IL PARADOSSO DELL’ACQUA NELL’INDUSTRIA
COSMETICA
Grazie alle informazioni che abbiamo raccolto nella prima parte di questo articolo, pubblicata nello scorso numero di Beauty Horizons, abbiamo ora il background necessario per discutere tecnicamente come realizzare e gestire in maniera corretta un sistema per la produzione e distribuzione di acqua purificata nell’industria cosmetica. Per farlo, seguiremo ed elaboreremo i punti riportati nella ISO 22716 al capitolo 6.8. Essi sono solo apparentemente semplici, in realtà racchiudono una grande ricchezza di concetti che cercheremo di dettagliare in maniera semplice ma coerente.
6.8 Quality of water used in production
6.8.1 The water treatment system should supply a defined quality of water.
6.8.2 Water quality should be verified by either testing or monitoring of process parameters.
6.8.3 The water treatment system should permit sanitization.
6.8.4 Water treatment equipment should be set up so as to avoid stagnation and risks of contamination.
6.8.5 Materials used in water treatment equipment should be selected to ensure that water quality is not affected.
L’INGREDIENTE “ACQUA”
“6.8.1 THE WATER TREATMENT SYSTEM SHOULD SUPPLY A DEFINED QUALITY OF WATER”
Il primo punto della norma é probabilmente anche il più criptico. Soffermiamoci sul significato di “acqua di qualità definita”: in base a quanto abbiamo visto nella prima parte di questo articolo, questo concetto trova la sua spiegazione nel fatto che l’acqua contiene 5 macro-categorie di contaminanti e, di conseguenza, raggiungere una qualità definita non può prescindere dal rimuovere e tenere sotto controllo ognuna di esse. Ciò detto, ci troviamo subito di fronte a una sfida tecnica in quanto non esiste un’unica tecnologia di purificazione in grado di rimuovere tutte e 5 le categorie di contaminanti!
Prendiamo ad esempio la deionizzazione, una delle tecnologie di purificazione più conosciute, essa utilizza le resine a scambio ionico, ovvero dei polimeri insolubili che al loro interno hanno deboli legami con ioni che possono essere scambiati con altri ioni contenuti in una soluzione acquosa con cui entra in contatto. Le resine a scambio ionico sono spesso contenute in grandi bombole nelle quali scorre l’acqua di rete per essere trattata e poi controllata in uscita attraverso un conduttimetro. Ebbene, questo processo è efficacissimo nel rimuovere la componente ionica presente nell’acqua ma inadatto alla rimozione di sostanze organiche, micro-organismi, particolato e gas. Anzi, per via della struttura reticolare della matrice polimerica in cui avviene lo scambio ionico, è possibile si crei al suo interno l’ambiente ideale per la proliferazione batterica.
Come fare allora per realizzare tecnicamente quanto richiesto nel punto 6.8.1 della norma? La soluzione sta nell’utilizzare diverse tecnologie nella giusta sequenza creando una vera e propria catena di mezzi di purificazione in grado ognuno di “rifinire” il risultato ottenuto dal mezzo che lo precede.
Le tecnologie di purificazione dell’acqua sono numerose e ognuna di esse ha un’efficacia diversa come esemplificato nella seguente tabella dove il quadratino bianco rappresenta una completa rimozione del contaminante corrispondente.
Come possiamo vedere, ci sono alcune tecnologie estremamente complementari tra di loro come ad esempio l’osmosi inversa, la deionizzazione e l’irraggiamento UV. Proprio queste 3 tecnologie, agendo in sinergia e nella giusta sequenza, ci permettono di raggiungere agevolmente una qualità di acqua definita secondo le necessità del settore cosmetico. Di seguito riportiamo un esempio di “catena di purificazione” in un sistema integrato:
Tipicamente il primo step è costituito da un pretrattamento (per ridurre la durezza e il cloro dell’acqua in ingresso e proteggere le successive tecnologie di purificazione) seguito da una membrana a Osmosi Inversa (in grado di rimuovere il 95-99% dei contaminanti inclusi ioni, particelle, batteri e organici) un modulo di Elettro-Deionizzazione (per una più completa rimozione degli ioni residui e un conseguente abbassamento della conducibilità ai livelli necessari per il settore). La catena si completa infine con una lampada UV a 254 nm avente azione battericida.
