Ad aprile scorso, la Corte di Giustizia ha pubblicato la sentenza n. C-386/23 (1), che torna sull’impiego di indicazioni salutistiche aventi ad oggetto sostanze vegetali, i c.d botanicals: una tematica sempre molto attuale, nonché “delicata” a fronte del vuoto normativo che, a livello europeo, esiste ormai da diversi anni.


Prima di esaminare la sentenza, può essere utile una breve premessa normativa.

Come noto, infatti, il Reg. CE 1924/2006 disciplina le indicazioni salutistiche e nutrizionali; prevede che solo i claims autorizzati possano essere impiegati, alle condizioni individuate specificamente per ciascuna indicazione.

Se l’elenco di claims nutrizionali autorizzati è stato fin da subito disponibile nell’Allegato I del Regolamento, per i claims salutistici è stato previsto un periodo di tempo affinché la Commissione europea predisponesse, con il supporto dell’EFSA, l’elenco di quelli autorizzati.


I lavori per l’elaborazione della lista dei claims salutistici autorizzati avrebbero dovuto comprendere anche le indicazioni aventi ad oggetto le sostanze vegetali; questa parte del lavoro, però, non è stata conclusa ed è tutt’oggi in sospeso.

Questo vuoto normativo è ormai un dato noto: anticipiamo che la stessa Commissione ne ha dato conferma nell’udienza della causa in esame affermando che “la valutazione delle indicazioni sulla salute relative alle sostanze botaniche è stata sospesa e l’elenco relativo a tali indicazioni non è ancora stato istituito”(2).


Anche la Corte dei Conti europea ha preso in considerazione questo vuoto normativo nella sua Relazione speciale sulla etichettatura degli alimenti, publicata a novembre 2024 (3).

In particolare, evidenziando come tale vuoto comporti un importante rischio di confusione per i consumatori, la Corte dei conti si è espressa in questi termini:


La Commissione ha sospeso la valutazione scientifica di una sottocategoria di indicazioni sulla salute relative a sostanze vegetali o “prodotti botanici”, perché non erano disponibili studi che dimostrassero l’impatto di tali sostanze sulle persone.

Nel 2023 il Parlamento europeo ha insistito sull’urgente necessità di valutare le indicazioni che sono in sospeso dal 2010. Nonostante ciò, 2078 indicazioni botaniche relative alle sostanze vegetali restano “in sospeso”.

In assenza di un elenco di indicazioni botaniche consentite dall’UE, i consumatori sono esposti a indicazioni non suffragate da una valutazione scientifica o potenzialmente fuorvianti [...].

Gli Stati membri hanno approcci diversi su queste indicazioni …, che potrebbero ulteriormente accrescere la confusione dei consumatori.


Stante la situazione mostrata, veniamo ora alla sentenza, che ci risulta essere il provvedimento più recente sul tema.


La controversia nella quale è stata sollevata la domanda di pronuncia pregiudiziale ha origine in Germania e riguarda la promozione di un integratore alimentare contenente estratto di zafferano e succo di melone; l’integratore veniva pubblicizzato rivendicando gli effetti dello zafferano sul miglioramento dell’equilibrio emotivo e della qualità del sonno e gli effetti del succo di melone sulla riduzione della sensazione di stress e di stanchezza.


La Corte Federale di giustizia tedesca ha sollevato la questione pregiudiziale e ha presentato alla Corte di Giustizia il seguente quesito:

Se si possano pubblicizzare sostanze provenienti da piante o da erbe (“sostanze botaniche”) mediante indicazioni sulla salute (articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006) oppure mediante il riferimento a benefici generali e non specifici della sostanza nutritiva o dell’alimento per la buona salute complessiva o per il benessere derivante dallo stato di salute (articolo 10, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006), senza che tali indicazioni siano autorizzate a norma di tale regolamento e incluse nell’elenco delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14 del regolamento (articolo 10, paragrafo 1, del medesimo regolamento) o senza che tale riferimento sia accompagnato da un’indicazione specifica sulla salute inclusa negli elenchi di cui agli articoli 13 o 14 del regolamento (articolo 10, paragrafo 3, del medesimo regolamento), fintantoché non siano stati ancora completati la valutazione dell’[EFSA] e l’esame della Commissione sull’inserimento delle indicazioni richieste in relazione alle “sostanze botaniche” nell’elenco comunitario ai sensi degli articoli 13 e 14 del regolamento n. 1924/2006»”.


