LA DIETA NELL’ANTROPOCENE: QUALE FUTURO PER GLI INSETTI EDIBILI?

La presa di coscienza da parte dell’uomo su aspetti legati alla salute e all’ambiente ha risvegliato un nuovo “Rinascimento” sull’importanza delle diete “sostenibili” che, preservando la salute dell’uomo, non danneggino l’ecosistema. In quest’ottica, la sostenibilità nutrizionale si basa su alcuni cardini quali la preservazione della biodiversità, la sicurezza alimentare, la riduzione degli sprechi, il basso impatto ecologico del cibo e la “funzionalità” degli alimenti, rafforzando il concetto che la salute dell’Uomo non può essere svincolata dalla salute del Pianeta.  


Secondo stime delle Nazioni Unite, che prevedono una popolazione mondiale di 9 miliardi di individui nel 2050, la produzione alimentare dovrà quasi raddoppiare per sostenere l’aumento dei consumi alimentari che passeranno da un consumo calorico mondiale di 2772 Kcal/giorno a persona (18 trilioni Kcal totali) del 2006 a circa 3070 Kcal/giorno a persona (28 trilioni Kcal; 3500 Kcal/giorno a persona nei paesi industrializzati). L’aumento di ricchezza nei paesi industrializzati ha portato a una maggior richiesta di carne, prodotti lattiero-caseari e uova, comportando di conseguenza una crescita della domanda globale di proteine animali che sta mettendo in difficoltà le risorse già limitate del nostro Pianeta, come gli oceani, il suolo agricolo e l’acqua potabile. Si stima che a livello mondiale, entro il 2050, il quantitativo di prodotti animali richiesto toccherà i 465 milioni di tonnellate, comportando inevitabilmente una maggior emissione di gas serra, tra i responsabili dei cambiamenti climatici, una deforestazione provocata dal pascolo intensivo e un generale degrado ambientale, conseguenza diretta dello smaltimento del letame e di altre sostanze inquinanti. I gas a effetto serra derivanti dalla produzione di bestiame, incluso il trasporto e l’alimentazione, rappresentano il 18% delle emissioni globali prodotte dall’uomo. Basti pensare che per produrre 225 g di patate, pomodori, pollo e bovini si producono emissioni di CO2 equivalenti a quelle prodotte guidando un’auto per 300 m, 320 m, 1,7 Km e 15,8 Km, rispettivamente. E’ quindi evidente che, sulla base dei dati della “piramide ecologica”, la scelta alimentare basata su un elevato consumo quotidiano di alimenti di origine animale è potenzialmente dannosa per l’ambiente. A prescindere da soluzioni avveniristiche ed estremamente costose come lo sviluppo di carne da colture cellulari, una delle strategie che sta assumendo una rilevanza sempre maggiore, in linea con la tradizione storica dell’Uomo in moltissime regioni del mondo, è l’entomofagia. 

LA DIETA NELL’ANTROPOCENE

Il termine scientifico per il consumo di insetti è “entomofagia”, dal greco éntomos (insetto) e phăgein (mangiare). L’entomofagia rappresenta una delle prime forme di alimentazione dell’uomo: pitture rupestri di Altamira, nel nord della Spagna, datate da 30.000 a 9.000 anni a.C., raffigurano collezioni di insetti commestibili. Testimonianze scritte risalenti al 2000 a.C. narrano quanto assiri e siriani fossero ghiotti nel consumare cavallette. A conferma di ciò, sulle pareti del maestoso palazzo assiro di Ninive, è possibile scorgere un bassorilievo raffigurante scene di un banchetto inaugurale, in cui i servitori trasportano piatti contenenti spiedini di cavallette. Aristotele stesso, nella sua Historia Animalium, elogia il piacere sensoriale che si prova mangiando la cicala madre. Plinio il Vecchio in Naturalis Historia racconta la modalità di preparazione e degustazione di una larva, probabilmente la Lucanuscervus Prionuscorioranus. Stando alle stime della FAO, esistono oltre 1.900 specie di insetti commestibili consumati a tutti i vari stadi di crescita (uova, larve, crisalidi e adulti). Gli insetti più comunemente utilizzati appartengono all’ordine dei Coleotteri (31%), principalmente scarafaggi, seguono i Lepidotteri (18%), cioè i bruchi, al terzo posto, gli Imenotteri (14%), rappresentati da vespe, api e formiche, consumati prevalentemente nell’America Latina e gli Ortotteri (13%), con cavallette, locuste e grilli, seguiti da cicale, cocciniglie e cimici, appartenenti all’ordine degli Emitteri (10%). Molti insetti fanno parte della tradizione culinaria di diversi paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America del Sud, diversamente nei paesi dell’Europa e dell’America del Nord il loro consumo risulta ancora poco diffuso e visto con sospetto. 


