SALUTE MENTALE
E COGNITIVA:
COSA POSSIAMO FARE?
Oggigiorno si parla di salute mentale e cognitiva, ma forse non abbastanza, visto l’aumento delle patologie relative a questi due ambiti: se i fattori genetici sono importanti, non lo sono da meno gli stili di vita e se lo studio dei primi, ancorché promettente, ha ancora molta strada da fare, riguardo i secondi abbiamo ormai una mole di letteratura molto ampia.
Gli stili di vita già problematici sono ulteriormente peggiorati con il Covid-19 e non solo a livello di alimentazione: per esemplificare, cito solo uno studio di Hu et al. (1), ove si mostra come l’isolamento e la quarantena durante questo periodo abbiano limitato le attività fisiche e sociali della popolazione, cosa che ha contribuito all'aumento della frequenza dei disordini mentali.
La depressione e l'ansia sono le malattie più comuni, e hanno un serio impatto sulla qualità della vita di chi ne soffre e di chi gli sta intorno…ma l’aumentata richiesta di prestazioni in questo campo è destinata a restare inevasa, come affermato dall’OMS che, sulla base di una ricerca effettuata in 130 Paesi, ha riscontrato come il 93% dei servizi di salute mentale abbia subito pesantissimi rallentamenti.
Una citazione anche per la sindrome da Long Covid: se i correlati fisiologici in certi casi purtroppo permangono a lungo, alcuni recentissimi studi (2), (3) evidenziano alcune discrepanze in relazione a quelli psicologico-mentali, dato che il primo rileva problematiche anche dopo mesi dall’infezione, mentre il secondo conclude che in massima parte tornano alla normalità (tenendo in conto la percentuale di affezioni che già caratterizzano la popolazione…).
LO STATO DELLE COSE
Andando al discorso cognitivo, uno studio di Garcia et al. (4) ben sintetizza lo stato dell’arte: gli autori affermano che la capacità cognitiva può essere influenzata dai componenti della dieta e soggiungono che dato il virgolettato, è ovviamente letterale: “I cibi a basso indice glicemico sembrano migliorare l'attenzione, la memoria e la capacità funzionale, mentre quelli ricchi di zuccheri semplici sono associati a difficoltà di concentrazione e attenzione.
L’importanza delle proteine è dimostrata dal fatto che il cervello ha bisogno di un continuo apporto di aminoacidi per la sintesi dei neurotrasmettitori, in particolare serotonina e catecolamine. Bassi livelli di serotonina sono stati collegati alla diminuzione dell'apprendimento, del ragionamento e della memoria.
Riguardo i grassi, qualità e tipo possono influenzare la capacità intellettuale e mentale: l'elevato apporto di grassi saturi è stato correlato al deterioramento cognitivo, mentre il consumo di acidi grassi polinsaturi ha effetti benefici nella loro prevenzione. Si consiglia di consumare diete con un rapporto adeguato (5:1…possibilmente anche meno, aggiungo io) di omega-6 / 3 (tipo dieta mediterranea, con tutti i distinguo del caso…) dato che questa tipologia di nutrienti è appunto associata ad una migliore capacità mnemonica e a un minor rischio di danneggiamento cognitivo.
Le vitamine B1, B6, B12, B9 (acido folico) e D, colina, ferro e iodio esercitano effetti neuroprotettivi e migliorano le prestazioni intellettuali. In parallelo, gli antiossidanti (ad esempio, vitamine C, E, A, zinco, selenio, luteina e zeaxantina) hanno un ruolo molto importante nella difesa contro lo stress ossidativo associato al declino della salute mentale e nel miglioramento della cognizione.
Attualmente, vi è un elevato consumo di diete ricche di grassi saturi e zuccheri raffinati e basso apporto di frutta, verdura e acqua che possono influenzare negativamente la capacità cognitiva. Un'alimentazione adeguata è necessaria per ottimizzare la funzione cerebrale e prevenire il declino cognitivo”.
