IBS DAYS

REPORT POST-EVENTO 

NUTRIZIONE CLINICA

Si è svolto a Bologna tra il 20 e il 22 Giugno la nuova edizione del Congresso Internazionale IBS DAYS, organizzato dal Prof. Giovanni Barbara, ordinario di Medicina Interna dell’Università di Bologna e Direttore delle U.O.C. di Gastroenterologia e U.O.C. di Medicina Interna, Malattie Neurovascolari ed Epatometaboliche dell’IRCCS Policlinico S. Orsola. 

    Grazie ai 43 maggiori esperti mondiali sul tema della sindrome dell’intestino irritabile, si è fatto il punto sulle ultime evidenze nel campo della epidemiologia, del ruolo dei fattori genetici, dieta, microbiota, infiammazione e infezione, diagnosi e biomarcatori, nonché approcci terapeutici attuali e futuri. Tra le relazioni più interessanti ne segnaliamo quattro. 

      INTRODUZIONE

      ALESSANDRO COLOMBO 

      Biocure gruppo PiLeJe | Italia

      Bio...

      MEMBRO DEL COMITATO SCIENTIFICO di NUTRA HORIZONS ITALIA

      Bio...

      EDIZIONE SPONSORIZZATA DA

      La sindrome dell’intestino irritabile (Irritable Bowel Syndrome, IBS) è una condizione dall’eziopatogenesi complessa e ancora poco chiara, derivante dalla combinazione di micro-disfunzioni organiche, a cui si aggiungono fattori psicologici sfavorevoli, che contribuiscono a peggiorare il disturbo funzionale intestinale attraverso svariati meccanismi bidirezionali, lungo l’asse intestino-cervello. Per migliorare i sintomi dell’IBS è necessario agire su entrambi i fronti, organico e psichico, poiché soltanto in questo modo è possibile disinnescare il circolo vizioso negativo che si crea tra intestino e cervello e che, in assenza di interventi appropriati, arriva a determinare un serio scadimento della qualità di vita dei pazienti.  

      «Gli approcci per i quali esistono maggiori evidenze di efficacia nel trattamento dell’IBS sono la terapia cognitivo-comportamentale (CBT, Cognitive Behavioural Therapy) e l’ipnoterapia», ha precisato l’esperta, «ma esistono dati favorevoli anche per l’allenamento all’autogestione, la riduzione dello stress attraverso la mindfulness e la terapia interpersonale psicodinamica. Nel caso dell’IBS, la CBT mira a rimodulare le sensazioni intestinali percepite, lavorando sui pensieri che esse innescano e sui comportamenti che ne derivano, orientandoli verso un atteggiamento meno negativo e meno reattivo». 

      Laurie Keefer
      Psicologa della Salute gastrointestinale
      Docente di Medicina e Psichiatria

      Icahn School of Medicine at Mount Sinai
      New York | USA

      INFLUENCE OF PSYCHOLOGICAL FACTORS IN IBS

      La sindrome dell’intestino irritabile con diarrea prevalente (IBS-D) e la diarrea funzionale (FDr) sono disturbi dell’interazione intestino-cervello (DGBI, Disorders of Gut-Brain Interaction) caratterizzati da episodi diarroici, che i Criteri di Roma IV distinguono principalmente sulla base del dolore addominale: obbligatoriamente presente almeno una volta alla settimana per tre mesi e correlato alla defecazione, nel primo caso; facoltativo e non predominante, nel secondo. 

      Non era però ancora chiaro quali dovessero essere il percorso diagnostico e l’approccio di gestione più appropriati nei due casi. Questa lacuna è stata recentemente sanata dalla pubblicazione di linee guida clinico-pratiche sviluppate su iniziativa dell’United European Gastroenterology (UEG) e dell’European Society for Neurogastroenterology and Motility (ESNM).  

      Relativamente al trattamento, un forte consenso è stato raggiunto sull’impiego alla dieta FODMAPs (basata sul consumo di alimenti a basso contenuto di oligo-, di- e monosaccaridi fermentabili e polioli) per brevi periodi, che ha dimostrato di ridurre i sintomi globali e la frequenza delle scariche in pazienti con IBS-D. Al contrario, non è ritenuto opportuno proporre la dieta priva di glutine in assenza di diagnosi di malattia celiaca o specifica intolleranza.  

      «Per i probiotici», ha sottolineato il prof. Savarino, «esistono da tempo evidenze di un generale effetto positivo sui sintomi dell’IBS e più recenti dati di letteratura che depongono a favore della capacità di alcuni microrganismi, somministrati singolarmente o nel contesto di preparati multiceppo, di alleviare i sintomi globali dell’IBS-D (compreso il dolore addominale) e, in alcuni casi, di migliorare la frequenza delle scariche e la qualità di vita dei pazienti. Su queste basi, il panel si è trovato concorde nel raccomandare questa strategia di intervento nella gestione dei pazienti con IBS-D. La eterogeneità delle evidenze dovrebbe indurre a preferire i prodotti probiotici per i quali esistono specifiche prove di efficacia in letteratura a supporto dell’impiego mirato nell’IBS-D. 