Ci preme a questo punto sottolineare che le scelte riguardanti le tecnologie di trattamento dell’acqua dovrebbero tener conto non solo della capacità di rimuovere i contaminanti, ma anche della quantità di risorse utilizzate e degli eventuali sottoprodotti generati durante il processo, fattori questi che determinano l’impatto ambientale di un sistema di purificazione. Oggi, ad esempio, è possibile optare per sistemi dotati di osmosi ‘intelligenti’, in grado di ottimizzare il recupero dell’acqua normalmente scartata e di moduli a scambio ionico che si rigenerano automaticamente con il passaggio di corrente elettrica (Elettro-Deionizzazion), evitando quindi lo smaltimento periodico della resina esausta o la rigenerazione della stessa con prodotti chimici.
Passiamo quindi al secondo punto della norma ISO. Il concetto è che dobbiamo avere un’evidenza del buon funzionamento delle tecnologie messe in campo per la purificazione. Come abbiamo visto nella prima parte di questo articolo, riteniamo fondamentali il controllo di almeno 3 parametri: Conducibilità, TOC, CFU. I primi due sono controllabili “on line” mediante misuratori integrati nei sistemi che ne forniscono a display i valori in tempo reale, mentre per il terzo si eseguiranno campionamenti ad hoc seguendo una frequenza e una procedura definite in fase di start-up. In aggiunta, è bene sottolineare che: un processo complesso come quello descritto, che unisce molteplici tecnologie di purificazione a cascata, dovrebbe essere mantenuto sotto controllo mediante una serie di monitoraggi interni (mediante sensori di pressione, di flusso, di conducibilità e di temperatura) che ci permettano, in qualsiasi momento, di ricevere un’allerta e identificare con semplicità le cause di un eventuale problema. La calibrazione e il controllo costante di queste sonde, come anche la registrazione dei rispettivi trend storici, rappresenta un fattore determinante in un sistema di qualità.
“6.8.2 WATER QUALITY SHOULD BE VERIFIED BY EITHER TESTING OR MONITORING OF PROCESS PARAMETERS”
Figura 1. I contaminanti dell'acqua
Riferimenti bibliografici
Riferimenti bibliografici
E-book salugea, Cellulite: rimedi naturali per eliminarla.
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Milano Roma Bologna – Home – Speciali – La cellulite.
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Cosmetico, edizione 2011, Tecniche Nuove, via Eritrea 21, 20157 Milano, Italy; ISBN 978-88 481-2626-7.
Manuale del cosmetologo, II edizione, Tecniche Nuove, via Eritrea 21,
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Tratteremo brevemente questi due punti, di per sé già abbastanza chiari, per poter invece approfondire meglio il punto 4. Esistono diverse procedure di sanitizzazione, la più comune prevede l’utilizzo di sanitizzanti chimici per i quali è molto importante calibrare bene il dosaggio e il tempo di contatto in modo da raggiungere il miglior compromesso tra efficacia e facilità di rimozione degli stessi che chiaramente non dovranno essere presenti, al termine del processo di sanitizzazione, nell’acqua utilizzata per la produzione dei cosmetici.
La qualità dei materiali che sono utilizzati a contatto con l’acqua riveste una grande importanza sia perchè essi non devono rilasciare sostanze potenzialmente pericolose per l’uomo, sia perchè non devono contribuire a creare condizioni favorevoli allo sviluppo batterico. Un’elevata rugosità dei materiali, ad esempio, agevola notevolmente i fenomeni di adesione alle pareti con conseguente formazione di biofilm. Evitare di arrivare a questo punto è fondamentale in quanto il biofilm esercita un’azione protettiva sui batteri adesi alle pareti rendendone molto difficile la rimozione e causando la tipica situazione in cui si osservano nell’acqua valori ridotti di conta microbica subito dopo una sanitizzazione a cui però fa seguito un repentino trend in aumento dopo breve tempo.
“6.8.3 THE WATER TREATMENT SYSTEM SHOULD PERMIT SANITIZATION” e “6.8.5 MATERIALS USED IN WATER TREATMENT EQUIPMENT SHOULD BE SELECTED TO ENSURE THAT WATER QUALITY IS NOT AFFECTED”
“6.8.4 WATER TREATMENT EQUIPMENT SHOULD BE SET UP SO AS TO AVOID STAGNATION AND RISKS OF CONTAMINATION”
Vogliamo terminare questo articolo soffermandoci sul punto 4. Esso, come il punto 1, necessita a nostro avviso di particolare attenzione. Abbiamo già detto che l’acqua purificata tende a ricontaminarsi, questo è tanto più vero tanto più essa rimane statica. E’ altresì importante notare che ciò è valido non solo per il processo di purificazione, ma anche per le fasi di stoccaggio e distribuzione che devono quindi essere altrettanto accuratamente progettate e realizzate. E’ proprio su queste ultime fasi, spesso poco conosciute nella pratica, che vogliamo dedicare il nostro approfondimento.
