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dalla scienza
a cura della redazione di
NUTRA HORIZONS

La genetica dell'ospite rappresenta un fattore di rischio chiave per lo sviluppo della sindrome dell’intestino irritabile (IBD). Un recente studio, pubblicato su Science Immunology, ha dimostrato che il gene OTUD3 protegge l’intestino dall’infiammazione...
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Gene OTUD3: possibile correlazione tra microbioma e IBD
Un recente studio, pubblicato su Cell, ha evidenziato come il microbiota intestinale svolga un ruolo chiave nel supportare gli effetti benefici dell’esercizio fisico nella lotta contro il cancro, suggerendo la possibilità di utilizzare il formiato, un composto che...
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Microbiota intestinale e sport alleati contro il cancro
Abitudini alimentari e rischio di fratture da osteoporosi: trovata possibile relazione
Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the Endocrine Society ha evidenziato una relazione tra abitudini alimentari e rischio di fratture da osteoporosi. Per chiarire la relazione tra rischio di fratture da osteoporosi. Per chiarire la...
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Integrazione di vitamina D per contrastare l’invecchiamento biologico
L’integrazione di vitamina D potrebbe offrire una protezione contro l'invecchiamento biologico. Secondo i risultati di un recente studio pubblicato sull’ American journal of clinical nutrition, la supplementazione, infatti, sarebbe in grado di mantenere integri i telomeri, strutture protettive situate alle estremità dei cromosomi...
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Impatto della composizione del microbioma intestinale sul processo decisionale sociale
Ci sono sempre più prove che dimostrano il ruolo del microbioma intestinale nella regolazione del comportamento socio-affettivo negli animali e nelle condizioni cliniche. Tuttavia, se e come la composizione del microbioma intestinale possa influenzare il processo decisionale sociale in condizioni di salute rimane tuttora sconosciuto...
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La combinazione del 7,8-diidrossiflavone con la vitamina B6 potrebbe aiutare a preservare la funzione cognitiva
La vitamina B6 è un nutriente importante per una funzione cerebrale ottimale, la sua carenza è collegata a una compromissione della memoria, dell'apprendimento e dell'umore in vari disturbi mentali. Nelle persone anziane, la carenza di vitamina B6 è anche associata al declino della memoria e alla demenza. Sebbene...
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Zschimmer & Schwarz annuncia la vendita di Bregaglio S.r.l. in Italia a 2M Holdings Group (2M)
La vendita avviene sulla base di una chiara strategia per il futuro del Gruppo Zschimmer & Schwarz. L’azienda, attiva a livello globale, fornitore di specialità chimiche e ausiliari, si sta concentrando sempre più nella divisione Personal Care. Martin Haberl, Direttore Generale di Zschimmer & Schwarz, sottolinea: “Siamo lieti di aver trovato una nuova e forte casa per Bregaglio con 2M. In Zschimmer & Schwarz ci stiamo concentrando completamente sulla nostra strategia e su ciò che ha contraddistinto la nostra azienda per oltre 125 anni: lo sviluppo di prodotti di alta qualità e tailor made". Bregaglio fa parte...
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La genetica dell'ospite rappresenta un fattore di rischio chiave per lo sviluppo della sindrome dell’intestino irritabile (IBD). Un recente studio, pubblicato su Science Immunology, ha dimostrato che il gene OTUD3 protegge l’intestino dall’infiammazione prevenendo l’eccessiva attivazione del pathway immunitario STING. Gli studiosi hanno scoperto che la perdita del gene aggrava la colite nei topi promuovendo l'attivazione patologica di STING. Questi risultati dimostrano che OTUD3 può proteggere dalla colite ulcerosa, prevenendo l'eccessiva attivazione di STING in risposta alla disbiosi intestinale, aprendo così le porte per il possibile sviluppo di nuove terapie.
Foto di PixelAnarchy da Pixabay

Un recente studio, pubblicato su Cell, ha evidenziato come il microbiota intestinale svolga un ruolo chiave nel supportare gli effetti benefici dell’esercizio fisico nella lotta contro il cancro, suggerendo la possibilità di utilizzare il formiato, un composto che favorisce la capacità del sistema immunitario di attaccare i tumori, come potenziale bersaglio per aumentare l’efficacia dei trattamenti antitumorali.