      Prof. Edoardo Savarino
      Professore Associato di Gastroenterologia
      Università degli Studi di Padova 

      UEG / ESNM GUIDELINES ON FUNCTIONAL BOWEL DISORDERS WITH DIARRHEA

      Le infezioni ricorrenti da Clostridium difficile (RCDI) richiedono spesso terapie antibiotiche prolungate per essere eliminate in modo definitivo. Ma non è detto che sia l’approccio migliore. E, soprattutto, resta da capire come affrontare le complicanze intestinali che possono interessare i pazienti dopo l’eradicazione farmacologica del patogeno, a partire dalla sindrome dell’intestino irritabile post-infettiva (Irritable Bowel Syndrome post-Infection, IBS-PI). «I nostri dati», ha sottolineato il prof. Collins, «confermano che sia il trapianto di microbiota fecale (FMT) da donatore sano sia la somministrazione di psyllium al 15% sono in grado di ripristinare un transito intestinale normale e di far regredire l’attivazione dei macrofagi. I benefici offerti dallo psyllium sui vari fronti sono, però, limitati al periodo di assunzione regolare e vengono meno quando si interrompe l’intervento dietetico, mentre il miglioramento del transito intestinale e degli altri parametri ottenuto con FMT si mantiene per i 12 mesi successivi al trasferimento da donatore sano». Resta da verificare se gli esiti favorevoli del FMT e della supplementazione della dieta con psyllium osservati nei modelli animali sono riproducibili nell’uomo. Inoltre, in considerazione del ruolo chiave giocato dal microbiota e dagli SCFA nel ripristino del transito intestinale post-RCDI, sarebbe interessante testare la possibile efficacia di ulteriori interventi focalizzati sull’ottimizzazione della microflora endogena, come la somministrazione per bocca di specifici probiotici o miscele multistrain.

      Stephen Collins
      Docente di Medicina e Direttore
      Farncombe Family Digestive Health Research Institute
      McMaster University
      Hamilton | Canada

      POST-C. DIFFICILE GUT DYSFUNCTION: A VARIANT OF PI-IBS

      La barriera gastrointestinale è stata a lungo considerata una semplice barriera anatomica costituita da un monostrato di cellule epiteliali connesse lateralmente da giunzioni strette (tight junction), che ne mantengono la polarità e limitano la diffusione dei soluti attraverso la via paracellulare. Ma a livello intestinale entrano in gioco due ulteriori elementi, che risultano determinanti nel definirne le proprietà e la permeabilità selettiva: il muco e il microbiota. «Negli ultimi anni», ha sottolineato il prof. Gasbarrini, «il riconoscimento delle profonde interazioni tra microbiota, muco ed epitelio ha portato a ridefinire la barriera intestinale come una barriera “anatomo-microbiologica” e gli studi genomici hanno iniziato a evidenziare il ruolo di specifici ceppi batterici (come Akkermansia muciniphila) nell’influenzarne le caratteristiche e il grado di permeabilità. In considerazione delle profonde interazioni tra microbiota ed epitelio intestinale e del ruolo delle disbiosi nell’insorgenza e nel mantenimento della leaky gut, esiste un forte razionale per l’impiego di prodotti probiotici per migliorare la permeabilità intestinale. 

      Ad aggiungere nuovi interessanti risultati sull’effetto dei probiotici in pazienti con iperpermeabilità intestinale è uno studio pilota prospettico di intervento, di Fase IV, recentemente condotto dal gruppo del prof. Gasbarrini presso il Policlinico Gemelli di Roma su pazienti affetti da IBS con diarrea prevalente (Irritable Bowel Syndrome with Diarrhea, IBS-D) e alterazione della permeabilità intestinale verificata con tracciante radioattivo.  

      «Nel trial», ha spiegato il prof. Gasbarrini, «è stata testata una formulazione probiotica multistrain, composta da cinque ceppi di lattobacilli di proprietà del gruppo PiLeJe (Lactobacillus acidophilus LA201, Lactobacillus plantarum LA301, Lactobacillus salivarius LA302, Bifidobacterium lactis LA303, Bifidobacterium lactis LA304).  

      Al termine del periodo di studio (giorno 30)», ha sottolineato il prof. Gasbarrini, «l’81,5% dei pazienti che avevano assunto la formulazione multistrain di lattobacilli ha ottenuto un miglioramento della permeabilità intestinale (riduzione della leaky gut, valutata come EDTA/DPTA ≥ 3%), mentre nel 37% dei trattati è stata evidenziata una completa normalizzazione della barriera intestinale». In aggiunta, anche i parametri clinici esaminati (frequenza delle scariche diarroiche, dolore addominale, livello soddisfazione e qualità della vita percepita) sono risultati migliorati in modo significativo in tutti i pazienti che avevano assunto il mix probiotico. 

      Questi esiti, ottenuti in una casistica notoriamente difficile da gestire come quella dei pazienti affetti da IBS-D, inducono a ritenere che specifici probiotici e loro combinazioni possano contribuire a un migliore controllo del disturbo attraverso un’azione indirizzata a ripristinare una corretta permeabilità intestinale, che va ad aggiungersi all’effetto favorevole più generale sull’equilibrio del microbiota intestinale e la prevenzione delle disbiosi. Un’ipotesi sicuramente meritevole di ulteriori approfondimenti. 

      Prof. Antonio Gasbarrini
      Ordinario di Medicina interna
      Università Cattolica del Sacro Cuore

      Direttore
      Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche della Fondazione Policlinico Universitario IRCCS Gemelli di Roma

      LEAKY GUT: TRIGGERS AND THERAPEUTIC MODULATION