Si entra qui nel vivo di una parte molto specifica che in ogni azienda varia a seconda dei layout delle aree di produzione, delle abitudini e dei flussi di lavoro, ma ci sono dei criteri che valgono trasversalmente per tutti.
Come garantire quindi che l’acqua purificata prodotta mantenga una qualità idonea fino al momento dell’utilizzo nelle preparazioni cosmetiche?
Innanzitutto, è necessario creare un sistema di ricircolo continuativo (avoid stagnation) a valle del sistema per la purificazione dell’acqua che parta dal serbatorio di stoccaggio e arrivi fino ai punti d’uso per poi tornare di nuovo nel serbatoio, definendo così quello che viene chiamato P&ID (Piping & Instrumentation Diagram). In esso verrà dettagliata la sequenza dei componenti atti al mantenimento dei parametri chiave per la qualità dell’acqua. Di seguito, per meglio chiarirne il concetto, riportiamo un esempio di P&ID:
Il primo elemento rappresentato nel P&ID è il serbatoio di stoccaggio, esso presenta alcune caratteristiche costruttive fondamentali per la conservazione dell’acqua quali: un filtro di ventilazione (tipicamente multistrato, per la rimozione dei contaminanti aerodispersi e della CO2 che causerebbe una lenta acidificazione dell’acqua), un fondo conico per garantire lo svuotamento totale, una spry ball per il lavaggio della parte di testa e delle pareti, una lampada UV e un sensore di livello a pressione. Ognuno di questi accessori verrà collegato mediante connessioni “pulite” che non creino interstizi di ristagno dell’acqua (il tipo di connessione TRI-CLAMP, ad esempio, è ritenuta una delle migliori connessioni in tal senso).
L’acqua viene poi spinta verso i punti d’uso, tipicamente le elettrovalvole comandate da un batch-controller e posizionate nei pressi di ogni turboemulsore, mediante delle pompe correttamente dimensionate per garantire una portata e una velocità di flusso sufficienti a generare un moto turbolento all’interno dell’anello di distribuzione. Grazie a questo fenomeno, infatti, si avrà un effetto di autopulizia che renderà molto meno agevole il deposito di biofilm sulle pareti.
Dopo essere transitata per i punti d’uso, indipendentemente dal rispettivo utilizzo, l’acqua tornerà al serbatorio e ricomincerà il suo ciclo. Questo permetterà di evitare che l’acqua ristagni nei periodi di inattività produttiva legati ai tempi morti tra una lavorazione e l’altra.
Nell’esempio di P&ID in figura abbiamo aggiunto anche alcuni elementi accessori che riteniamo utili al nostro scopo. Essi possono essere definiti di volta in volta a seconda delle specifiche esigenze e sono rappresentati da: un passaggio su UV (il continuo irraggiamento dell’acqua in ricircolo riduce la proliferazione microbica), una filtrazione in linea su filtro 0,22 (si tratta di un filtro assoluto quindi di un’efficacissima barriera al passaggio dei m.o.) e un sistema di campionamento sanitario prima del rientro sul serbatoio per agevolare le operazioni di prelievo microbiologico e migliorarne l’affidabilità.
In conclusione, l’esempio di cui sopra potrebbe essere arricchito con molti altri accorgimenti, ad esempio un sistema di abbattimento della temperatura, ma questo tipo di dettaglio esula dallo scopo di questo articolo che intende invece condividere una visione d’insieme per la corretta gestione dell’ingrediente AQUA, in quanto fattore critico per le esigenze del settore cosmetico dove esso è molto spesso al primo posto nella lista INCI di un prodotto finito raggiungendo percentuali superiori al 60%.
La qualità di un prodotto cosmetico è legata a doppia mandata alla qualità dell’acqua utilizzata in produzione che rappresenta quindi un asset fondamentale per lo sviluppo di prodotti premium, innovativi e sostenibili.
EMANUELE PIROVANO
Merck Life Science
EMANUELE PIRO
Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari | Italia
Bio...
Emanuele Pirovano
Merck Life Science
Ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie Alimentari presso l’Università degli Studi di Milano con specializzazione e tesi in “Sistemi Integrati per la Gestione della Qualità” con il Prof. Claudio Peri.
Nel 2006 inizia il suo percorso come specialista applicativo per le tecnologie di purificazione dell’acqua in Millipore, attualmente è responsabile vendite per la divisione Lab Water Solutions di Merck Life Science.
In questi anni ha potuto arricchire la sua esperienza contribuendo alla realizzazione di impianti sviluppati in base alle esigenze specifiche di numerose aziende in ambito cosmetico, biotecnologico e farmaceutico.
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