Per capire il meccanismo con cui l’esercizio fisico modifica il microbiota contribuendo direttamente ai suoi effetti antitumorali, i ricercatori della School of Medicine dell’Università di Pittsburgh hanno studiato come l’esercizio fisico influenzi lo sviluppo del cancro analizzando i cambiamenti nel microbiota intestinale dei topi e il loro effetto sull’immunità antitumorale. Gli studiosi hanno creato una routine di esercizi controllata su tapis roulant e hanno poi testato l’efficacia di questo programma in un modello di melanoma. Dai risultati ottenuti è emerso che l’esercizio fisico regolare riduce la crescita tumorale e aiuta i topi a vivere più a lungo.
Un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Journal of the Endocrine Society ha evidenziato una relazione tra abitudini alimentari e rischio di fratture da osteoporosi. Per chiarire la relazione tra rischio di fratture da osteoporosi e frequenza di consumo della colazione e orari di assunzione della cena, è stato eseguito uno studio retrospettivo di coorte utilizzando i dati estratti dal database giapponese DeSC. Si tratta del primo studio che dimostra come saltare la colazione e cenare tardi siano fattori indipendenti associati a un rischio più elevato di fratture osteoporotiche, oltre ai fattori di rischio convenzionali (come età, sesso e familiarità) utilizzando un ampio campione di persone sottoposte a controlli sanitari. Saranno necessari ulteriori ricerche per approfondire la relazione tra orari di assunzione della cena e metabolismo osseo, nonché di valutazione dell’efficacia di interventi mirati a correggere le abitudini alimentari.
Foto di ENES KOÇ da Pixabay
Tra i 415.737 partecipanti privi di malattie cardiovascolari, sono stati identificati 18.367 pazienti con fibrillazione atriale incidente, 22.636 con eventi cardiovascolari avversi maggiori e 22.140 decessi durante il follow-up. Gli individui senza malattie cardiovascolari note che assumevano regolarmente integratori di olio di pesce avevano un rischio del 13% più elevato di sviluppare la fibrillazione atriale e del 5% più elevato di avere un ictus rispetto a coloro che avevano una buona salute cardiaca ma non usavano l'olio di pesce.
Tuttavia, i soggetti affetti da malattie cardiovascolari che utilizzavano gli integratori avevano un rischio inferiore del 15% di passare dalla fibrillazione atriale all'infarto e del 9% di passare dall'insufficienza cardiaca alla morte. Il rischio di passare da un buono stato di salute a un infarto, un ictus o un'insufficienza cardiaca era del 6% più alto tra le donne che assumevano omega 3 e del 6% più alto tra i non fumatori. L'effetto protettivo dell'olio di pesce sul passaggio dalla buona salute alla morte era maggiore negli uomini e nei partecipanti allo studio più anziani.
Nel complesso, i dati hanno dimostrato che l'uso regolare di integratori di olio di pesce potrebbe essere un fattore di rischio per la fibrillazione atriale e l'ictus nella popolazione generale, ma potrebbe essere vantaggioso per la progressione della malattia cardiovascolare dalla fibrillazione atriale agli eventi cardiovascolari avversi maggiori e dalla fibrillazione atriale alla morte. Sono necessari ulteriori studi per determinare i meccanismi precisi per lo sviluppo e la prognosi di episodi di malattia cardiovascolare con l'uso regolare di integratori di olio di pesce.

Un recente studio condotto dall’Università di Toronto, e pubblicato su Jama Network Open, evidenzia la correlazione tra l’assunzione di alimenti ultra-processati in età pre-scolare e predisposizione all’obesità in età adulta, soprattutto nei maschi.
In questo studio, sono stati seguiti per due anni 2.217 bambini dai 3 ai 5 anni d’età (53% maschi, 47% femmine) raccogliendo informazioni alimentari, status sociale, BMI e di indice di adiposità in schiena e braccia.
I risultati ottenuti in questo studio prospettico, il primo a esaminare le conseguenze di una precoce esposizione a cibo ultra-processato nell’aumento di peso di bambini dai 3 ai 5 anni, suggeriscono l’esigenza di avere una maggiore attenzione al cibo fin dalla prima infanzia.
Foto di Henk van der Steege su Unsplash
La compromissione dell'autofagia, che comprende l'alterazione della mitofagia e della funzione lisosomiale, svolge un ruolo fondamentale nella malattia di Alzheimer (AD). L'urolitina A (UA), sostanza presente in natura nei melograni, è un metabolita microbico intestinale dell'acido ellagico che stimola la mitofagia. Gli effetti del trattamento a lungo termine dell'AD con UA e i meccanismi d'azione sono sconosciuti.
Un nuovo studio pubblicato su Alzheimer's & Dementiaha affrontato queste domande in tre modelli murini di AD con approcci comportamentali, elettrofisiologici, biochimici e bioinformatici.
