Bio...

Paola Perugini1,2


1. Università di Pavia

2. Direttore Scientifico, 

Etichub (spin-off Univ. PV)

3. Marketing Specialist, 

Etichub (spin-off Univ. PV)

1. Università di Pavia

2. Direttore Scientifico, Etichub (spin-off Univ. PV)

3. Marketing Specialist,  Etichub (spin-off Univ. PV)

Camilla Grignani3

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SOS - Storie di Ordinaria Sostenibilità

Con questa rubrica vogliamo raccontare l’evoluzione delle nuove metriche di sostenibilità fornendo spunti costruttivi di riflessione che riguarderanno di volta in volta tutte le fasi di sviluppo del prodotto cosmetico.

Riferimenti bibliografici

L'utilizzo delle creme solari è da tempo considerato il principale strumento di prevenzione per proteggere la pelle dagli effetti dannosi dei raggi UV. Tuttavia, negli ultimi anni sono emerse crescenti preoccupazioni riguardo all'impatto ambientale di queste sostanze. Oggi, quindi, questa situazione presenta un paradosso: se da un lato è cruciale salvaguardare la pelle dai danni causati dal sole, dall’altro diventa importante comprendere come preservare gli ecosistemi marini e terrestri. Pertanto, è fondamentale esaminare le sfide presenti in questo campo, analizzando gli ultimi dati e le preoccupazioni e aspettative dei consumatori riguardo all’impatto di questi prodotti.  


Qual è lo scenario attuale sulla protezione solare? 

Gli esperti di ricerche di mercato in ambito cosmetico Mintel parlano chiaro: il futuro della protezione solare richiede un potenziamento della comunicazione sulla sicurezza, evidenziando i rischi associati ai raggi UVA, UVB e IR, migliorando l’esperienza sensoriale con prodotti leggeri che lasciano un gradevole skin-feel, e soprattutto abbracciando iniziative di sostenibilità, che rispecchiano i valori dei consumatori. In questo contesto, è necessario tenere presenti che i consumatori maturano percezioni differenti sui prodotti e che, come spesso accade, queste possono variare a seconda della loro regione di provenienza.  



Quali sono le priorità del consumatore Europeo? 

Nel vecchio continente affrontare le preoccupazioni dei consumatori riguardo agli ingredienti "nocivi" della protezione solare è una priorità. Infatti, persiste l’apprensione riguardo agli eventuali effetti sulla salute di ingredienti comunemente utilizzati nei prodotti solari. Il 72% degli utilizzatori spagnoli di solari, ad esempio, è preoccupato dell’impatto sulla salute degli ingredienti. La Commissione Europea riconosce le preoccupazioni sulla sicurezza riguardo alle nanoparticelle di biossido di titanio, per cui l'assorbimento cutaneo sembra limitato, ma l'inalazione potenzialmente problematica. Altri studi evidenziano l'impatto di tali ingredienti sugli ecosistemi marini, alimentando una gran confusione riguardo al loro utilizzo. Di conseguenza tanti marchi promuovono l’uso di estratti botanici (42% dei lanci*), e sottolineano l’uso di formule non-nano e biologiche. 



E il consumatore americano? 

Dall’altra parte dell’oceano, la sostenibilità continua a influenzare in modo massiccio i comportamenti d'acquisto, con le persone che fanno sforzi per agire in maniera eco-consapevole, stimolando l'innovazione sostenibile. Il mercato americano, di conseguenza, punta ad attrarre consumatori attenti all’ambiente.  D’altronde, il 34% degli adulti negli Stati Uniti dichiara di impegnarsi nell’acquisto di prodotti per la protezione solare che non siano dannosi per l'ambiente. Tuttavia, nonostante i consumatori cerchino prodotti solari sicuri per il pianeta e la pelle, va tenuto presente che rimane una gran confusione sul dibattito tra filtri chimici e fisici. Mentre il 71% degli utilizzatori di creme solari negli Stati Uniti dichiara di preferire le creme solari minerali rispetto a quelle organiche, il 69% ammette che sia difficile capirne la differenza. 



Questa percezione differente si accompagna a un contesto legislativo differente? 

Da questo punto di vista, il panorama è piuttosto variegato: le norme sui filtri solari cambiano da paese a paese. In Europa, ad esempi, sono classificati come cosmetici e rientrano sotto il Regolamento Europeo 1223/2009. Infatti, la salvaguardia della pelle dai danni causati dall'esposizione ai raggi solari è considerata una funzione cosmetica L'allegato VI del Regolamento fornisce una guida precisa sulle formulazioni e sulle quantità massime consentite, con l'ultimo aggiornamento promosso in data 12 ottobre 2023. Negli Stati Uniti, invece, se ne occupa la Food and Drug Administration (FDA) che tratta i filtri solari in modo distinto dal settore cosmetico. 



Questa disparità ha altre ricadute?  

Il divario legislativo e di percezione del consumatore è anche il riflesso delle azioni differenti intraprese a livello sociale, politico e ambientale. Le Hawaii, ad esempio, nel 2018 sono diventate il primo stato USA a adottare una legge che vieta la vendita di prodotti solari contenenti alcuni filtri solari considerati dannosi per le barriere coralline. Diversi studi, infatti, hanno evidenziato che questi filtri organici contribuiscono allo sbiancamento dei coralli, probabilmente a causa dello stress ossidativo ed estrusione di alghe simbiotiche, essenziali per la sopravvivenza dei coralli stessi.  



Il problema vale solo per i filtri organici?  

