Omeostasi, stress, allostasi e resilienza

La capacità di adattarsi all’ambiente e alle perturbazioni in maniera dinamica, efficace e costante è intrinsecamente correlata allo stato evolutivo di un organismo vivente; gli animali superiori, Homo sapiens in primis, fanno proprio della capacità di adattarsi a perturbazioni ambientali, fisiche, chimiche, ma anche psicologiche, un elemento fondamentale del loro sviluppo co-evolutivo sul pianeta. Abbiamo quindi la capacità di spostare il nostro equilibrio basale, omeostasi, verso uno stato di nuovo equilibrio, allostasi, promosso da una perturbazione che produce uno stress psico-neuro-endocrino-immunitario-(motorio); la capacità di adattamento efficace mediante lo stress è definita resilienza (1).


La biochimica dello stress

È facilmente percepibile che lo stress a cui un organismo è sottoposto è tanto più ampio quanto è più intensa e duratura la perturbazione e, di conseguenza, a maggiore stress corrisponde un’aumentata richiesta di energia psico-fisica. La classica risposta fisiologica ad una perturbazione non immediatamente risolta prevede una fase di stress che attiva l’ipotalamo che, attraverso l’adenoipofisi, induce il rilascio di corticotropina che a sua volta determina il rilascio di cortisolo da parte della zona fascicolata della corticale del surrene. Lo stress quindi mette in moto una ampia risposta psico-fisica attraverso l’asse ipotalamo-adenoipofisi-surrene (asse HPA secondo l’acronimo inglese) e, accanto a neurotrasmettitori a livello centrale, i livelli di cortisolo sono il termometro della nostra capacità di adattamento e quindi dello stress in atto (2).


Distress e sue conseguenze

Una perturbazione può portare a disregolazioni adattative (distress) quando l’organismo è incapace di fronteggiare correttamente una perturbazione o quando, per intensità e durata, produce un esaurimento delle energie (figura 1). Perturbazioni di prevalente stampo psicologico possono facilmente evolvere in stati ansiosi, insonnia e disturbi dell’umore, ma l’affaticamento psico-fisico può portare anche a stanchezza, difficoltà di concentrazione e abbassamento delle difese immunitarie. In queste situazioni si osserva eccitabilità neuronale, iperattivazione del sistema nervoso autonomo simpatico e ipercortisolemia (3).

Gli adattogeni

La fitoterapia nel contesto del trattamento dei sintomi psico-fisici dello stress ha un ruolo fondamentale nella medicina occidentale e in quella orientale e questo perché si basa su una cultura etnofarmacologica straordinaria che ha permesso di individuare e saper utilizzare diverse preparazioni di piante medicinali che hanno impiego per trattare contemporaneamente sintomi fisici e mentali, che producono un effetto positivo nel momento di maggiore richiesta di energia e risorse dell’organismo, piante medicinali adattogene, come le definì per la prima volta il Dottor Lazarev circa 60 anni fa (4).

Sfuggendo un po’ dal concetto classico meccanicistico della chimica farmaceutica, gli adattogeni sono stati per lungo tempo solo studiati sulla base delle poche ed eterogenee evidenze cliniche, ma negli ultimi 20 anni si è assistito ad un nuovo vigoroso interesse della ricerca scientifica su alcune di queste piante medicinali che ha permesso di inquadrarle in maniera più razionale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nei 5 volumi di Monografie di Piante Medicinali riporta specie utilizzate in diverse parti del mondo che hanno indicazione terapeutica nell’affaticamento, nell’esaurimento, per migliorare le capacità cognitive, come tonico generale e tra queste avvalora in particolare il ruolo del ginseng asiatico e americano (Panax ginseng C.A. Meyer e Panax quinquefolius L radice), eleuterococco (Eleutherococcus senticosus (Rupr. & Maxim) Maxim.) radice, rodiola (Rhodiola rosea L.) rizoma e radice, schisandra (Schisandra chinensis (Turcz.) Baill.) frutto, withania (Whitania somnifera (L.) Dunal.) radice e astragalo (Astragalus membranaceus Moench.) radice. Le successive valutazioni positive di autorità come l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) e l’americana Food and Drug Administration (FDA) hanno ancora di più valorizzato le piante adattogene e sono pubblicate oggi le monografie comunitarie EMA sul ginseng asiatico radice, eleuterococco radice e rodiola rizoma e radice (5).

Nel settore dei prodotti erboristici per la salute (botanical food supplements) in Europa, in USA e in molti altri paesi del mondo sono autorizzate e commercializzate molte piante adattogene, necessariamente senza un’indicazione terapeutica, ma con associato un effetto salutistico per il loro utilizzo; in Italia sono autorizzate 13 specie che hanno il claim salutistico adattogeno, tra cui spiccano per consumo specie ben note: ancora tutti i ginseng, rodiola, eleuterococco, withania, schisandra, astragalo e withania, ma anche Lepidium meyenii Walp. radice (maca) e le ayurvediche Ocimum tenuiflorum L. erba (tulsi) e Phyllanthus emblica L. frutto (emblica) (6).


Meccanismo d’azione degli adattogeni

Studi di network pharmacology e espressione genica degli ultimi anni hanno rivelato che la caratteristica farmacologica che accomuna alcune delle specie è la loro interazione sull’asse ipotalamo-adenoipofisi-surrene (HPA), in particolare nella regolazione centrale di risposte molecolari determinate dalla neurotrasmissione e dall’ormone di rilascio della corticotropina (CRH) che sono attivati da una perturbazione psicologica o ambientale (7).


I punti di forza degli adattogeni: efficacia e sicurezza

Piante medicinali come rodiola o ginseng, in maniera minore eleuterococco e withania hanno una cospicua letteratura clinica a supporto del loro razionale utilizzo. Ma l’elemento fondamentale che caratterizza queste piante medicinali è la sicurezza d’uso; le preparazioni sono ottimamente tollerate, hanno rari effetti collaterali e poche interazioni farmacologiche (8-9).


Conclusioni

Le costanti sollecitazioni ambientali e il conseguente stress a cui siamo sottoposti portano molto spesso a subire alterazioni psico-fisiche anche di notevole grado; se i farmaci di sintesi hanno chiara importanza nel trattare sintomi patologici specifici, gli adattogeni vegetali hanno un ruolo non inferiore per minimizzare lo stress, aumentare la capacità di resilienza e produrre effetti importanti per la salute, associando una peculiare sicurezza d’uso.

Conoscere e saper utilizzare gli adattogeni significa poter mettere in pratica una delle più affascinanti pagine della fitoterapia nel contesto della medicina moderna e centrata sulla persona.

Stress e piante medicinali:
conoscere gli adattogeni  

Figura 1. Le tre fasi classiche di risposta ad una perturbazione: reazione di allarme, fase di resistenza e, in caso di stress eccessivo o prolungato, fase di esaurimento.