I ricercatori avevano precedentemente rivelato che una molecola specifica, il nicotinamide riboside (integratore NAD), svolge un ruolo chiave nelle malattie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson, in quanto aiuta attivamente a rimuovere dal cervello i mitocondri danneggiati.
I risultati del nuovo studio dimostrano che l'UA rimuove i mitocondri deboli dal cervello con la stessa efficacia dell'integratore NAD.
Il trattamento a lungo termine con UA ha migliorato significativamente l'apprendimento, la memoria e la funzione olfattiva in diversi topi transgenici AD. L'UA ha inoltre ridotto le patologie da amiloide beta (Aβ) e tau e ha rafforzato il potenziamento a lungo termine. L'UA ha indotto la mitofagia attraverso l'aumento delle funzioni lisosomiali. L'UA ha migliorato la funzione lisosomiale cellulare e ha normalizzato le catepsine lisosomiali, soprattutto la catepsina Z, per ripristinare la funzione lisosomiale nell'AD, indicando il ruolo critico delle catepsine negli effetti terapeutici indotti dall'UA sull'AD.
Il vantaggio di lavorare con una sostanza naturale consiste nella riduzione del rischio di effetti collaterali. Diversi studi hanno finora dimostrato che l'integrazione con il NAD non ha effetti collaterali gravi. Le conoscenze sull'UA sono più limitate, ma gli studi clinici condotti con questa sostanza si sono rivelati efficaci nella malattia muscolare.
Nel complesso, lo studio evidenzia l'importanza della disfunzione lisosomiale nell'eziologia dell'AD e sottolinea l'elevato potenziale traslazionale dell'UA.
Foto di Arjun Kapoor su Unsplash

L’integrazione di vitamina D potrebbe offrire una protezione control'invecchiamento biologico. Secondo i risultati di un recente studio pubblicato sull’ American journal of clinical nutrition, la supplementazione, infatti, sarebbe in grado di mantenere integri i telomeri, strutture protettive situate alle estremità dei cromosomi. Il progressivo accorciamento dei telomeri, infatti, è un processo naturale associato all'invecchiamento. Rispetto al placebo, l'assunzione di integratori di vitamina D3 ha ridotto significativamente l'accorciamento dei telomeri nell'arco di quattro anni. Questa protezione equivale ad accorciare di quasi tre anni l’invecchiamento rispetto al gruppo placebo.
Haidong Zhu, primo autore del lavoro, ha affermato: “Questi risultati suggeriscono che un'integrazione mirata di vitamina D potrebbe essere una strategia promettente per contrastare il processo di invecchiamento biologico, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche”.
Ci sono sempre più prove che dimostrano il ruolo del microbioma intestinale nella regolazione del comportamento socio-affettivo negli animali e nelle condizioni cliniche. Tuttavia, se e come la composizione del microbioma intestinale possa influenzare il processo decisionale sociale in condizioni di salute rimane tuttora sconosciuto.
Per comprendere meglio il ruolo modulatore che il microbioma intestinale può svolgere nella cognizione e nel comportamento sociale, uno studio pubblicato sulla rivista PNAS Nexus ha esaminato se l'assunzione di pro- e pre-biotici possa influenzare i livelli di punizione altruistica.
Per sette settimane, 51 partecipanti hanno assunto integratori simbiotici contenenti i batteri benefici Lactobacillus e Bifidobacterium. Altri 50 partecipanti fungevano da controllo e assumevano dei placebo.
Prima e dopo le sette settimane di assunzione dell'integratore alimentare, ai partecipanti è stato chiesto di giocare al gioco dell'ultimatum, un compito di economia comportamentale storicamente utilizzato per valutare la contrattazione e il comportamento altruistico.
Nel gioco, un giocatore controlla un monte di denaro e può offrire una parte a un secondo giocatore. Il secondo giocatore può accettare l'offerta e prendere il denaro oppure può rifiutarla, nel qual caso nessuno dei due riceve denaro. Il rifiuto di un'offerta ingiusta viene interpretato come una punizione altruistica, in quanto chi rifiuta sacrifica la piccola quota offerta per punire il primo giocatore per essere stato poco generoso.
I giocatori che hanno assunto gli integratori alimentari erano più propensi a rifiutare le offerte. In particolare, i giocatori che hanno assunto gli integratori erano più propensi a rifiutare le suddivisioni del 30%-40%; tutti i giocatori tendevano a rifiutare le suddivisioni molto disuguali.
