“Lavati le mani prima di mangiare!”, quante volte ce lo siamo sentiti dire prima di sederci a tavola? Da sempre sappiamo che lavarci le mani è un’azione fondamentale per non contaminare il cibo che mangiamo con microrganismi patogeni e salvarci da qualche bel malanno. L’abbiamo imparato e lo continuiamo a fare.

Crescendo abbiamo anche imparato, però, che non tutti i microrganismi sono nocivi, anzi. Con sorpresa di alcuni, il nostro apparato digerente, per esempio, lavora grazie alla presenza di una grande varietà di microrganismi (la flora intestinale o microbiota), i quali sono considerati essenziali per la digestione nonché, nell’ultimo decennio, confermati essere un fattore rilevante per il mantenimento della nostra salute generale (potete cercare informazioni sull’ "asse intestino-cervello"). Qualche stima dice che abbiamo 1.5 kg di batteri nel corpo, in media.

Per parlare di microrganismi nel settore alimentare, quindi, dobbiamo partire dalla prima distinzione necessaria: i microrganismi “cattivi”, meglio detti patogeni, e quelli “buoni”, meglio definiti commensali.

La presenza dei primi dà luogo a patologie di carattere alimentare come infezioni, intossicazioni e tossi-infezioni. Le infezioni vedono il patogeno, una volta ingerito, moltiplicarsi nel tratto intestinale, magari invadendo altri tessuti; le intossicazioni si classificano invece per la presenza di tossine rilasciate dai batteri (non è necessaria la presenza di batteri vivi per generare danno); le tossi-infezioni vedono in ultimo entrambi i meccanismi ossia batteri che si moltiplicano con produzione di tossine annessa. Per esempio, la Salmonella spp è un agente di infezione, come anche l’Escherichia Coli. Il Clostridium botulinum è un agente di intossicazione mentre il Bacillus cereus è un esempio di tossinfezione.

Parallelamente, ci sono casi in cui i microrganismi sono una presenza favorevole negli alimenti. Parliamo in questo caso dei cosiddetti alimenti fermentati. In questi casi i microrganismi svolgono proprio un ruolo di conversione dell’alimento in un altro; per fermentazione si intende in questo contesto la trasformazione di alcune molecole in altre ad opera di un microrganismo. Tra questi prodotti alimentari non possiamo che non pensare subito a formaggi, vino e birra, pane, ma anche a salami, crauti, yogurt, kefir ed aceto (per citare i più conosciuti).

I popoli dell’Asia fanno larghissimo uso di cibi fermentati, storicamente molto di più delle tradizioni culinarie del sud Europa. Questa tipologia di cibi è diventata una vera e propria tendenza in tutto il mondo negli ultimi decenni e, differentemente da altre, sembra essere un vero trend salutare (1, 2).

La cultura coreana, per esempio, vede la fermentazione di moltissime categorie alimentari. Se volessimo classificarli, abbiamo la distinzione di tre tipologie di cibi: jang, le salse a base di soia (qualche carboidrato o legume è incluso in questa classe, es. i fagioli fermentati); jeotgal i pesci o frutti di mare fermentati e kimchi, le verdure (quello che noi conosciamo come kimchi è il cavolo cinese baechu, il più famoso).

I microrganismi impiegati nei processi fermentativi vengono chiamati microrganismi pro-tecnologici, o anche utili. Tra questi abbiamo i batteri lattici, acetici e propionici ed anche lieviti e muffe. I lieviti svolgono fermentazione alcolica e li troviamo più comunemente nei processi di vinificazione e birrificazione. Le muffe, caratterizzate dalla respirazione aerobica, hanno largo use nella produzione di formaggi, dove vengono poi mangiate insieme allo stesso formaggio, generalmente. Le possiamo però trovare anche impiegate nella produzione di salami, nello yogurt Viili e nel sakè. I batteri acetici sono invece maggiori nella produzione del kefir o dell’aceto, mentre i propionici nella caseificazione.

I batteri lattici occupano invece uno spazio più grande. Dal punto di vista biochimico questi batteri si occupano della fermentazione lattica, ossia della produzione di acido lattico, acetico e altri acidi organici principalmente a partire dai carboidrati.

In questa categoria ricadono i batteri con attività probiotica (non confondiamo i probiotici con i prebiotici!). Questi batteri, presenti per esempio negli yogurt e venduti direttamente come integratori alimentari, vanno a popolare il microbiota intestinale, aiutando l'attività dei batteri commensali già presenti e migliorando molteplici aspetti della nostra salute intestinale. L’efficacia dei probiotici è stata a lungo discussa negli ultimi anni, l’Europa ancora non rilascia pareri positivi sull’effettiva esistenza “causa-effetto” dei probiotici sulla salute dell’intestino. L’Italia, invece, è uno dei pochi paesi dove si può rivendicare l’effetto benefico degli integratori a base di probiotici seguendo delle puntuali Linee Guida Ministeriali (aggiornate al 2018) valevoli a livello nazionale (3).

La rilevanza dei microrganismi nel settore alimentare, tuttavia, non finisce qui. Nel contesto dei nuovi alimenti (Novel Food, Reg. No 2015/2283, 4) i microrganismi vengono impiegati per la produzione di nuovi ingredienti alimentari. In questo contesto i microrganismi possono essere utilizzati nella loro forma originaria oppure essere modificati geneticamente (GMO, genetically modified organism, o GMM, genetically modified microrganism).

Nel caso dei primi, possiamo avere microrganismi già valutati come sicuri (Lista QPS, Presunzione qualificata di sicurezza o Qualified Presumption of Safety, 5) ed altri di cui la sicurezza va provata in sede di sottomissione dossier. I secondi, quelli geneticamente modificati, necessitano anch’essi di un’ampia valutazione della sicurezza ma soprattutto di una caratterizzazione puntuale delle loro modifiche genetiche.

Il primo requisito obbligatorio, secondo l’Autorità della sicurezza alimentare (EFSA), per tutti i microrganismi proposti, è l'esecuzione di un'analisi della sequenza genomica intera (WGS, whole genome sequencing) che, oltre a identificare in modo inequivocabile i microrganismi, fornisce informazioni sui potenziali tratti funzionali di interesse (ad esempio fattori di virulenza, produzione o resistenza ad antimicrobici di rilevanza clinica, produzione di metaboliti tossici noti, etc).

La guida alla caratterizzazione dei microrganismi utilizzati come additivi per mangimi o come organismi di produzione, pubblicata nel 2018 da EFSA, fornisce una descrizione dettagliata dei dati richiesti per autorizzare il prodotto alimentare proveniente da microrganismi e garantire la totale sicurezza del consumatore (6). Maggiori informazioni possono essere trovate anche nella Guida agli enzimi, sempre pubblicata da EFSA nel 2021 (7).

Alcuni esempi di Novel Food ammessi provenienti da microrganismi sono rintracciabili nell’Union List dei Novel Food con la voce “fonte microbica”; due esempi sono il 2′-fucosillattosio ed il Trans-resveratrolo.

Come avrete capito, che si tratti di microrganismi commensali, pro-tecnologici, o coadiuvanti di processo, il mondo alimentare fa largo uso di queste specie viventi e noi, inevitabilmente, ne traiamo un certo vantaggio, in alcuni casi anche salutistico. Negli anni, probabilmente, il loro uso aumenterà ancora grazie all’ ingegneria genetica.

I tanti volti dei microrganismi
nel settore alimentare

Riferimenti bibliografici

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