Giulio Fezzardini

TKS Publisher

Italia

 La piccante emozione del palato

Parecchi anni fa, in preparazione di un esame universitario, ho cucinato una cena veloce per me e il compagno di corso con cui condividevo la pena. Era la prima volta che lo ospitavo a cena e gli ho preparato un classico della cucina romana: le penne all’arrabbiata. “Arrabbiato” in cucina non significa “infastidito” e ho sempre in dispensa una vasta tavolozza di peperoncini, freschi, secchi, macinati, “oliati”. Alla seconda forchettata, colto uno strano silenzio nel mio commensale, l’ho guardato bene in faccia: era diventata paonazza e lacrime gli sgorgavano dalla palpebra.

“Antonio stai bene?” gli ho chiesto preoccupato.

Non si trattava di commozione e mi ha risposto imbarazzato: “Beh un gusto deciso …”.

Avrei poi scoperto che suo il top culinario era minestrina col dado, stracchino e sofficini.

Chiarito l’equivoco lo studio è proseguito senza altri incidenti regalandoci un voto brillante.


Anni dopo ho ospitato Juan, amico messicano in transito a Milano da un business tour nei Paesi Nordici. Aperta la dispensa si è avventato in piena crisi di astinenza sul barattolo di peperoncini calabresi sott’olio armato di una poderosa fetta di pane.


Il mangiare piccante che fino agli anni ’60 sembrava peculiarità del Sud del nostro Paese, è oggi di casa ovunque, e lo sviluppo delle cucine etniche nelle nostre città ha dato un ulteriore spinta a questo booster gustativo. Recentemente ho visto un menu, ma non era la prima volta, dove accanto al nome del piatto un numero crescente da uno in avanti di simbolici peperoncini liberava il ristorante da responsabilità causate dalla disinvolta ingestione di alimenti piccanti.



Ma perché si mangia piccante? “Ci piace veramente”? Dà davvero gusto a quello che mangiamo o ci procura un’emozione gastrica?


Ricordo una zuppa thailandese talmente piccante che era impossibile da deglutire per l’effetto ustione al palato. Che gusto avrà avuto? Impossibile da capire.

Io amo il piccante ma quando è troppo è troppo.


Una spiegazione interessante secondo uno psicologo recita "Agli esseri umani piace godere delle situazioni in cui il loro corpo manda segnali di allarme (nota: quando si mangia piccante i nervi lanciano un sos alla parte corporea che sta bruciando) mentre sanno che in realtà è tutto ok”!

Un po' contorto ma realistico.


C’è anche chi esagera. Capita di assistere a smargiassate da pizzeria con lo spaccone di turno che ordina pizza con salame piccante, quando arriva chiede spavaldo i famosi peperoncini calabresi sott’olio e al primo boccone si scola un litro di birra ghiacciata per lenire il dolore. Pessima idea: per ridurre il bruciore sarebbe più indicato il latte anche se il connubio con la pizza è improponibile.


Il piccante del peperoncino è dovuto alla capsaicina che troviamo anche nello zenzero. Chimicamente è un acido grasso monoinsaturo che si colloca tra buccia e “corpo” del peperoncino. Ognuno di noi (Antonio e Juan) ha il suo personale grado di tolleranza che presumibilmente ha radici etniche. Legandosi a proteine presenti nelle mucose ecco il senso di bruciore. Interessante meccanismo di stimolazione nervosa che segnala un allarme di bruciore al cervello ma che si esaurisce subito visto che “combustione” non c’è. Comunque, ne viene stimolata la reazione sanguigna che può produrre vampate di calore, arrossamento della cute e sudorazione (Antonio) a seconda del grado di piccantezza del piatto e della persona.


Detto questo il peperoncino agevola la digestione e recenti studi hanno evidenziato benefici al sistema cardiovascolare. Inoltre, una azione vasodilatatrice, antibatterica, anticolesterolo. Non ultimo, e qui siamo all’atto finale della celebrazione, il peperoncino contiene vitamina C, carotenoidi, polifenoli.


Quindi applauso e luce verde per gli amanti del gusto piccante e del brivido gastrico. Però anche qui il grillo parlante che è in tutti noi suggerisce prudenza soprattutto a chi è soggetto a disturbi gastrici.


Ma il fatto che il mangiare piccante sia tipico dei Paesi caldi (sorvoliamo sugli oltre 40° estivi che stiamo soffrendo per il cambiamento climatico in Italia e ci riferiamo alle classiche fasce geografiche africane, asiatiche, latino-americane) corrisponde a verità?

Perché da sempre ho pensato che le spezie abbiano una ragione di utilizzo come disinfettanti, contrasto al caldo ecc…

In realtà un altro recente studio sembra smitizzare questa credenza e associa il consumo di spezie, peperoncini ad un fattore socioculturale tipico dei paesi molto poveri…

Sarà vero? Banalmente, ma non sono uno scienziato, mi verrebbe da pensare che sì, sarà anche vero, ma forse proprio ove necessario la natura viene in soccorso gratuitamente ai nostri bisogni.


Il termine “piccante” viene da “Picca”, arma di offesa che penetra la carne, quindi punge, ferisce e fa male. Da qui anche le espressioni letterali, più o meno colorite, riferite a una particolare situazione; oppure il “piccarsi” di qualcosa in cui ci si ritiene grandi esperti quando in realtà siamo solo degli orecchianti.

Comunque la si veda, “il piccante” è un po' un integratore di vita. Perché in fondo ci regala un brivido, una scossa salutare, necessaria soprattutto in quei momenti della vita che hanno il sapore dell’acqua bollita.

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