In sostanza, è stato chiesto ai Giudici europei se, in assenza di un apposito, si possano comunque usare indicazioni salutistiche aventi ad oggetto i botanicals.


Ebbene, la Corte ha richiamato innanzitutto la norma di riferimento e quindi il Regolamento 1924 e ha evidenziato come l’art. 10 preveda un divieto di principio delle indicazioni sulla salute, ad eccezione di quelle incluse negli elenchi di cui agli artt. 13 e 14. Infatti, i claims salutistici sono vietati, a meno che non siano autorizzati.


Questo è un divieto che vuole rispondere in maniera puntuale all’obiettivo di tutelare la salute umana e di proteggere i consumatori: l’esame dei claims salutistici e la loro inclusione nell’elenco di quelli autorizzati sono elementi che consentono di garantire che una indicazione sia supportata scientificamente e sia fornita in modo da non ingenerare confusione ai consumatori.


Le indicazioni che non sono autorizzate, di conseguenza, non possono essere usate e rientrano nel campo di applicazione del divieto.


Sono previste però misure derogatorie che la Corte riporta citando l’art. 28, parr. 5 e 6 del Regolamento 1924 per analizzarle alla luce del caso in esame.

La Corte fa, infatti riferimento al considerando 9)del Reg. CE 536/2013 (4), secondo cui “allo scopo di assicurare la trasparenza e la certezza del diritto a beneficio di tutte le parti interessate, le indicazioni di cui non è stato ancora completato l’esame resteranno pubblicate sul sito della Commissione e potranno continuare a essere utilizzate a norma delle disposizioni di cui all’articolo 28, paragrafi 5 e 6, del regolamento (CE) n. 1924/2006” (5).

Il Regolamento 1924 dispone, infatti, di un regime transitorio per le indicazioni che non sono state ancora inserite nell’elenco europeo e che, come chiarito dalla Corte, è diretto a concedere agli operatori la possibilità di avvalersi anche di claims non ancora autorizzati.

La norma in questione è l’art. 28, e in particolare i paragrafi 5 e 6 prevedono due regimi differenti a seconda del tipo di claims; in sintesi:


  • il paragrafo 5 si riferisce ai claims sulla salute che descrivono o fanno riferimento al ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo (art. 13, par. 1, lett. a).

Questi claims possono essere impiegati tra l’entrata in applicazione del Regolamento 1924 e la formulazione dell’elenco, a condizione che siano conformi al Regolamento 1924 e alle disposizioni nazionali applicabili. Devono quindi rispettare i principi generali del regolamento 1924 (non devono essere fuorvianti e devono essere fondati scientificamente) e devono rispettare i requisiti nazionali.


  • Il paragrafo 6 si riferisce alle indicazioni sulla salute diverse da quelle di cui all’art. 13, par. 1, lett. a), e all’art. 14, par. 1, lett. a), che sono state impiegate nel rispetto delle disposizioni nazionali prima dell’entrata in vigore del Regolamento 1924, e distingue due casi:
  1. indicazioni sulla salute che sono state sottoposte a valutazione e autorizzazione in uno Stato membro: queste sono autorizzate se lo Stato le ha comunicate alla Commissione entro il 31 gennaio 2008s e se la Commissione ha adottato, previa consultazione dell’EFSA, una decisione.

Le indicazioni sulla salute non autorizzate secondo questa procedura possono continuare ad essere impiegate per un periodo di sei mesi dall’adozione della decisione.