Molti impianti di trattamento delle acque reflue hanno difficoltà nel rimuovere i filtri solari organici a causa delle loro elevate proprietà lipofile, contribuendo all'inquinamento dell'ecosistema marino, sia per emissioni dirette che indirette. In ogni caso, il problema non riguarda solo i filtri organici. Anche filtri inorganici come lo zinco ossido e il titanio diossido, sotto forma di nanoparticelle, hanno dimostrato di causare danni, aumentando il rilascio di zooxantelle e causando lo sbiancamento dei coralli e una significativa mortalità.  Tuttavia, è importante sottolineare che non solo i filtri UV sono responsabili dei danni all'ecosistema marino: anche altri ingredienti presenti in formula possono avere un impatto ambientale. 



Quindi la sfida più difficile è raggiungere questa sostenibilità ambientale? 

In questa fase, è ancora più importante sottolineare che gli sforzi per la sostenibilità ambientale devono comunque essere armonizzati con gli obiettivi di sostenibilità di assicurare la salute e il benessere dell’uomo. Pertanto, mentre ci adoperiamo nello sviluppo di prodotti cosmetici più eco-compatibili, è imprescindibile continuare a garantire che siano efficaci, e quindi sicuri, per la fotoprotezione. Un approccio autenticamente sostenibile tiene conto di entrambi questi aspetti, riducendo l'impatto ambientale negativo pur assicurando l’adeguato livello di protezione dai fattori di rischio per l’uomo. D’altronde, indipendentemente dalla loro attitudine etica, tutti devono beneficiare di prodotti di protezione solare sicuri ed efficaci, come da requisito intrinseco del prodotto. La consapevolezza dell'impatto ambientale dei prodotti solari può favorire una transizione ecologica, educando il pubblico sull'importanza di scegliere cosmetici rispettosi dell'ambiente ma ciò è opportuno avvenga in un contesto di economia sostenibile che coinvolge la ricerca scientifica, la sensibilizzazione del consumatore e le politiche aziendali. Studi scientifici robusti, campagne possono dissipare la confusione e trovare il giusto equilibrio tra i diversi fattori che sono alla base dei prodotti di fotoprotezione. 

Che obiettivo hanno queste prime azioni?

L'identificazione dei macro-cicli aziendali su cui concentrarsi costituisce un primo passo per agevolare la raccolta di dati e informazioni necessarie a condurre un'analisi di sostenibilità. Il processo così strutturato facilita la collezione di elementi, e permette anche di valutarne la concretezza, la qualità e l'affidabilità. Questa operazione agevola anche il confronto con le proprie referenze interne. Questo aspetto è particolarmente importante per ottenere una prospettiva significativa sugli impatti aziendali rispetto a standard predefiniti dall'azienda stessa. In questo modo, l'analisi di sostenibilità va oltre la valutazione quantitativa di calcolo ma consente anche una riflessione approfondita sulla performance qualitativa di tutta la struttura.


Che ricaduta ha questa azione?

Quando si valuta il divario tra le prestazioni sostenibili di un prodotto e di quelle degli standard interni si compie un primo passo fondamentale per dare il via ad eventuali azioni correttive o migliorative, abbracciando un approccio proattivo. Un piano strategico di sostenibilità, infatti, dovrebbe integrare gradualmente le tematiche di sostenibilità al modello di business, puntando al conseguimento degli obiettivi prefissati e, soprattutto, alla creazione di valore condiviso. Con la scelta di un approccio graduale alla valutazione di sostenibilità secondo il confronto con referenze interne diventa più facile attuare piccole azioni correttive mirate. Questa visione consente di valutare più direttamente l'impatto di ciascuna modifica nel calcolo di sostenibilità, aprendo la strada a miglioramenti che possono essere meglio gestiti e pianificati. Con la metodologia a passi insomma, si contribuisce a consolidare il percorso verso la sostenibilità e a costruire un futuro aziendale più responsabile. Così ogni realtà può scegliere il proprio punto di partenza che, dipendentemente dalla sua struttura, potrebbe essere il raffinamento delle pratiche di approvvigionamento, l'ottimizzazione del sistema logistico, la gestione delle risorse idriche o la revisione delle pratiche di imballaggio delle materie prime secondo nuovi standard. Individuare una base da cui iniziare il cammino fornisce la svolta per adottare un approccio quali-quantitativo alla valutazione sostenibilità.


Punto di partenza e confronto mi sembrano le azioni strategiche…

Esattamente: darsi un inizio e rifarsi al concetto di "confronto interno" sono le attività fondamentali. Le aziende dovrebbero costantemente monitorare e valutare i loro progressi apportando modifiche quando necessario. L'obiettivo è un cambiamento che, una volta messo in moto, diventa graduale e continuo piuttosto che un'immediata rivoluzione.


Un esordio di sostenibilità, insomma…

La diversità e il pragmatismo di questo approccio spingono a guardare oltre l'enormità della sfida e concentrarsi su azioni concrete così rendere la transizione verso la sostenibilità meno faticosa e più realizzabile. Questo non solo aiuta a valutare gli sforzi compiuti nel tempo ma permette anche di coinvolgere gradualmente tutta la propria filiera. Questa dimensione richiede metodo, analisi critica e impegno a lungo termine ma un approccio di questo genere, focalizzato sulle milestone di sostenibilità, è il modo trasversale con cui anche le piccole e medie realtà possono affrontare le sfide complesse e compiere passi significativi verso un futuro più sostenibile. Non intervenire su tutto oggi può essere l'azione più strategica per il domani…

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