LA FITOTERAPIA

PER LA SALUTE DELLO STOMACO

Nel precedente numero è stata introdotta l’importanza delle piante medicinali che, a livello farmaceutico e come integrazione alimentare, possono essere utili per i disturbi gastrici. 

In questo numero parleremo in particolare di 3 piante medicinali che meritano di essere conosciute meglio in ambito gastroenterologico: camomilla e liquirizia per i sintomi infiammatori e il cumino nero per il suo potenziale antibatterico. 

Camomilla e liquirizia vedono il loro razionale d’impiego valorizzando al massimo il concetto di meccanismo multitarget di un fitocomplesso, poiché possono vantare un effetto antinfiammatorio aspecifico, diverso da quello degli antinfiammatori non steroidei (FANS), senza alterare i livelli di prostaglandine che garantiscono la protezione mucosale. 

In Italia e in Europa il cumino nero è ancora poco utilizzato nel settore gastroenterologico e i prodotti sul mercato sono ancora limitati, ma la speranza è che sulla spinta dalle evidenze scientifiche si possa avere presto un cambio di rotta con lo sviluppo di prodotti titolati e di qualità. 


    INTRODUZIONE E RIASSUNTO DELLA 1a PARTE

    CAMOMILLA E LIQUIRIZIA

    Tra le piante medicinali amiche dello stomaco ne troviamo due tra le più note e allo stesso tempo meno conosciute: camomilla e liquirizia. Per queste piante, infatti, un inquadramento fitochimico e farmacologico aggiornato è senz’altro utile per comprendere il loro potenziale fitoterapico. 

    La camomilla (Matricaria chamomilla L. infiorescenze) ha un fitocomplesso molto ampio e affascinante composto dalla caratteristica frazione volatile e odorosa (ricca nel caratteristico composto blu camazulene, dalla degradazione della matricina, e α-bisabololo e ossidi A e B), una grande quantità di polifenoli, tra cui prevalgono i glicosidi di apigenina, luteolina e quercetina, e ancora polisaccaridi complessi. La completezza del fitocomplesso è ottenibile solo utilizzando tutto il fiore della camomilla, poiché il bisabololo e la luteolina sono presenti soprattutto nei fiori tubulari gialli (il centro del fiore), ma il camazulene e l’apigenina sono soprattutto presenti nei fiori ligulati bianchi (i cosiddetti “petali”) (1); per questo motivo, la Farmacopea Europea riporta come elemento di qualità per la camomilla la presenza minima di 4 ml/Kg di essenza di colore blu e non meno dello 0,25% di apigenina-7-glucoside. 

    Le preparazioni di camomilla, in particolare la più semplice rappresentata dall’infuso, ma anche alcuni estratti alcolici tra cui l’estratto fluido (rapporto droga:estratto 1:1) e la tintura (1:5), sono utilizzati come integrazione alimentare, ma sono presenti in molti stati europei anche come farmaci registrati proprio per il trattamento dei disturbi gastrointestinali non severi; con questa indicazione, in Germania e Repubblica Ceca, droga in taglio tisana e estratti liquidi sono presenti sul mercato addirittura da oltre 50 anni.  

    Le preparazioni di camomilla sfruttano la presenza di polisaccaridi che abbiamo già visto possedere attività gastroprotettiva, ma anche l’azione antiossidante e antinfiammatoria dei polifenoli e del bisabololo, come confermato anche sperimentalmente su modelli animali (2). La frazione terpenica e quella polifenolica della camomilla hanno anche una importante attività spasmolitca che si traduce nel miglioramento della capacità di svuotamento gastrico e nel favorire la distensione delle pareti addominali (3).  

    Le proprietà della camomilla ne giustificano il suo uso anche in alcune combinazioni di più piante medicinali che sono molto conosciute e utilizzate in gastroenterologia, come ad esempio il farmaco STW-5 (4). 

    La camomilla è usata all’occorrenza, soprattutto sottoforma di infuso, in caso di sensazione di pienezza, “bruciore di stomaco” e gonfiore addominale e anche con uno schema posologico più prolungato, fino a 8 settimane, per gestire condizioni di gastrite non complicata; in questi casi si ricorre all’uso di 2-3 tazze al giorno di infuso oppure, come esempio di uso di una preparazione liquida, 10-20 gocce x 3 volte al giorno di estratto fluido (1).  


    La liquirizia (Glycyrrhizaglabra L. organi sotterranei) è una pianta medicinale di enorme importanza farmaceutica, conosciuta e apprezzata fin dall’antichità in tutti i sistemi di medicina tradizionali, sia in Asia che in Europa. Gli organi sotterranei della liquirizia, radici e stoloni, contengono moltissimi triterpeni pentaciclici glicosilati, di cui il principale è l’acido glicirrizinico (o glicirrizico) (in quantità non inferiore al 4% per avere una qualità secondo Farmacopea Europea); la miscela di sali di Ca, K, Mg e ammonio dell’acido glicirrizinico è definita glicirrizina (5). La frazione triterpenica della liquirizia ha una forte azione simil-cortisonica e attività endocrina per cui sono note le sue proprietà antinfiammatorie, ma anche quelle ipertensive. Questo ultimo effetto, certamente da inquadrarsi anche per i rischi connessi all’uso del soggetto iperteso, ha di fatto creato diffidenza verso questa pianta medicinale, anche a livello gastrico, dove dovrebbe avere invece un posto molto più importante di quello che ha. Infatti, a livello dello stomaco la liquirizia produce un chiaro effetto protettivo, anti-infiammatorio e anti-ulcera, non solo per effetto della glicirrizina, ma anche per quello di altri suoi costituenti, spesso trascurati, come i polisaccaridi (di nuovo!) e particolari flavonoidi come la glabridina, la liquiritina e la isoliquiritina. I flavonoidi della liquirizia regolano la secrezione acida dello stomaco e mantengono una buona capacità antiossidante e antinfiammatoria ed è da queste considerazioni che, almeno da 40 anni, sono stati realizzati estratti di liquirizia “deglicirrizinati”, privi di effetto ipertensivo e specificatamente usati nelle infiammazioni gastriche (6).  