Concetti similari vengono esposti da Scarmeas e colleghi (5), i quali pongono anche l’accento sull’utilizzo di tecnologie innovative: ”La nutrizione è un importante fattore di stile di vita che può modificare il rischio di futuri danni cognitivi e demenza. Secondo alcune, non conclusive, prove esiste una associazione protettiva nelle persone anziane tra alcuni nutrienti (ad esempio, folati, flavonoidi, vitamina D, e alcuni lipidi) o gruppi alimentari (ad esempio, frutti di mare, verdura e frutta e consumo di alcol e caffeina potenzialmente moderato) e risultati cognitivi. Per alcuni nutrienti e gruppi alimentari, l’aiuto potrebbe essere maggiore negli individui con carenze in alcuni nutrienti o una predisposizione genetica al deterioramento cognitivo. L'individuazione di associazioni potenzialmente diverse tra tali sottogruppi dovrebbe essere una priorità per la ricerca futura.
Attualmente, l'evidenza di un'associazione tra nutrizione e risultati cognitivi è in qualche modo più forte per modelli dietetici sani, come la dieta di tipo mediterraneo, che per i singoli nutrienti e gruppi alimentari, forse a causa degli effetti benefici cumulativi dei molti ingredienti in queste diete. Gli interventi multidominio (inclusa una componente nutrizionale) potrebbero anche essere promettenti per la prevenzione della compromissione cognitiva e della demenza. L'uso di tecnologie avanzate per la valutazione della nutrizione e biomarcatori recentemente identificati della nutrizione e dei risultati neurobiologici sarà importante per raggiungere questo obiettivo”.
Un altro aspetto importante quanto innovativo, è proprio l'interrelazione tra microbiota e funzionalità cerebrale, a livello sia cognitivo sia patologico: nel 2019 la prestigiosa rivista Neurobiology of Disease ha pubblicato un editoriale molto interessante per presentare un numero speciale ("Microbiome in neurological and psychiatric disease") interamente dedicato all'argomento, ove si afferma che studi meccanicistici approfonditi sull'importanza del microbioma intestinale in relazione alla salute del cervello e sul ruolo della disbiosi nella patogenesi e nella progressione dei disturbi cerebrali potranno rivelare potenziali opportunità di agire sul microbiota intestinale con diete, pre- e probiotici. In questo numero speciale, Caruso Flux ha presentato i complessi effetti del microbioma dell'intestino sull'intera zione tra i sistemi immunitario, endocrino e nervoso sulla modulazione dell'umore e sulla resilienza nei confronti della depressione. Emily Severance ha esaminato il ruolo del microbioma intestinale nella schizofrenia, legato a risposte immunitarie che possono aumentare il rischio di contrarre questo e forse altri disturbi psichiatrici. Non sorprende, oltre agli effetti delle alterazioni del microbioma intestinale sul comportamento e sui disturbi dell'umore, che emergano nuove prove del fatto che la disbiosi intestinale abbia anche un ruolo importante nell'eziologia o nella progressione della malattia neurodegenerativa…il futuro sarà ricco di sorprese!
Gli studi sono tanti… sicuramente uno che ne riassume i concetti, con dovizia di particolari, è “Food for thought” (6) uno scritto dal titolo suggestivo e dai contenuti veramente interessanti.
L’ASPETTO COGNITIVO
MARCO TULLIO CAU
Presidente Ass. Monegasque de Lifestyle Medicine
Principato di Monaco
Bio...
Marco Tullio Cau
Laurea in Psicologia, Scienze della Comunicazione e Sociologia. Master in Nutrizione Clinica, Psicologia dello Sport, Psicologia del Comportamento Alimentare. Corso di Alta Formazione in Metodologia Antiaging e Antistress, Corso di perfezionamento “Lifestyle Expert over 60”, Corso biennale come Consulente Sessuale. AMFPC (Approccio metabolico-funzionale in pratica clinica), EFS-ESSM Qualified Psycho-Sexologist, ed altre. Ha inoltre frequentato dei corsi presso la UCSB (USA).
Anche la salvaguardia della salute mentale segue direttrici similari, ovviamente non nei casi più gravi che necessitano dell’utilizzo di farmaci. Gli studi si stanno accumulando, ma cito solo quello di Sarris et al. (7), che affrontano la questione a 360° e prevedono per i prossimi decenni un netto aumento delle malattie psichiatriche in generale, ma in special modo ansia e depressione.
