Carlotta Franchi 

Coordinatore scientifico 
Italian Institute For Planetary Health - IIPH | Italia 


Oggi si muore più di cattiva alimentazione che di droga, fumo, alcol e rapporti sessuali a rischio, messi insieme. Siamo in 7 miliardi qui sulla Terra, compresi i 3 miliardi che non si nutrono adeguatamente (troppo, troppo poco o male) e produrre cibo per così tante persone aumenta la temperatura globale, compromette la biodiversità, inquina e consuma suolo e acqua più di quanto la terra e i mari possano sopportare. 

Da questo nasce, nel novembre 2019, un grande progetto: l’Italian Institute for Planetary Health – IIPH, frutto dell’unione tra l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS e l’Università Cattolica del Sacro Cuore con la partecipazione di Vihtali, spin-off dell’Ateneo. I primi progetti vedono i ricercatori impegnati nello studio dei fattori che incidono sull’invecchiamento in salute della popolazione partendo dalla mappatura dell’Italia. Le analisi si focalizzano sulle differenze dei determinanti dal punto di vista genetico, biologico, molecolare, epidemiologico e ambientale. Questa analisi viene poi ampliata a livello internazionale, in particolare in Giappone, Paese che vanta un’elevata longevità come l’Italia, ma che presenta abitudini alimentari molto diverse.  

Di tutto questo ne parliamo con la Dott.ssa Carlotta Franchi intervistata da Silvana Maini per NUTRA HORIZONS. 


1961-2021: L’Istituto di Ricerche Farmacologiche (IRCCS) Mario Negri compie 60 anni. Un periodo di cambiamenti epocali. Il Mario Negri, eccellenza riconosciuta a livello mondiale, nasce in pieno boom economico grazie all’intervento di un filantropo, il gioielliere milanese Mario Negri, che ha creduto nella ispirazione e visione di un giovane farmacologo, Silvio Garattini, attuale presidente e leader carismatico dell’istituto, da poco rientrato dagli Stati Uniti. Un incontro che segna un forte intervento del privato (la storia del Mario Negri è segnata dai generosi contributi di donatori), in una realtà voluta per il bene collettivo. 
Oggi è ancora così? Il privato è fatto ancora dai signori “Mario Negri”? Sarebbe possibile oggi un “Mario Negri 2”? 


Il grande cuore del filantropo Mario Negri ha aperto la strada alla generosità di tanti altri benefattori tra cui Aldo e Cele Daccò, Anna Maria Astori, Daniela Borgomainero a cui sono intitolati le sedi dei due Istituti di Bergamo e alcuni  laboratori. Ancora oggi sono tanti i privati e le aziende che sostengono l’Istituto con il vivo desiderio di investire concretamente nel futuro della nostra salute.   


L’Italian Institute of Planetary Health (IIPH), segna un momento fondamentale sotto vari aspetti. Forse il più importante la crescente consapevolezza che i cibi che assumiamo quotidianamente possono essere per il nostro corpo medicina o, estremizzando, veleno.  
E’ così? Come nasce questo impegno dell’Istituto nella alimentazione e perché proprio oggi? 

  

La nascita dell’Istituto è stata stimolata dalle proposte di ricerca lanciate da due commissioni del Lancet. In particolare, la Rockefeller Foundation-Lancet Commission on planetary health, nel 2015, ha proposto il concetto di Salute Planetaria, intesa come salute della civiltà umana e dei sistemi naturali da cui essa dipende, come nuovo spazio di azione della salute pubblica e della salute globale. Questo approccio avvicina fortemente il mondo del Mario Negri, storicamente più legato alla farmacologia, all’alimentazione. Il Mario Negri vuole infatti applicare le sue competenze in campo farmacologico allo studio degli alimenti come fossero farmaci nella cura e nella prevenzione delle malattie. La promozione della salute umana, poi non può essere scissa dalla tutela della salute dell’ambiente in cui viviamo, e anche in questo il Mario Negri si è distinto negli anni per i suoi studi ambientali. Nel 2019, infatti, La EAT-Lancet Commission on healthy diet from sustainable food systems ha proposto il concetto di una dieta universale che sia tanto sana per gli uomini quanto sostenibile per il pianeta. Questo ha definito il focus principale di IIPH, che riguarda non solo l’alimentazione salutare ma anche sostenibile, con una particolare attenzione rivolta all’ambiente.