I giocatori che all'inizio dello studio presentavano un elevato rapporto tra Firmicutes e Bacteroidetes hanno registrato i maggiori cambiamenti sia nella composizione dell'intestino che nei tassi di punizione altruistica. I risultati hanno mostrato che gli integratori aumentavano la disponibilità dei partecipanti a rinunciare a un compenso monetario in caso di trattamento ingiusto. Questo cambiamento nel processo decisionale sociale era correlato a variazioni dei livelli sierici a digiuno del precursore della dopamina, la tirosina, proponendo un potenziale collegamento meccanicistico lungo l'asse intestino-microbiota-cervello-comportamento. Questi risultati migliorano la nostra comprensione del ruolo bidirezionale delle interazioni corpo-cervello nel processo decisionale sociale e del perché gli esseri umani a volte agiscono in modo “irrazionale” secondo la teoria economica standard.
Lo studio ha dimostrato che un intervento dietetico è in grado di modificare la composizione del microbioma intestinale, che a sua volta può cambiare le decisioni delle persone in un classico dilemma sociale: l'equità diventa più importante quando si è deciso di accettare o rifiutare diverse contropartite monetarie. I risultati forniscono prove causali degli effetti della composizione del microbioma intestinale sul processo decisionale sociale e indicano un ruolo della tirosina, precursore della dopamina. Forniscono nuove conoscenze sul ruolo dell'asse microbioma-intestino-cervello per il comportamento sociale e sottolineano l'importanza di una dieta equilibrata con potenziali implicazioni per l'istruzione e la politica.
Lo studio ha utilizzato solo partecipanti di sesso maschile con un indice di massa corporea (IMC) compreso tra 20 e 34 e che non seguivano una dieta speciale, come quella vegana, priva di glutine o legata alle allergie, poiché uno stile di vita di questo tipo avrebbe limitato la generalizzabilità dei risultati. Ulteriori studi potrebbero verificare gli effetti su campioni più eterogenei e su diete diverse.
Foto di OpenClipart-Vectors da Pixabay

La vitamina B6 è un nutriente importante per una funzione cerebrale ottimale, la sua carenza è collegata a una compromissione della memoria, dell'apprendimento e dell'umore in vari disturbi mentali. Nelle persone anziane, la carenza di vitamina B6 è anche associata al declino della memoria e alla demenza. Sebbene questo sia noto da anni, il ruolo preciso della vitamina B6 in questi disturbi e la possibilità di utilizzare integratori per trattarli o prevenirli sono ancora poco chiari.
Il motivo è in parte dovuto al fatto che la vitamina B6 è in realtà un termine generico per un piccolo numero di molecole molto simili e intercambiabili. Solo una di queste è “bioattiva”, cioè ha un ruolo biologico nelle cellule. Tuttavia, mancano strategie terapeutiche mirate ad aumentare solo la forma bioattiva della vitamina B6.
Uno studio eseguito in precedenza ha dimostrato che l’alterazione del gene di un enzima chiamato piridossal fosfatasi, che scompone la vitamina B6, migliora la memoria e l'apprendimento nei topi. Per verificare se questi effetti potessero essere riprodotti da sostanze simili ai farmaci, Brenner, Zink, Witzinger et al. hanno utilizzato diversi approcci biochimici e di biologia strutturale per cercare molecole che si leghino alla piridossal fosfatasi e la inibiscano.
I nuovi esperimenti, pubblicati recentemente su Elife hanno dimostrato che una molecola chiamata 7,8-diidrossiflavone - che in precedenza si era rivelata in grado di migliorare la memoria e l'apprendimento in animali da laboratorio con disturbi cerebrali - si lega alla piridossal fosfatasi e ne inibisce l'attività. Il risultato è stato un aumento dei livelli di vitamina B6 bioattiva nelle cellule cerebrali di topo coinvolte nella memoria e nell'apprendimento.
I risultati del gruppo dell’Università di Würzburg suggeriscono che l'inibizione della piridossal fosfatasi per aumentare i livelli di vitamina B6 nel cervello potrebbe essere utilizzata insieme agli integratori. L'identificazione del 7,8-diidrossiflavone come promettente farmaco candidato è un primo passo verso la scoperta di inibitori della piridossal fosfatasi più efficaci. Questi costituiranno utili strumenti sperimentali per studiare direttamente se l'aumento dei livelli di vitamina B6 bioattiva nel cervello possa aiutare le persone affette da condizioni di salute mentale associate a disturbi della memoria, dell'apprendimento e dell'umore.
Foto di Total Shape da Pixabay

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