Qui le loro argomentazioni si fanno particolarmente interessanti, dato che attribuiscono la colpa di queste previsioni nefaste alla rapida urbanizzazione e al conseguente cambiamento di stile di vita (si ragiona a livello globale), a livello di dieta, attività fisica e strutture sociali, e specificando che proprio la dieta si pone al crocevia tra malattia fisica e mentale. Gli autori approfondiscono poi le loro riflessioni, facendo notare che l'industria alimentare ha determinato pesanti trasformazioni rispetto agli stili di vita e ai modelli alimentari tradizionali.
Una dieta appunto "tradizionale", fatta di alimenti integrali e comunque non industrializzati fornisce un'abbondanza di micronutrienti, polifenoli e grassi sani che sono associati a una funzione cerebrale ottimale, individualmente e collettivamente, ed attraverso molteplici percorsi. Questo include azioni fondamentali volte a migliorare la risposta immunitaria, la sopravvivenza neuronale, il metabolismo energetico, l'aumento della sintesi delle neurotropine e dei neuro trasmettitori, la fluidità e integrità della membrana cellulare, il trasporto del glucosio, la sintesi ed il metabolismo dei nutrienti, l'espressione genica, la metilazione, la riduzione della pressione sanguigna e la neuro-infiammazione ed anche la riduzione della pressione arteriosa (autori: sempre Sarris et al.).
Il corrente stato delle cose, nel quale la popolazione mondiale consuma cibi poveri di nutrienti, ricchi di calorie e altamente lavorati, ha portato a una situazione storica unica, nella quale molti sono allo stesso tempo sottonutriti e super-alimentati: infatti, nonostante le entrate caloriche totali siano aumentate, le persone non raggiungono i quantitativi raccomandati di molti nutrienti essenziali per il corretto funzionamento cerebrale (e non solo…), come per esempio omega-3, vitamine del gruppo B, magnesio, zinco.
I consumi ancora modesti di cereali (veramente) integrali e di vegetali (un tempo) ricchi di nutrienti, l'abuso mai veramente diminuito di zucchero sotto varie forme e di grassi della tipologia sbagliata... lo scarso movimento, il fumo, l’eccesso di alcol e droghe varie hanno contribuito, tutti insieme, all’ininterrotto peggioramento della salute generale che ormai va avanti da molti anni…si aggiungono anni alla vita, ma non vita agli anni! Gli autori (sempre Sarris et al. che confermano quanto esposto da Martinez, Scarmeas e Spencer) danno indicazioni similari a quanto sopra esposto, sottolineando come il cervello necessiti di molti nutrienti.
Concludo, facendo notare come i criteri nutrizionali elencati siano non solo validi ai fini del mantenimento della funzione cognitiva e salute mentale, ma anche per salute cardiovascolare, sessuale e per evitare l’insorgere delle tante patologie croniche non trasmissibili che affliggono l’umanità nel XXI secolo.
LA SALUTE MENTALE
Gli ormoni sono messaggeri che viaggiano nel nostro corpo attraverso il sangue e fanno sì che il nostro organismo funzioni al meglio delle sue potenzialità. I neurotrasmettitori sono sostanze ad azione simil ormonale ma che viaggiano tramite il Sistema Nervoso. Gli ormoni e i neurotrasmettitori nella giusta quantità sono indispensabili per la prestazione muscolare, mentale, sessuale. Purtroppo, nel caso di scorretti stili di vita, a causa di una alimentazione sbagliata, per delle carenze di micronutrienti, in seguito all'invecchiamento questi livelli ormonali si possono alterare e la nostra qualità della vita ne risente notevolmente e non è un caso se il processo di invecchiamento è dai più collegato ad un decadimento ormonale. Ma come accennato prima oggi per vari motivi anche in giovane età assistiamo a squilibri ormonali che possono però essere in buona parte corretti da stili di vita, alimentazione e integrazione alimentare mirata.
DALLA QUARTA DI COPERTINA
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