Nell’ambito dei lavori per realizzare il passaggio ad un sistema produttivo sostenibile, la c.d. transizione verde, l’attenzione del legislatore comunitario si rivolge anche alla comunicazione e alle informazioni ambientali.

In particolare, sempre maggiore è la necessità, ma forse anche l’urgenza, di disciplinare la comunicazione ambientale sui prodotti, al fine di garantire una informazione chiara e corretta e una tutela dei consumatori dal c.d. greenwashing.

È bene ricordare che con il termine “greenwashing” si intende la pratica commerciale nella quale sono usate asserzioni ambientali non veritiere o non verificabili, ossia la “appropriazione indebita di virtù ambientaliste finalizzate alla creazione di una immagine verde" (1).

Se a livello interpretativo e giurisprudenziale (anche nazionale) gli interventi sul greenwashing sono stati numerosi in questi anni, dal punto di vista normativo, la necessità di una innovazione è emersa con maggiore forza di recente, grazie in particolare al Green Deal e alla strategia Farm to Fork, e più operativamente dai lavori che il legislatore europeo ha avviato negli ultimi tempi.

Ebbene, allo stato, sono sul tavolo delle Autorità due progetti di direttive: la prima sulla responsabilizzazione dei consumatori (2), la seconda direttamente sulle autodichiarazioni ambientali (3).

Prima di rappresentarne i contenuti, sono utili due precisazioni: la prima è che si tratta di proposte di legge, i cui testi rappresentano la prima versione presentata dalla Commissione al Parlamento EU e al Consiglio; in questo senso, bisogna considerare che nell’iter legislativo i testi potranno essere modificati, e solo quelli pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, al termine delle rispettive procedure, rappresenteranno i testi definitivi.

La seconda è che gli atti proposti sono due direttive, e come tali, una volta che saranno pubblicate, dovranno essere recepite negli Stati membri; saranno quindi necessari dei decreti nazionali per dare applicazione alle disposizioni che contengono.

In sostanza, dunque, siamo nella fase iniziale di quella che sarà la disciplina sui green claims.


Venendo comunque ai documenti in progetto, con la prima proposta di direttiva di marzo 2022, la Commissione EU interviene direttamente sulle pratiche commerciali sleali, la cui disciplina è rappresentata a livello europeo dalla Direttiva 2005/29/CE, e a livello italiano dal Codice del Consumo - il D. Lgs. 206/2005.

Il testo prevede l’inserimento di nuove e specifiche definizioni in materia ambientale, come ad esempio quelle di “dichiarazione ambientale”, “dichiarazione ambientale esplicita”, “dichiarazione ambientale generica”, “marchio di sostenibilità”, e “sistema di certificazione” (sul punto dobbiamo segnalare che dai lavori parlamentari di questo aprile, sappiamo essere stati presentati diversi emendamenti tra i quali anche la soppressione di alcune delle definizioni inizialmente proposte dalla Commissione).

Il legislatore prevede poi l’aggiunta dell’impatto ambientale o sociale, oltre che della durabilità e della riparabilità, tra le caratteristiche del prodotto rispetto alle quali le pratiche di un operatore possono essere ritenute ingannevoli; ciò significa che il divieto di indurre il consumatore in errore con dichiarazioni false o fuorvianti riguarda anche caratteristiche, come, appunto, impatto ambientale o sociale, durabilità e riparabilità del prodotto, che hanno una stretta e immediata relazione con i principi della sostenibilità e tutela ambientale, così consolidando la rilevanza dei claims ambientali in tale contesto.


Un altro punto nel quale viene modifica la Direttiva 2005/26/CE è la lista delle pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali, contenuta nell’Allegato della Direttiva 26 e nell’art. 23 del Codice del Consumo.

Si tratta dell’elenco riferito alle pratiche ritenute sleali senza necessità di una valutazione ad hoc e vi verrebbero aggiunte alcune pratiche ambientali come l’esibizione di un marchio di sostenibilità non basato su un sistema di certificazione, la formulazione di una dichiarazione ambientale generica per la quale il professionista non è in grado di dimostrare l’eccellenza riconosciuta delle prestazioni ambientali pertinenti alla dichiarazione, e la formulazione di una dichiarazione ambientale concernente il prodotto nel suo complesso quando in realtà riguarda soltanto un determinato aspetto.


