX 61

È inoltre consentito utilizzare una specifica codifica per gli imballaggi poliaccoppiati o composti (C/ più l’abbreviazione corrispondente al materiale predominante).


Con riguardo invece alle indicazioni sulle modalità di smaltimento del packaging, è diffuso l’orientamento secondo il quale si debbano specificare quantomeno la famiglia del singolo materiale di imballaggio (e quindi ad esempio, FLACONE PLASTICA) e le modalità di raccolta (es. conferire in RACCOLTA DIFFERENZIATA o RACCOLTA PLASTICA).


Tenuto conto delle differenze territoriali esistenti per la gestione della raccolta differenziata è poi sempre consigliabile apporre l’ulteriore indicazione: VERIFICA LE CONDIZIONI DEL TUO COMUNE (o frase analoga).


È bene precisare che l’etichettatura degli imballaggi non rappresenta una novità nel nostro ordinamento poiché già prima del 2020 veniva prevista la possibilità di fornire, a titolo volontario, tali informazioni al consumatore; con l’attuale disciplina tale indicazione è però diventata obbligatoria.


Sebbene sia trascorso un lungo periodo “transitorio” dall’introduzione della disposizione normativa (settembre 2020) alla sua applicazione obbligatoria (1° gennaio 2023) non può non rilevarsi come tale arco temporale abbia consentito, da un lato, alle imprese di potersi adeguare gradualmente e consapevolmente, dall’altro, ai consumatori di abituarsi alla presenza di tali asserzioni e di imparare a comprenderne il significato.


Dal punto di vista operativo, il D. Lgs. 152/2006 non prevede delle specifiche modalità per fornire le indicazioni ma la scelta viene demandata all’impresa che, a tal fine, può avvalersi degli indirizzi interpretativi forniti dal Ministero della Transizione Ecologica (nel frattempo diventato, Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica) con le Linee Guida emanate con Decreto n. 360 del 28 settembre 2022.


Per correttezza, bisogna ricordare che tali Linee Guida ricalcano e richiamano quelle predisposte, e più volte revisionate, dal CONAI che, in questi anni, ha sviluppato anche un apposito sito dedicato all’etichettatura ambientale degli imballaggi, dove è possibile reperire, tra le altre, anche le linee guida dedicate agli imballaggi dei prodotti cosmetici, predisposte unitamente all’associazione di categoria Cosmetica Italia.


Come dicevamo, il Legislatore non ha imposto delle specifiche modalità di apposizione delle informazioni ma ha lasciato all’operatore la scelta di utilizzare le frasi descrittive, piuttosto che disegni o simboli grafici che possano aiutare il consumatore.


Ciò che rileva è che, salvo alcune situazioni particolari, vengano etichettate “tutte” le componenti separabili dell’imballaggio. L’impresa potrà poi utilizzare gli stili grafici, i caratteri e i colori che verranno ritenuti più gradevoli; l’importante è che la comunicazione sia facilmente leggibile e comprensibile.


Ecco un esempio:

“TAPPO PP5”, oppure

“             PP5” + RACCOLTA PLASTICA

Tale libertà di scelta si manifesta particolarmente utile per il mondo dei cosmetici nel quale, come noto, esistono prodotti dalle molteplici forme, contenuti in imballaggi dalle dimensioni più creative e, conseguentemente, difficili da etichettare.


Si pensi a tutti quei prodotti che non sono contenuti in un classico flacone o vasetto, quali ad esempio: matite, rossetti, smalti, bombolette, salviettine ecc. Per tutti questi prodotti non sarebbe agevole apporre per esteso le medesime informazioni ambientali visto che ciascun cosmetico presenta un packaging diverso da quello degli altri.


Ulteriori difficoltà potrebbero poi sorgere anche a causa della carenza di spazio dovuta alle ridotte dimensioni di alcuni imballaggi (quelli aventi capacità inferiore a 125 ml o con superficie inferiore a 25 cm2) sui quali, a ben vedere, si manifesta già la difficoltà di riportare le informazioni obbligatorie previste, per i cosmetici, dal Reg. 1223/2009 (soprattutto quando i prodotti sono destinati a mercati esteri e quindi devono recare le informazioni in più lingue differenti).


Anche al fine di superare tali criticità, il Ministero con le proprie Linee Guida ha espressamente consentito che le informazioni ambientali possano essere fornite tramite canali digitali e quindi ad esempio: siti internet, App, QR code ecc.


In tali casi, non si dovrà quindi riportare sul packaging l’etichettatura ambientale per esteso, ma si potrà apporre una indicazione che istruisca il consumatore sulle modalità di accesso ai canali digitali.


Ecco alcuni esempi di QR code contemplati dal “Vademecum per l’utilizzo dei canali digitali per l’etichettatura ambientale degli imballaggi” pubblicato dal CONAI:

Parlando di obblighi normativi, bisogna necessariamente fare un riferimento anche al trattamento sanzionatorio previsto a carico delle imprese per l’immissione sul mercato di imballaggi privi dei requisiti di cui all'articolo 219, comma 5 D. Lgs. 152/2006.


In tali ipotesi, troverà applicazione la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 25.000 euro.


Appare doveroso puntualizzare che tale sanzione trova riconoscimento solo per i prodotti commercializzati sul territorio italiano; qualora i cosmetici vengano venduti all’estero si dovranno rispettare le disposizioni, in punto etichettatura, stabilite dagli altri Stati membri, con relativo trattamento sanzionatorio.


A completamento della nostra analisi, dobbiamo in ultimo ricordare che, oltre alle informazioni obbligatorie, ogni operatore ha poi la possibilità di vantare anche le eventuali ulteriori caratteristiche ambientali del proprio imballaggio apponendo le c.d. indicazioni volontarie.


A titolo di esempio, si potranno quindi vantare caratteristiche come la riciclabilità, la compostabilità e biodegradabilità dell’imballaggio ecc.


In questo ambito, un utile supporto può individuarsi nella normativa tecnica: ad esempio, UNI EN ISO 14021 per le asserzioni ambientali auto-dichiarate e lo standard europeo EN 13432 per gli imballaggi recuperabili mediante compostaggio o biodegradazione (così come richiesto dall’art. 182 ter D. Lgs. 152/2006).


Si tratta naturalmente di asserzioni che, al pari di quelle obbligatorie, dovranno essere vere e verificabili e soprattutto non dovranno essere fuorvianti per il consumatore.

Diversamente, di potrebbe incorrere nelle ipotesi di greenwashing, condotta ingannevole sempre più al centro dell’attenzione del Legislatore (sia nazionale che europeo) e delle Autorità di Controllo.


Ma di greenwashing parleremo un’altra volta.

 Anche per i cosmetici l’obbligo dell’etichettatura ambientale

Riferimenti bibliografici