Sebbene i valori nutrizionali degli insetti commestibili siano altamente variabili, sia per l’elevata varietà di specie sia per lo stato metamorfico dell’insetto, il tipo di dieta, l’habitat e le stagioni, si può affermare con certezza che gli insetti forniscono quantità soddisfacenti di energia, con un contenuto calorico che oscilla tra le 293 e le 762 kilocalorie per 100 g di sostanza secca. Sono inoltre ricchi di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, di micronutrienti, come rame, magnesio, ferro, fosforo, zinco, selenio e manganese, nonché acido pantotenico, riboflavina e biotina. Dal punto di vista proteico risultano possedere proteine di buona qualità e alta digeribilità, con un contenuto di aminoacidi essenziali pari al 10-30% di tutti gli aminoacidi. Altro vantaggio innegabile a favore dell’utilizzo di insetti risiede nell’elevata efficienza di conversione del mangime in massa corporea: la produzione di 1 kg di grilli richiede appena 1,7 kg di mangime rispetto ai 2,5 kg per i prodotti avicoli, 5 kg per il maiale e 10 kg per la carne bovina. Si è inoltre stimato che fino all’80% di un grillo è commestibile e digeribile rispetto al 55% per pollo e suino e al 40% del bestiame. Relativamente all’impatto ambientale, vermi della farina, locuste e grilli producono basse emissioni di CO2, basti pensare che per avere un aumento di un kg di peso si producono meno di 100 gas serra equivalenti per vermi della farina, grilli e locuste, rispetto ai 2.800 gas serra equivalenti di un bovino; inoltre, per ogni ettaro di terreno necessario per produrre 1 kg di proteine dal verme della farina, sono necessari 2,5 ettari, rispetto ai 10 ettari per produrre un kg di proteine da bovino.  

ENTOMOFAGIA 

L’entomoterapia, lo studio delle capacità da parte degli insetti edibili di poter esercitare un effetto funzionale, antiossidante, anti-infiammatorio, immunomodulante etc. nell’uomo, rappresenta l’aspetto più innovativo e affascinante legato all’entomofagia. Gli studi a riguardo sono ancora molto limitati ma mostrano come il soggetto di studio possa avere implicazioni future estremamente interessanti. Il nostro gruppo ha recentemente mostrato come grilli, cavallette e bruchi d’africa esibiscono valori di capacità antiossidante non enzimatica in vitro superiori al succo d’arancia, mentre bachi da seta, formiche nere e larve  della farina hanno valori comparabili. Inoltre, le frazioni lipofile del baco da seta, della cicala hanno valori di antiossidanti pari al doppio dell’olio d’oliva, mentre grilli, bruchi e buffalo worms mostrano valori comparabili. In linee cellulari di mioblasti, il grillo Brachytrupes orientalis ha dimostrato di diminuire la produzione intracellulare di radicali liberi, l’ossidazione lipidica, e stimolare l'espressione della proteina Nrf2 e glutatione S-transferasi, coinvolte nella risposta antiossidante allo stress. Una nostra recente revisione della letteratura ha evidenziato come ci siano evidenze sperimentali in vitro, su modelli cellulari e in modelli animali che suggeriscono in maniera evidente un ruolo da parte degli insetti edibili nella modulazione dello stress ossidativo, sebbene manchi ancora un’evidenza nell’Uomo. A tale proposito è stato osservato come un bagel a base di farina di grillo, somministrato a 20 adulti sani per sei settimane, abbia avuto un effetto positivo sul microbiota intestinale e ridotto l’infiammazione sistematica grazie ad una riduzione della citochina infiammatoria TNF-α. 


Sebbene siano ancora molte le perplessità, da parte sia degli addetti ai lavori sia della gente comune, sull’utilizzo degli insetti come alimento abituale della nostra dieta, essi rappresentano una fonte proteica a basso impatto ambientale e a costi ridotti. Dovrà ora essere compito della comunità scientifica chiarire se esistono i presupposti dal punto di vista nutrizionale, microbiologico e funzionale, per considerare l’entomofagia come un’ulteriore opzione nell’ambito delle strategie di riduzione dell’impatto ambientale alimentare o una mera trovata mediatica. La sfida dei prossimi anni per la comunità scientifica sarà concentrata sulla capacità di aumentare le conoscenze del “trilemma” dieta, salute e ambiente, passo fondamentale per fornire ai cittadini raccomandazioni mirate per un utilizzo sostenibile del cibo attraverso la definizione di stili di vita funzionali e a basso impatto ambientale.  

ENTOMOTERAPIA: LE PROPRIETÀ FUNZIONALI DEGLI INSETTI EDIBILI 

DONATO ANGELINO           MAURO SERAFINI

Fac. di Bioscienze e Tecnologie Agro-Alimentari e Ambientali, Università di Teramo | Italia

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