L’ IIPH ha tre anime: il Mario Negri, l’Università del Sacro Cuore e VITHALI spin off dell’ateneo. Come è nato questo incontro e come queste parti interagiscono tra loro?


L’IIPH nasce da una consuetudine di collaborazione in campo di salute pubblica fra i Prof. Walter Ricciardi e Giuseppe Remuzzi e dall'idea che Mario Negri e Cattolica potessero essere complementari: il Mario Negri per applicare agli alimenti le competenze che ha sullo studio dei farmaci e l'Università Cattolica per la sua esperienza e per il suo ruolo in Europa in campo di Salute Pubblica.


La bussola del vostro lavoro è la sostenibilità applicata agli alimenti. Parliamo quindi di salvaguardia ambientale, diseguaglianze socio economiche, non equa distribuzione delle risorse alimentari, spreco alimentare, errata cultura della alimentazione… Quali gli obiettivi che si prefigge IIPH e come intende perseguirli?


IIPH ha come obiettivo principale quello di promuovere ricerca scientifica nel campo del food con la consapevolezza che l’alimentazione rivesta un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute dell’uomo e del pianeta. In particolare, l’Istituto mira a promuovere ricerche scientifiche di alto profilo e di carattere interdisciplinare per identificare gli alimenti che hanno un impatto maggiore sulla salute e sulla longevità del singolo individuo e della popolazione, anche valutando gli effetti di specifici composti bio-attivi su individui con diversi background genetici. Parallelamente, vogliamo identificare strategie che promuovano stili di vita sani e sostenibili, che siano accettabili e accessibili ai contesti socio-culturali esistenti nei diversi territori nazionali e negli altri Paesi del Mondo. 


Che ruolo può giocare nel vostro lavoro l’ intelligenza artificiale? Pensiamo, per esempio, alla assunzione ed elaborazione di Big Data?


L’istituto intende utilizzare tecnologie e strategie di comunicazione innovative, per costruire un patto intergenerazionale per un’alimentazione salutare e sostenibile. Per raggiungere questi obiettivi, intendiamo sfruttare le più moderne acquisizioni della data science e dell’intelligenza artificiale utili a collegare i dati clinici, socio-demografici, biologici e genetici già disponibili o comunque acquisibili a livello nazionale. In questo modo si potrà ottenere una valutazione di quale sia l’impatto sulla salute delle diverse abitudini alimentari nelle diverse aree, nell’ottica della cosiddetta systems medicine.


Il Mediterraneo e il Giappone sono un riferimento virtuoso di buone abitudini alimentari. Come possono convivere modelli così lontani tra loro?


La dieta mediterranea continua ad essere paradigma di salute, modello di alimentazione sana e completa, e rappresenta un vero e proprio stile di vita, completamente sostenibile per l’ambiente. E’ stata riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’umanità, coinvolge inoltre cultura, valore nutrizionale e salutistico ed è elemento di forte collegamento tra le comunità locali e il territorio. Confrontandola con la cucina giapponese si osserva che si tratta di due esempi dietetici che, seppure geograficamente distanti, risultano simili nelle loro caratteristiche di base (molta frutta e verdura, basso livello di grassi saturi, molte fibre e consumo di pesce più che di carne), entrambi da prendere come riferimento per delle buone abitudini alimentari. Ogni popolo ha un suo modello alimentare fatto di storia dei cibi, geografia del Paese, tradizioni, cultura e genetica. Sosteniamo l’idea che le diete del mondo debbano essere studiate per cercare di identificare un modello alimentare adattabile ai gusti di ogni singolo individuo, senza cadere nel facile riduzionismo dell’alimentazione “ideale”.  

Nel campo della ricerca è fondamentale la condivisione e la pubblicazione dei risultati degli studi, in modo da collaborare e poter aumentare le conoscenze a livello globale, cosa che IIPH realizza facendo rete con altri Istituti di ricerca, Università, Fondazioni, Ospedali, industrie, associazioni nazionali e internazionali.  