  1. Indicazioni sulla salute che non sono state sottoposte a valutazione e autorizzazione in uno Stato membro: possono continuare ad essere impiegate purché sia stata presentata, anteriormente al 19 gennaio 2008, una domanda ai sensi del Regolamento.

Le indicazioni sulla salute non autorizzate secondo questa procedura possono continuare ad essere impiegate per un periodo di sei mesi dall’adozione della decisione di cui all’art. 17, par. 3.


Ebbene, tenuto conto del contesto normativo complessivo e delle misure derogatorie volte ad andare incontro a eventuali interessi comunicazionali degli operatori (pur sempre entro i limiti e le condizioni stabiliti) con riguardo ai botanicals, la Corte ha precisato che “la circostanza che le indicazioni sulla salute relative a sostanze botaniche non possano essere oggetto di tale autorizzazione finché la Commissione non ne abbia portato a termine l’esame, ai fini di un loro eventuale inserimento negli elenchi delle indicazioni sulla salute consentite, non produce l’effetto di impedirne qualsiasi impiego.

Infatti, …, il legislatore dell’Unione ha previsto misure transitorie dirette a concedere a tali operatori alcune possibilità di avvalersi di siffatte indicazioni” (6).


Nel caso esaminato, analizzate le deroghe, è però emerso come queste non fossero applicabili, infatti: l’indicazione avente ad oggetto l’estratto di zafferano era stata oggetto di domanda tardiva, mentre quella relativa al succo di melone non era stata oggetto di alcuna domanda.

In questi termini, i claims non potevano essere usati.


Come anticipato, la sentenza della Corte rappresenta il provvedimento, per quanto ci risulta, più recente sui botanicals e ci sembra interessante poiché chiarisce come, nell’analisi di indicazioni non ancora autorizzate, si debba comunque verificare se l’operatore che le usa possa godere delle misure derogatorie che il Regolamento 1924 contempla.

Partendo infatti dalle osservazioni dell’Avvocato generale, che ha sostenuto come il quadro normativo di riferimento consenta di garantire il giusto equilibrio tra i diritti fondamentali da conciliare senza pregiudicare in modo eccessivo il diritto legittimo degli operatori economici del settore alimentare a esercitare la loro attività imprenditoriale, in massima i Giudici europei hanno rimarcato che l’art. 10, parr. 1 e 3 del Regolamento 1924 non consente l’impiego di claims salutistici né l’impiego di claims generici nell’ambito della pubblicità commerciale effettuata per un integratore alimentare composto da «sostanze botaniche», finché la Commissione europea non abbia portato a termine l’esame delle indicazioni sulla salute relative alle sostanze botaniche ai fini del loro inserimento negli elenchi, a meno che l’impiego di tali indicazioni non sia autorizzato a norma dell’articolo 28, paragrafo 6, e cioè a meno che non rientri nell’applicazione della deroga.


Laddove tali deroghe non siano applicabili, vige il divieto di principio espresso dalla normativa, secondo cui in assenza di autorizzazione non è possibile impiegare claims salutistici.


Si tratta, invero, di una conferma, e difatti, per quanto ci riguarda in Italia, le nostre Autorità hanno già avuto modo di esprimersi in questi termini.


Il punto è che tale divieto si impone anche ai botanicals per i quali, da un lato, in tanti casi certe funzionalità salutistiche discendono da conoscenze che la storia e la tradizione portano con sé da decenni; dall’altro, è comunque da moltissimo tempo che gli operatori attendono che la Commissione e l’EFSA terminino il loro esame e autorizzino – o meno – le indicazioni salutistiche attribuite a queste sostanze botaniche.


Come rimarcato anche da diverse Istituzioni europee, sarebbe auspicabile che, dopo quasi vent’anni dalla pubblicazione del Regolamento claims, vi fossero sviluppi concreti nell’elaborazione della lista dei claims sui botanicals, e quindi una armonizzazione della materia, a beneficio sia degli operatori che dei consumatori.

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