Ora, come detto i lavori sulla proposta sono in corso, ma emerge fin da subito l’intento di rafforzare la protezione dei consumatori da dichiarazioni generiche e non dimostrabili, che hanno verso di loro molto appeal in questo momento storico, ma che potrebbero indurli in errore e metterli nella condizione di fare scelte non consapevoli; allora è necessario per il legislatore regolare il quadro di azione degli operatori in ambito comunicazionale, introducendo definizioni e criteri per indirizzarli a rivendicare i loro pregi ambientali in maniera chiara e contestualizzata.


La seconda iniziativa è più recente: infatti, a marzo 2023 la Commissione ha presentato la Proposta della c.d. Green claims Directives, con la quale, come precisato dalla stessa Commissione, si “affronterà il problema del greenwashing, contrastando le asserzioni ambientali false dirette ai consumatori e ponendo fine alla proliferazione di marchi ambientali pubblici e privati” (4).

Ribadendo la necessità di una armonizzazione, il documento integra, come lex specialis, la direttiva sulle pratiche sleali e si focalizza sulla fondatezza, comunicazione e verifica delle asserzioni ambientali.


La Commissione precisa che “parallelamente alla proposta di direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde del marzo 2022, le nuove norme stabiliscono un regime chiaro per le asserzioni e i marchi ambientali. Esse intendono garantire che i consumatori ricevano informazioni attendibili sulle credenziali ambientali dei prodotti che acquistano” (5).

In particolare, la proposta al momento prevede che gli Stati membri assicurino l’applicazione di requisiti minimi sulla fondatezza e comunicazione delle dichiarazioni ambientali.


La fondatezza delle asserzioni ambientali esplicite e di quelle comparative dovrebbe, infatti, essere basata su una valutazione che soddisfi i criteri minimi individuati nella norma per evitare che le asserzioni siano fuorvianti; ad esempio, dovrebbe basarsi su prove scientifiche riconosciute, utilizzare informazioni accurate e tenere conto delle pertinenti norme internazionali, dovrà dimostrare che gli impatti ambientali, gli aspetti ambientali o le prestazioni ambientali oggetto del claim sono significativi dal punto di vista del ciclo di vita, o ancora che nel caso di dichiarazione sulla prestazione ambientale si tenga conto di tutti gli aspetti ambientali o gli impatti ambientali significativi per la valutazione della prestazione ambientale (6).


Inoltre, gli Stati membri dovranno assicurarsi che i professionisti rispettino specifiche modalità di comunicazione per garantire una maggiore trasparenza; in questo senso, viene richiesto che le informazioni sul prodotto o sul professionista e sulla fondatezza siano rese disponibili insieme al claim sullo stesso supporto (ad esempio etichetta) oppure tramite l’uso dei canali digitali (7).

Questa impostazione sembra ripetitiva, ma è invero un rafforzamento, una conferma di quell’intendo di evitare che vengano usati claims vaghi e generici, non sostanziati.


Altro aspetto affrontato dal legislatore è quello sul controllo e sulle verifiche: gli Stati membri dovranno adottare procedure per verificare che la fondatezza e la comunicazione delle dichiarazioni ambientali siano effettuate nel rispetto della direttiva.

Ciò che viene richiesto è che sia svolta una valutazione ex ante, al termine della quale il soggetto verificatore emetterà un certificato di conformità alla Direttiva della dichiarazione ambientale esplicita, o dell’etichettatura ambientale (il certificato, come chiarito, non dovrà pregiudicare la valutazione della dichiarazione ambientale fatta da parte delle Autorità o dei Tribunali nazionali).

In sostanza, questa seconda proposta di direttiva intende disciplinare i green claims sotto un ulteriore aspetto, rafforzando sia gli elementi che gli operatori dovranno tenere in considerazione nella fase di ideazione e realizzazione di claims ambientali, sia le misure di controllo e i compiti dei soggetti competenti per la loro verifica.


Come detto, siamo in una fase iniziale dei lavori ed è anche presumibile che i testi attuali subiranno modifiche e cambiamenti; intanto, però, è ben chiara la volontà di andare verso una comunicazione ambientale più strutturata e più contestualizzata per evitare il fenomeno del greenwashing, che non risponde alle esigenze di chiarezza e completezza verso il consumatore.

Transizione verde e greenwashing: aggiornamenti legislativi 

Riferimenti bibliografici