Pensate di rivolgervi solo alla comunità scientifica o intendete andare oltre e raggiungere una platea di ascolto più ampia come, usando un termine magari poco felice ma immediato, l’uomo e la donna della strada?


Il nostro interesse è divulgare i risultati delle nostre ricerche sia alla comunità scientifica che alla gente comune con un linguaggio semplice e divulgativo; un esempio: il sito web di IIPH, in cui riportiamo i nostri studi ma parliamo anche di argomenti quotidiani come alimenti, stili di vita, inquinamento ambientale.


Il cibo è cultura nella preparazione di un pasto e nelle abitudini di consumo. Con problemi come l’ obesità e tutto ciò quello che comporta anche a livello socio-sanitario o la fame sofferta da troppi. E’ utopico pensare di riuscire a creare una maggiore responsabilità collettiva?


I tempi moderni hanno alimentato la cultura del consumo anche in termini di cibo. La problematica dell’obesità confrontata con la mancanza di cibo si va inoltre a sommare con la problematica ambientale. Le popolazioni che soffrono di più la mancanza o la povertà di cibo, infatti, sono le stesse che risentono maggiormente dei disastri ambientali dovuti al cambiamento climatico. Per questo si arriverà ad un punto in cui risulterà impensabile non modificare la nostra alimentazione, per il benessere sia dell’ambiente che delle altre popolazioni. Scelte alimentari più razionali possono ridurre fino al 25% l’inquinamento globale. Per questo, sperimentazioni in vivo e in vitro verranno avviate con lo scopo di verificare l’impatto dell’inquinamento ambientale su alimenti e acqua che inevitabilmente incidono sulla salute dell’uomo.


E’ utopico pensare a sistemi globali di sviluppo o è preferibile un micro-approccio locale? Un esempio: Mary’s Meals, opera internazionale fondata su programmi di assistenza alimentare scolastica fondata dallo scozzese Magnus MacFarlane-Barrow lavora su micro-realtà locali: la fornitura di attrezzature da cucina, il coinvolgimento delle famiglie dei bambini, l’utilizzo di coltivazioni ed allevamenti a km 0?


L'attenzione dei professionisti del settore oramai è passata dalla dimensione globale a quella locale (regionale, urbano e di quartiere). Questo suscita una maggiore connessione sul territorio delle attività di produzione, trasformazione e consumo di cibo. Agire su questo sistema può aiutare a rafforzare le realtà locali di produzione alimentare, alleviare i problemi determinati dal sistema dominante, aumentare la possibilità di pianificazione alimentare urbana. Inoltre, un sistema alimentare locale si distingue dal modello convenzionale perché considera l'importanza dell'accesso al cibo, della riduzione dell'impatto ecologico della produzione e distribuzione dei prodotti alimentari e della sostenibilità del sistema alimentare intesa in senso sia ambientale che sociale. Il problema è che numerose associazioni e organizzazioni spesso mancano di risorse e di esperienza pratica del settore, quindi è davvero importante che le istituzioni agiscano e collaborino concretamente con esse.


Sul sito del Mario Negri e di IIPH sono riportati studi che denunciano la presenza invasiva di pubblicità di alimenti non proprio dietetici (snack e merendine) durante la programmazione televisiva destinata ai bambini…. Che fare?


In Italia, la maggior parte delle pubblicità alimentari in onda durante i programmi per bambini non è conforme agli standard nutrizionali europei. Quasi tutte le pubblicità relative agli snacks non soddisfano le linee guida internazionali. Questa scoperta è di estrema gravità in quanto una sana educazione alimentare è fondamentale per prevenire numerose patologie fin dai primi anni di vita. La televisione rappresenta il mezzo di comunicazione di massa più usato e per questo motivo l'impatto che ha sui bambini può essere davvero diseducativo, considerato che proprio i bambini rappresentano una categoria particolarmente vulnerabile e sprovvista degli strumenti necessari per un’analisi critica. Per questo motivo è urgente una ridefinizione di linee guida indipendenti e di facile lettura per le pubblicità alimentari destinate ai bambini. Come primo passo verso un totale divieto delle pubblicità su cibi e bevande rivolte ai bambini, già raccomandato da altri ricercatori, queste linee guida dovrebbero essere applicate a tutte le trasmissioni televisive.