    Come descritto nell’Assessment EMA, la liquirizia deglicirrizinata è stata testata in studi clinici randomizzati e controllati in pazienti con gastrite cronica e anche nell’ulcera peptica con una riduzione dei sintomi a partire dalla terza settimana di trattamento (5). L’uso della liquirizia deglicirrizinata si è dimostrata efficace nel breve termine quanto gli antiacidi, ma nella riduzione persistente dei sintomi tanto quanto farmaci antistaminici come la cimetidina (7). 

    Queste preparazioni non hanno ancora ottenuto la registrazione farmaceutica, ma sono autorizzate in Europa e gran parte del mondo nel settore dell’integrazione alimentare.  

    Sono sul mercato estratti titolati fino al 10% in flavonoidi totali; secondo le preparazioni e la titolazione, i dosaggi giornalieri più consueti vanno dai 150 ai 1500 mg (8).  

    IL CUMINO NERO: NIGELLA SATIVA L.

    Una spezia meno nota, ma attualmente di grande interesse, è poi Nigella sativa L., anche nota come cumino nero, i cui semi sono tradizionalmente utilizzati in cucina e in diversi sistemi di medicina tradizionale, in particolare nei Paesi Arabi, nel subcontinente indiano e in alcune zone d’Europa. Ad oggi la letteratura è concorde nell’attribuire le proprietà di questa pianta alla porzione terpenica volatile dei semi e soprattutto al timochinone (9). A livello gastrico, il cumino nero sta interessando molto la comunità scientifica soprattutto per il suo possibile impiego in associazione all’antibiotico-terapia nell’eradicazione di Helicobacter pylori (HP). Sono presenti in letteratura studi di tipo pre-clinico, ma anche alcuni studi sull’uomo che hanno fornito interessanti risultati. In uno studio in doppio cieco, randomizzato e controllato con placebo, è stata valutata l’efficacia della supplementazione con cumino nero in polvere (2000 mg al giorno), in combinazione alla quadruplice terapia antibiotica, in termini di eradicazione di HP, dispepsia, markers biochimici e qualità di vita, in pazienti infetti (10). Al termine dello studio, la percentuale di eradicazione di HP e sintomi dispeptici sono risultati significativamente migliorati nei pazienti del gruppo trattato anche con cumino nero.

    Lo stomaco è un organo con una fisiologia particolarmente fine, ma delicata, dove l’esposizione all’ambiente acido che esso stesso produce porta a alterazioni della funzionalità digestiva più o meno ricorrenti e di diversa severità, ma che colpiscono praticamente chiunque almeno una volta nel corso della vita. Lo scopo della chimica farmaceutica è da tempo quello di agire sulla produzione di acido cloridrico, spengere il bruciore, ridurre i sintomi per ottenere rapido sollievo; nel caso delle infezioni da Helicobacter pylori l’obiettivo è poi l’eradicazione, attraverso l’suo di una massiccia dose di antibiotici. Mirare all’efficacia più veloce possibile è indubbiamente necessario nelle condizioni severe ma, in quelle più comuni e non complicate, l’equilibrio costo/beneficio dovrebbe essere rimesso in discussione: la farmacoterapia convenzionale, infatti, non è scevra da effetti collaterali e tentare piuttosto di intervenire sul ripristino dell’omeostasi della funzione digestiva appare altamente razionale. È in questo contesto che da sempre trova il suo impiego la fitoterapia per la salute dello stomaco, sia nella sua declinazione farmaceutica che nel settore dell’integrazione alimentare. Tradizione e moderna ricerca hanno di volta in volta ampliato il capitolo delle piante medicinali sicure ed efficaci: alginati e polisaccaridi per contrastare l’iper-acidità, droghe amare eupeptiche, piante medicinali come camomilla e liquirizia capaci di esplicare attività antinfiammatoria senza modificare l’equilibrio delle difese mucosali, lo zenzero antinausea e infine il potenziale di una spezia come il cumino nero come integrazione all’antibiotico-terapia contro Helicobacter pylori. I disordini dispeptici hanno sintomi simili e sovrapponibili, ma cause diverse, e le piante medicinali hanno l’innegabile vantaggio di permettere, forse come nient’altro, di personalizzare la gestione del problema.

    CONCLUSIONI

    Riferimenti bibliografici

    EDIZIONE SPONSORIZZATA DA:

    MARCO BIAGI 

    Università di Parma | Italia


    Bio...

    Marco Biagi

    Laurea in CTF e Dottorato in Scienze Farmaceutiche presso l'Università di Siena. 

    Da sempre interessato di fitochimica, etnobotanica, botanica farmaceutica e della farmacologia delle sostanze naturali. I miei principali interessi di ricerca riguardano la gastroprotezione, gli adattogeni, le sostanze vegetali ad attività immunomodulante e quelle per la cura della pelle. Mi occupo da molto tempo anche di regolatorio e controllo di qualità delle sostanze vegetali. Oltre ad aver fatto ricerca e docenza a Siena, ho rivestito il ruolo di Direttore del Master di II livello in Fitoterapia Applicata e sono stato il Segretario Generale della Società Italiana di Fitoterapia. Attualmente sono ricercatore e docente a Parma e sono il Segretario Generale della Società Italiana di Fitoterapia.

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